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Delicata missione per Micheline Calmy-Rey in Colombia

La Colombia accusa il mediatore svizzero di avere legami troppo stretti con le FARC Keystone

La ministra degli esteri svizzera cercherà da lunedì a Bogotà di appianare le divergenze sorte con le autorità colombiane, che avevano criticato la mediazione svizzera nella vicenda degli ostaggi detenuti dalle FARC. Intervista allo specialista Thomas Fischer.

Al centro del viaggio ci saranno i festeggiamenti del centenario del trattato di amicizia tra Svizzera e Colombia, firmato a Parigi nel 1908. La visita era già prevista prima che scoppiassero le polemiche sui contatti avuti dal mediatore svizzero Jean-Pierre Gontard con le Forze armate rivoluzionarie di Colombia (FARC).

Nelle ultime settimane le critiche del governo colombiano nei confronti della mediazione elvetica avevano offuscato le relazioni tra i due paesi. Alla vigilia del viaggio in Sudamerica di Micheline Calmy-Rey, le due parti si sono però impegnate per rappacificare i rapporti.

“Certo, ci sono stati momenti difficili, ma abbiamo discusso, ci siamo spiegati e accordati su come superarli”, ha affermato l’ambasciatrice colombiana a Berna Claudia Jimenez, aggiungendo che Bogotà si ritiene “onorata e felice” di accogliere Calmy-Rey.

Su questa delicata missione della ministra degli esteri svizzera in Colombia e sulla questione della guerriglia nel paese sudamericano, swissinfo ha raccolte le valutazioni di Thomas Fischer, docente di storia dell’America latina all’Università di Eichstätt-Ingolstadt, in Baviera.

swissinfo: Negli ultimi anni le relazioni tra Svizzera e Colombia si sono praticamente ridotte alla mediazione tra le FARC e il governo colombiano. Quanto grava il caso Gontard sulla solidità di queste relazioni? E a Bogotà Micheline Calmy-Rey potra fare chiarezza?

Thomas Fischer: La visita di Micheline Calmy-Rey è stata pianificata con i partner colombiani in modo preciso. Nessuna delle due parti ha interesse a dire o a fare qualcosa che possa compromettere l’una o l’altra. Ma dopo che il Ministero pubblico colombiano ha fatto diventare la mediazione Svizzera il “caso Gontard”, si può soltanto fare “piazza pulita” o esibendo una prova convincente oppure – come sembra probabile in base alle attuali conoscenze – archiviare l’inchiesta in mancanza di documenti giuridici utilizzabili.

Non mi è però dato di sapere se il governo colombiano fosse a conoscenza di eventuali documenti quando revocò il mandato al mediatore suggerendo l’idea che Gontard fosse complice dei rapitori.

swissinfo: Malgrado i malumori diplomatici, la Svizzera vuole continuare a garantire un ruolo di mediazione in Colombia. Che cosa può ancora fare laggiù?

T.F.: Il concreto contributo della Svizzera dipenderà da quanto il governo e la popolazione colombiana le consentiranno di fare. Deve continuare ad offrire i buoni uffici nei negoziati tra il governo e le forze ribelli e mettere bene le carte in tavola in campo umanitario.

Deve anche mettere a disposizione le proprie competenze giuridiche per superare il problema della violenza e nella questione dei risarcimenti delle migliaia di sfollati interni. Le possibilità materiali della Confederazione sono però limitate, tanto più che è difficile convicere parte della popolazione svizzera di concedere aiuti umanitari a paesi extra-europei.

swissinfo: Che cosa ne pensa del rimprovero dei colombiani, secondo cui in Europa, e anche in Svizzera, esisterebbero dei gruppi di sostegno alle FARC?

T.F.: È sicuramente possibile che rappresentanti delle FARC soggiornino nei paesi europei e anche in Svizzera. È inoltre probabile che ovunque nel mondo vi siano dei simpatizzanti che vedono ciecamente nelle FARC la realizzazione dei romantici ideali guerriglieri di Che Guevara. Ma si tratta di una minuscola minoranza. La maggior parte degli europei non la pensa così.

L’appoggio materiale e ideologico riservato alle FARC in Europa, non è determinante per la loro lotta. Poiché il conflitto colombiano non è telecomandato, ha profonde radici e ragioni interne. C’è un altro aspetto sensibile: il commercio di droga delle FARC, anche con l’Europa.

swissinfo: La Colombia è segnata dalla guerra da oltre quarant’anni. È ancora possibile la pace? Oppure la politica del presidente Uribe tesa alla distruzione della guerriglia non fa che incrementare la violenza?

T.F.: Per la prima volta posso davvero immaginarmi che l’organizzazione della guerriglia possa essere scardinata con mezzi bellici. Fino all’insediamento di Uribe, i militari non c’erano riusciti. Ora, invece, hanno indebolito gli insorti. Una vittoria sulle forze rivoluzionarie significherebbe la fine de loro progetto socialista, ma non la fine della violenza in Colombia.

In altri paesi dell’America Latina tormentati dalla guerra civile – come il Salvador, il Guatemala o il Nicaragua – si è potuto constatare che senza un’efficace politica di pace, le riforme delle strutture per migliorare le istituzioni e le misure in favore dei poveri dopo la fine formale del conflitto, alimentano piuttosto la violenza sociale.

swissinfo: Che ruolo può giocare Ingrid Betancourt nella soluzione del conflitto e per l’avvenire del paese?

T.F.: Temo che la voce d’Ingrid Betancourt sia soffocata dagli “uribisti”, attualmente dominanti in Colombia. Ma all’estero, come rappresentante del suo paese, Betancourt potrebbe giocare un ruolo molto importante grazie alle sue competenze e alla sua positiva notorietà. Ma non conosco ancora i suoi progetti.

swissinfo: Uribe, le Farc e i cartelli della droga dominano la cronaca quotidiana colombiana. L’opposizione e i movimenti sociali in Colombia, hanno una chance di farsi sentire?

T.F.: C’è un forte movimento contro la violenza delle FARC e in parte anche contro la violenza dei paramilitare e dei militari. Contro la mafia e il commercio di droga, in Colombia non ci sono mai state grandi manifestazioni. Sembra proprio che non vi sia rimedio per contrastare il loro potere. L’opposizione borghese si è del resto discreditata da sola praticando per anni scambi e favori clientelari. Quanto all’opposizione democratica di sinistra fa fatica a farsi sentire nell’attuale clima politico. La sua ora potrebbe arrivare non quando la guerra finirà.

Intervista swissinfo, Geraldo Hoffmann
(traduzione e adattamento dal tedesco Françoise Gehring)

La consigliera federale Micheline Calmy-Rey è in Sudamerica dall’11 al 15 agosto per incontrare i ministri degli esteri di Colombia e Brasile.

Le relazioni bilaterali tra Svizzera e Colombia sono state scosse dal caso Gontard. Il governo colombiano rimprovera al mediatore elvetico Jean-Pierre Gontard di intrattenere legami con la guerriglia di sinistra delle FARC e di aver svolto il ruolo di corriere (di denaro) nel quadro di una liberazione d’ostaggi.

Queste accuse hanno portato alla rinuncia del ruolo di intermediario assunto dalla Svizzera, dalla Francia e dalla Spagna. Il ministero pubblico di Bogotà ha avviato un’inchiesta, ma il Dipartimento federale degli Affari esteri respinge le accuse rivolte a Gontard.

La visita in Colombia di Calmy-Rey ha come principale obiettivo di riportare serenità nei rapporti bilaterali tra i due paesi.

Thomas Fischer è nato nel 1959 a San Gallo. Studi di storia, germanistica e scienze dei media all’Università di Berna. Dal 1996 al 2002 è stato assistente e collaboratore scientifico all’Università di Norimberga. Ha poi ottenuto l’abilitazione per l’insegnamento superiore con una tesi su “l’America latina e l’unione dei popoli – Stati deboli e sicurezza collettiva, 1920-2936”.

Attualmente è professore di storia dell’America latina all’Università di Eichstatt Ingolstadt, in Baviera.

È autore di diverse pubblicazioni sulla Colombia, tra cui quello di cui è co-editore “La Colombia oggi”, edito per i tipi Verveurt (2001)

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