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Dalle frontiere dei robot alla forza del volto

Robot e uomo: una relazione da riscoprire EPFL Lausanne

L'arte come specchio dell'essere e del fare, territorio di interrogativi, introspezioni e sperimentazioni. Lugano propone due mostre diverse tra loro, ma capaci di superare le frontiere tra l'enigma di un volto e le prodezze della tecnologia.

Luminosi, inquietanti, strani, affascinanti, a tratti persino poetici. Macchine che imitano l’essere umano, esseri umani che desiderano animare le macchine. La relazione dell’essere umano con la creatura meccanica sembra retta da una forza magnetica non priva di zone d’ombra, di paure.

Attrazione fatale che risale fino all’antichità, ma di cui è impossibile conoscere l’epilogo. La città di Lugano indaga il grande interrogativo proponendo alcune mappe di riflessione con due mostre (fino al 21 febbraio 2010).

Due mostre per più itinerari

La mostra “Corpo Automi Robot. Tra arte, scienza e tecnologia” affronta con un approccio interdisciplinare il rapporto tra il corpo umano e la rappresentazione che di esso è stata data da parte delle arti, della scienza e della tecnologia, soprattutto per quanto riguarda la dinamica dell’imitazione del corpo (con gli automi) e della sua sostituzione (con i robot).

La mostra si articola in due sezioni: la prima, allestita a Villa Ciani, ripercorre la storia degli automi, proponendo un excursus dalla Grecia classica ai nostri giorni e includendo alcuni prodotti della più avanzata tecnologia quali robot, androidi, ecc. La seconda, presentata al Museo d’Arte, dà spazio alla riflessione sulla creazione artistica dell’età moderna e contemporanea incentrata sul rapporto corpo-macchina e corpo-tecnologia.

Il Museo Cantonale d’Arte collabora al progetto espositivo approfondendo la tematica del volto con una mostra intitolata “Guardami. Il volto e lo sguardo nell’arte 1969-2009”. Attraverso 80 opere di oltre 40 artisti, si indaga la ricerca artistica internazionale degli ultimi quarant’anni, valutando la persistenza della rappresentazione del volto, le sue alterazioni e trasformazioni.

Ampio spazio al dadaismo

“Le ambivalenze simboliche del corpo, la sua dimensione di simulacro biologico, l’oggettivazione, la sua comunicazione, la spazio-temporalità esistente tra lui e la macchina, la sua dissoluzione o conservazione – sottolinea Bruno Corà, direttore del Museo d’Arte e coordinatore del Polo culturale – si giocheranno in un futuro prossimo anche in relazione allo sviluppo della macchina”.

Una macchina che in molti casi ha già dimostrato, morfologicamente e nelle sue funzioni, quanto possa nascondere in sé l’origine antropologica. Dal computer al cervello, dalla macchina fotografica all’occhio, dall’escavatore al palmo della mano, dalla bici alla gamba, alle braccia, alle ali, il corpo vuole essere e vedersi essere. A tutti i costi. “Con l’arte – aggiunge Corà – il pensiero si mette al riparo – parzialmente – da rischi estremi, spingendosi sempre più avanti”.

La mostra non poteva non dedicare ampio spazio al Dada, movimento che ha trovato un’inesauribile fonte di energia creativa nel crescente conflitto tra uomo e macchina, tra società e rivoluzione industriale. La macchina, pensata come oggetto che amplifica le potenzialità dell’uomo essendo al suo servizio, è allo stesso tempo avvertita come elemento distruttore che conduce alla menomazione dell’uomo stesso.

Gli svizzeri: dall’orologeria a Tinguely

La mostra dedica particolare attenzione agli androidi sei-settecenteschi realizzati sotto l’impulso delle nuove scoperte scientifiche e fisiologiche e grazie all’apporto della sapienza meccanica e ingegneristica della manifattura orologiera svizzera. Pionieri dell’alta orologeria – con i quali la fabbricazione degli automi raggiunse il suo apice dal profilo dell’imitazione del corpo umano e della riproduzione di una sua funzione – Pierre Jacquet-Droz e suo figlio Henri di La Chaux-de-Fonds.

La mostra luganese espone Il Disegnatore che, con Lo Scrivano e La musicista, fanno parte della triade di automi creata nella prima metà degli anni 1770. Ideato da Henri, le movenze del Disegnatore sono caratterizzate da naturalezza e spontaneità. I tre automi sono lo specchio del virtuosismo tecnico e mimetico frutto delle conoscenze meccaniche e del sapere intellettuale della tradizione orologiaia giurassiana.

Con Pierre Jacquet-Droz l’arte di costruire automi si diffonde non solo in Svizzera, ma anche a Parigi e Londra. Oggi questa tradizione continua a perdurare, tanto che tra gli esponenti moderni dei costruttori di automi gli svizzeri continuano a profilarsi. Come Walter Dahler, creatore di un automa con tre carillon che dialogano con un direttore d’orchestra, e François Junod, considerato l’artista di riferimento per questa antica e rinnovata arte.

Non poteva mancare Jean Tinguely, il cui furore cinetico è tuttora oggetto di numerosi studi e di leggende, alimentate dallo stesso artista. Inventore permanente, viene considerato dalla critica un artista-robot nato, un sognatore geniale che non ha mai scommesso sull’ uomo artificiale.

“Guardami! Il volto e lo sguardo”

È il titolo della mostra allestita negli spazi del Museo Cantonale d’arte. “Il volto viene inteso non tanto come ritratto, quanto piuttosto come inter-faccia tra sé e gli altri (oltre che tra sé e sé). Anziché focalizzare l’attenzione sulla singolarità del volto quale luogo dell’individualità e della rappresentatività del soggetto – spiega il direttore Marco Franciolli – esso è considerato nel suo carattere generale, come luogo della possibilità/impossibilità dell’instaurarsi di relazioni tra soggetti”.

La mostra esplora in che modo le recenti innovazioni tecnologiche abbiano mutato la raffigurazione del volto, in che modo abbiano influito sulle sue alterazioni e trasformazioni e in particolare la sua progressiva spersonalizzazione. Ogni volto implica la messa in gioco dello sguardo, per cui Il criterio per l’esplorazione di queste metamorfosi può essere solo sguardo, destinato a rivelare il mistero di un viso e le sue diverse sfaccettature.

E sarà sempre e ancora lo sguardo a farci incontrare robot, automi e androidi. Forse ci aiuterà a decifrare enigmi a indovinare o a temere nuove frontiere finis corporis.

Françoise Gehring, Lugano, swissinfo.ch

Gli automi nella storia. La prima sezione della mostra, allestita a Villa Ciani, ripercorre le tappe della storia degli automi. Reperti archeologici, disegni e riproduzioni di codici miniati illustrano gli automi realizzati dagli arabi sulla scorta dell’eredità scientifica, meccanica e tecnologica ricevuta dai greci.

Di Leonardo da Vinci vengono presentati cinque modelli storici e un’ala interattiva – messi a disposizione dal Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano – e Uomo volante, modello dalla spettacolare apertura alare ispirato agli studi leonardeschi sul volo.

Negli spazi dedicati alla tecnologia e alla robotica, in risalto le sorprendenti applicazioni della robotica: dai robot industriali che compiono operazioni ripetitive fungendo da forza lavoro nelle catene di assemblaggio, ai robot mobili che posseggono ampia libertà di movimento e una certa autonomia.

Arte moderna e contemporanea. La sezione presentata al Museo d’Arte attraversa le principali correnti della storia dell’arte del Novecento e contemporanea illustrando i profondi sconvolgimenti prodotti dalla sempre più massaccia presenza delle macchine nella vita quotidiana a partire dalla seconda rivoluzione industriale.

La mostra al Museo cantonale d’Arte esplora si divide in quattro sezioni.

Nel volto: lo sguardo del soggetto si articola secondo diverse traiettorie: assorto, soprapensiero, immerso in se stesso. Oppure si rivela all’altro, dà voce alla propria intimità.
Autoritratto: lo sguardo dell’artista si orienta su di sé, sulla propria identità di artefice dell’opera (come autore, non come soggetto psicologico) oppure indaga la questione dell’identità, di tipo sociale, generazionale o culturale.
Lo sguardo negato: lo sguardo smarrisce la propria centralità, si eclissa, si nega, si assenta o si maschera. Gli occhi si velano o si accecano, non resta alcuna traccia di plausibili traiettorie dello sguardo.
Nel tempo: lo sguardo registra e rivela il trascorrere del tempo individuale e collettivo; conserva un’immagine in assenza, lasciando affiorare la memoria, (ri)guarda la morte.

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