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Suicidio assistito tra scandalismo e realtà

Secondo le stime ufficiali, nel 2023 in Svizzera oltre 50'000 persone ricorreranno a cure palliative. Keystone

«Il boom del turismo del suicidio in Svizzera», «Svizzera: destinazione suicidio»: sono solo alcuni titoli recenti della stampa internazionale. «Tutte esagerazioni», dicono le associazioni per il suicidio assistito e gli esperti di cure palliative.

Questo contenuto è stato pubblicato il 01 settembre 2014 - 17:00
Chantal Britt, swissinfo.ch

L’ultima frenesia mediatica è stata scatenata da uno studio pubblicato dall'università di Zurigo in agosto. I ricercatori hanno calcolato che le persone che si recano nella più grande città svizzera per ottenere assistenza al suicidio sono raddoppiate tra il 2008 e il 2012, arrivando a quota 172, tra cui 77 tedeschi e 29 britannici.

Ma le cifre giustificano davvero i titoli scandalistici dei giornali? Non davvero. Solo circa l’1,3% dei circa 40'000 pazienti residenti in Svizzera che hanno fatto ricorso a cure palliative nel 2012 hanno compiuto un suicidio assistito.

DignitasLink esterno, l’associazione più grande che offre assistenza al suicidio ai non residenti, ha registrato 198 casi in tutto il paese nel 2012. Secondo Bernhard Sutter, il vicepresidente di ExitLink esterno (sezione della Svizzera tedesca), l’altra grande associazione che si occupa di suicidio assistito, negli ultimi dieci anni i casi riguardanti cittadini di altri paesi sono rimasti stabili attorno ai 225 casi l’anno.

È piuttosto il numero di casi di persone residenti in Svizzera che aumenta ogni anno, spiega Sutter. Sono stati 508 nel 2012, il 18% in più dell’anno precedente, la buona parte dei quali si è rivolta a Exit. L’associazione offre i suoi servizi solo a cittadini svizzeri e residenti da oltre 30 anni.

Si tratta comunque solo di circa la metà delle persone che ogni anno si tolgono la vota sparandosi, gettandosi sotto il treno o uccidendosi in altro modo.

«Scelta di minoranza»

«Il suicidio assistito rimane una scelta di minoranza», dice Andreas Weber, uno specialista di cure palliative all'ospedale di Wetzikon, vicino a Zurigo. «Per la grande maggioranza non è un’opzione e molte persone che lo prendono in considerazione al momento di una diagnosi, rinunciano dopo che abbiamo potuto rispondere ai loro timori e offrire alternative».

Un’altra specialista, Maria Walshe, condivide l’opinione di Weber: «Conosco solo alcuni casi isolati di nostri pazienti che hanno scelto il suicidio. Nel centro di cure palliative dell’ospedale cantonale di Winterthur il nostro lavoro non è mai quello di abbreviare una vita, ma piuttosto di lenire i sintomi. Parliamo con i pazienti, ascoltiamo i loro desideri e definiamo i loro bisogni senza pregiudizi».

Gli esperti riconoscono una sola categoria di persone determinate ad andare fino in fondo: quelli che definiscono «suicidi razionali». Si tratta di intellettuali che si sono già preparati in anticipo a questa eventualità, hanno sistemato i loro affari, sono membri di Exit e sono pronti a morire. Secondo Weber è impossibile spingerli a cambiare opinione.

In ogni caso meno dell’1% dei suoi pazienti è deciso a compiere questa scelta drastica. È quanto constatano anche gli esperti di palliative.ch, l’associazione degli specialisti in cure palliative in Svizzera.

«Per la maggioranza non è un’opzione, ma sapere che c’è questa possibilità è una sorta di assicurazione per persone che vogliono mantenere la loro autonomia, la loro auto-determinazione e la loro dignità», spiega la presidente di palliative.chLink esterno Sonja Flotron.

Gli specialisti di cure palliative offrono consulenza, organizzano le cure a domicilio, rilevano i sintomi e in generale fanno tutto il possibile per ridurre le preoccupazioni e per migliorare la qualità di vita dei loro pazienti.

La necessità di cure palliative

Cure palliative

Le cure palliative sono un approccio multidisciplinare che include cure mediche speciali per persone affette da malattie mortali. Cercano soprattutto di allievare i sintomi, dolore e stress, per migliorare la qualità di vita del paziente. L’associazione palliative.ch in Svizzera ha circa 2400 membri, compresi medici, personale infermieristico e specialisti che offrono supporto sociale e spirituale.

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Secondo le stime ufficiali, nel 2023 in Svizzera oltre 50'000 persone ricorreranno a cure palliative.

Tuttavia molte persone vengono a conoscenza del concetto e dell’offerta di cure palliative solo quando un familiare o loro stessi sono colpiti da una malattia terminale. È questo il momento in cui molti redigono le loro ultime volontà, scelgono il tipo di cura che vogliono ricevere in fin di vita e in alcuni casi aderiscono a Exit.

Exit è stata anche la prima a offrire cure palliative oltre 25 anni fa ed è obbligata a informare i suoi clienti sulle alternative al suicidio, spiega Sutter. Per Sutter non si tratta di un paradosso.

«Le cure palliative e l’assistenza al suicidio non sono due vie opposte, spesso sono anzi complementari. Exit riceve oltre 2000 richieste di suicidio assistito ogni anno e dopo un colloquio con noi oltre l’80% sceglie un’altra soluzione. Molti scelgono il metodo palliativo».

Le organizzazioni che offrono il suicidio assistito non hanno bisogno di farsi pubblicità. La sezione di Exit della Svizzera tedesca riceve circa 8000 adesioni ogni anno. In Svizzera le associazioni come Exit e Dignitas hanno oltre 100'000 membri. In termini assoluti la cifra pone la Svizzera allo stesso livello di Olanda e Giappone, in percentuale è la più alta al mondo. Alla fine però meno dell’1% dei membri di Exit ricorre al suicidio assistito ogni anno, dice Sutter.

Caso svizzero

Fin dal 1942 la Svizzera non persegue l’assistenza al suicidio, se questa non avviene per motivi egoistici. Anche altri paesi permettono in alcuni casi il suicidio assistito, anche per persone non residenti, ma la Svizzera ha avuto storicamente un approccio pragmatico e ha una lunga tradizione di sostegno all'autodeterminazione. Tuttavia il paese non è un eccezione.

«Se ci fosse una votazione popolare sul suicidio assistito sarebbe legalizzato in tutta l’Europa occidentale» si dice convinto Sutter. Un’ampia maggioranza della popolazione europea sarebbe favorevole al diritto di morire in caso di malattia inguaribile. In Germania e Gran Bretagna quattro persone su cinque sono favorevoli alla morte assistita.

I 200 casi di suicidio assistito di stranieri in Svizzera sono all'origine di dibattiti molto emotivi, ma – al pari di quelli che riguardano cittadini svizzeri – sono relativamente poco numerosi. Riguardano persone determinate e coraggiose, spesso in condizioni che mettono in difficoltà anche gli specialisti di cure palliative.

«Ci sono limiti», spiega Weber. «Alcune persone soffrono di dolori cronici atroci alla schiena o altrove così diffusi che non sono più curabili».

Per questi casi terminali c’è un’ultima opzione nelle cure palliative. Possono essere sedati, in modo da permettere loro - magari - di raggiungere la morte nel sonno. Ma questa non è un’alternativa per chi vuole rimanere lucido e sveglio.

«Per i pazienti che vogliono rimanere completamente coscienti e mantenere il controllo, i sedativi e antidolorifici molto forti non sono un’opzione praticabile», dice Weber. «Si tratta di casi molto rari dove raggiungiamo i nostri limiti e dove dobbiamo dire ai pazienti che non possiamo più aiutarli».

Suicidio assistito

Un cancro in fase terminale è una delle ragioni principali per le quali i pazienti cercano l’aiuto di un’organizzazione per il suicidio assistito. Seguono malattie neurologiche come la sclerosi laterale amiotrofica o la sclerosi multipla, le paralisi o il morbo di Parkinson. Tutte sono incurabili, ma non in tutti i casi fatali.

Gli specialisti di cure palliative affermano che circa il 10% dei loro pazienti (e della popolazione in generale) prenderebbe in considerazione l’eventualità di un suicidio assistito. Otto su dieci temono di soffrire dolori insopportabili, di soffocare o di perdere la propria autonomia e diventare un peso per i propri familiari. In genere cambiano idea grazie alle cure palliative. Solo il 2% prende contatto con un’organizzazione per il suicidio assistito.

Exit nella Svizzera tedesca ha 75'000 membri, nella Svizzera romanda 20'000. Dignitas ne ha 2000, altre organizzazioni più piccole insieme 4000. Alcune, come Dignitasi, Sterbehilfe Deutschland, Life Circle e Ex-International offrono il suicidio assistito anche ai non residenti.

Le statistiche della mortalità svizzera dal 2009 non registrano più il suicidio assistito tra i suicidi, ma tra i decessi delle malattie di cui le persone soffrivano.

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