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Crisi in Asia, Pechino e Mosca frenano Trump

In queste ore le diplomazie delle principali potenze mondiali si stanno muovendo per tentare di disinnescare i focolai di crisi che rischiano di far precipitare la situazione in Corea del Nord e Siria.

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Il presidente cinese Xi Jinping si è soffermato in un colloquio telefonico con Donald Trump sulla “necessità di una soluzione con mezzi pacifici” in merito alle tensioni con Pyongpyang. In proposito il presidente statunitense ha dichiarato all’emittente Fox Business Network che “stiamo inviando un’armada molto potente” verso la penisola coreana, guidata dalla portaerei Carl Vinson. “Abbiamo sottomarini molto potenti, di gran lunga più potenti della portaerei, questo posso dirvelo”, ha precisato Trump.

E i media cinesi scrivono, in particolare il Global Times (testata vicina al Partito comunista), che se la Corea del Nord “effettuerà il suo sesto test nucleare, la possibilità di un’azione militare statunitense sarà più elevata che mai”.

Ma anche lo scacchiere siriano ha prodotto negli ultimi giorni fibrillazioni e inediti toni da guerra fredda tra Stati Uniti e Russia. Il segretario di Stato Rex Tillerson è giunto a Mosca per incontrare il suo omologo russo Serghei Lavrov nel tentativo di ricucire i rapporti con il Cremlino dopo l’attacco statunitense alla base aerea siriana di Shayrat.

In proposito il ministro degli esteri russo ha fatto sapere che intende conoscere le reali intenzioni degli Stati Uniti e che è fondamentale che in futuro non ci siano altri attacchi americani in Siria.

Da parte sua il presidente Vladimir Putin ha detto al canale Mir che da quando è stato eletto Donald Trump alla Casa Bianca i rapporti tra USA e Russia sono peggiorati. In particolare, ha osservato il leader russo, “possiamo dire che il livello di fiducia, soprattutto sul piano militare, non è migliorato, anzi con ogni probabilità è peggiorato”.  

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