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Orfani di Lennon da 35 anni

L’8 dicembre del 1980 veniva ucciso da uno squilibrato a New York l’ex Beatle

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In 35 anni un genio della musica quanti capolavori può realizzare? In molti se lo stanno chiedendo in questi giorni, a sette lustri dall’omicidio di John Lennon avvenuto davanti al Dakota Building di New York l’8 dicembre 1980. Quel giorno Mark David Chapman sparò quattro colpi alla schiena dell’ex Beatle e, mentre questi giaceva morente tra le braccia della moglie Yoko Ono, l’assassino invece di scappare si mise a leggere ‘Il giovane Holden’. Il custode del Dakota Building gridò a Chapman: “Lo sai che cosa hai fatto?”. L’uomo rispose con lucida freddezza: “Sì, ho appena sparato a John Lennon”.

La dinamica dell’omicidio più celebre della storia della musica è stata oggetto di libri e film. Quando Lennon uscì di casa, Chapman gli strinse la mano e si fece firmare un autografo sulla copertina di ‘Double Fantasy’, suo ultimo album. Questa scena fu immortalata dal fotografo Paul Goresh.
L’assassino aspettò poi la sua vittima per circa quattro ore.
Alle 22.52, vedendo il musicista rientrare insieme alla moglie, gli sparò contro cinque colpi di pistola di cui quattro andarono a segno e uno gli trapassò l’aorta. Gli agenti accorsi sul luogo del delitto si accorsero subito che le ferite riportate da Lennon erano molto serie e decisero di non aspettare l’ambulanza ma di caricarlo sull’auto di servizio per condurlo al vicino ospedale Roosevelt Hospital dove John Lennon fu dichiarato morto alle 23.07. Chapman fu arrestato senza opporre resistenza.

La morte dell’ex Beatle a soli 40 anni è motivo di grande rammarico perché potenzialmente avrebbe potuto regalarci ancora moltissimi capolavori. Basti pensare che la rivista ‘Rolling Stones’ lo colloca al quinto posto nella lista dei 100 cantanti più importanti. Ben tre brani di Lennon solista – ‘Imagine’, Give Peace a Chance’ e ‘Instant Karma!’ – sono inseriti nelle Rock and Roll of Fame. Chi invece si è rammaricato della tragica scomparsa di Lennon per motivi diversi e insospettabili è l’ex compagno dei Beatles, Sir Paul McCartney, che ha confessato nel luglio scorso come la sua prima e immediata reazione alla notizia dell’assassinio fu di “frustrazione” perché la sua uccisione ne aveva fatto un martire “elevandolo al livello di James Dean e anche oltre”. Il 73enne co-fondatore e autore di alcune delle più belle canzoni della storia della musica, in un’intervista alla rivista americana ‘Esquire’ ha rivelato: “Quando John fu colpito a morte, a parte il puro orrore, capii subito ciò che sarebbe rimasto: Ok, ora John è un martire. Un Jfk (John Fitzgeral Kennedy, il presidente assassinato nel 1963, ndr). E ho iniziato a sentirmi frustrato perché la gente avrebbe iniziato a dire, ‘Beh, i Beatles erano lui’ e io e George (Harrison) e Ringo (Starr) saremmo scomparsi”.

Sull’omicidio di John Lennon, killer e dinamica dell’assassinio, non ci sono dubbi ne’ ‘lati oscuri’. Eppure sulla figura di Mark David Chapman si continua a scrivere tanto e, nella logica del complotto legata alla morte prematura e violenta di tutte le star dello spettacolo (da Marylin Monroe a Jimi Hendrix, da Elvis Presley a Jim Morrison), anche per l’assassino di Lennon ha successo una letteratura di controinformazione. E così c’è chi esprime la convinzione che Chapman in realtà fosse un assassino della Cia a cui era stato fatto il lavaggio del cervello e ‘programmato’ a uccidere Lennon da elementi del governo statunitense. La teoria è dettagliata e affascinante: nel 1976 Chapman fu visto alle Haiwaii, in un centro per agenti segreti della Cia e delle forze speciali, dove disagi mentali e ospedalizzazione lo portarono a cambiare diversi lavori.

I cultori del complotto ipotizzano che durante questo periodo la Cia ipnotizzò e drogò Chapman nell’ambito del programma Mk-Ultra, secondo quanto rivelato al Senato nel 1975, con tanto di lavaggio del cervello per fargli uccidere Lennon, che l’Fbi effettivamente spiava insieme alla moglie Yoko Ono per le sue simpatie di sinistra e il suo impegno antimilitarista. Molto piu’ semplicemente, al di là delle fantasie del complotto, David Chapman uccise Lennon perche’ era matto. “Mi sembro’ l’unico modo per liberarmi dalla depressione cosmica che mi avvolgeva.
Ero un nulla totale e il mio unico modo per diventare qualcuno era uccidere l’uomo più famoso del mondo, Lennon”, spiegò in una celebre intervista. “A otto anni ammiravo già i Beatles, come tanti altri ragazzini. Ma non ho mai pensato che Lennon fosse mio padre. E si sbaglia anche chi sostiene che mi credevo ‘il vero Lennon’ o che lo amavo alla follia – spiegò ancora -.
Mi sentivo tradito, ma a un livello puramente idealistico. La cosa che mi faceva imbestialire di più era che lui avesse sfondato, mentre io no. Eravamo come due treni che correvano l’uno contro l’altro sullo stesso binario. Il suo “tutto” e il mio “nulla” hanno finito per scontrarsi frontalmente. Nella cieca rabbia e depressione di allora, quella era l’unica via d’uscita. L’unico modo per vedere la luce alla fine del tunnel era ucciderlo”.

Chapman fu accusato di omicidio di secondo grado (secondo la legge statunitense) e, dichiaratosi colpevole, fu condannato alla reclusione da un minimo di 20 anni al massimo dell’ergastolo (quindi meno della possibile pena massima applicabile, che consisteva in almeno 25 anni). Nel 2000, scontato il minimo della pena, si è visto rifiutare la richiesta di scarcerazione sulla parola. Dopo 30 anni trascorsi nel carcere di Attica, nel 2012 Chapman è stato trasferito in quello di Wende, sempre nello Stato di New York. Il 23 agosto 2014, per l’ottava volta, la commissione giudicante dello stato di New York ha negato a Chapman la libertà condizionata.

red/ansa

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