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Accordo frontalieri, Ticino a mani vuote

Il Canton Ticino, secondo quanto sostiene il governo federale, non deve essere compensato finanziariamente per i ritardi nella firma del nuovo accordo fiscale italo-svizzero sui frontalieri, su cui le delegazioni dei due paesi avevano raggiunto un’intesa “tecnica” nel dicembre 2015.

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In proposito il consigliere nazionale democentrista (destra) Marco Chiesa aveva inoltrato una mozioneCollegamento esterno con la quale chiedeva alla Confederazione un risarcimento annuo di 15 milioni in favore del Ticino a titolo di risarcimento per le perdite teoriche derivanti dai mancati introiti fiscali fino al perfezionamento dell’accordo da parte dei rispettivi governi.

Per il deputato ticinese spetta infatti all’esecutivo elvetico farsi carico, dal punto di vista finanziario, dei danni che la situazione di stallo arreca al cantone italofono. Ma su questo aspetto il Consiglio federale osserva che manca una base legale che consenta di procedere nel modo richiesto dal parlamentare UDC. D’altra parte Berna ribadisce la posizione espressa già in passato, secondo la quale un simile risarcimento a favore del Ticino costituirebbe una palese discriminazione nei confronti degli altri cantoni.

Intanto però cresce il nervosismo a sud delle Alpi per le tergiversazioni di Roma sulla questione. Bellinzona e in seconda battuta Berna premono per una rapida conclusione della vicenda. Il nuovo regime fiscale per i frontalieri, negli auspici elvetici, dovrebbe circoscrivere l’incremento dei lavoratori pendolari italiani in Ticino e, conseguentemente, prevenire le distorsioni sul mercato del lavoro cantonale.

Al riguardo Marco Chiesa ricordava che con il nuovo accordo fiscale il Ticino aumenterà la propria quota sulle imposte alla fonte versate dai lavoratori frontalieri dall’attuale 61,2% al 70%. E i 15 milioni richiesti rappresentano la differenza di guadagno scaturita tra queste due percentuali. L’attuale stallo, aveva sottolineato il deputato ticinese, “ha, indirettamente, pesanti conseguenze sul mercato del lavoro ticinese che subisce un significativo dumping salariale”.

E malgrado le continue rassicurazioni da Roma, scriveva sempre Marco Chiesa, “i più, già scottati in passato da queste promesse, temono che l’accordo non sarà oggetto di una firma prima delle prossime votazioni (le legislative italiane della prossima primavera) del 2018”.

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