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Mancano i camerieri, “molti italiani non vengono più”

Una cameriera apparecchia i tavoli di un ristorante
È sostenuta la ripresa del settore della ristorazione ma restano alcune incognite all'orizzonte. Keystone / Ennio Leanza

In Svizzera i ristoratori non trovano il personale necessario per far fronte all'aumento del lavoro ma il 20% degli esercizi pubblici è a rischio fallimento.

È il paradosso apparentemente inspiegabile che riguarda il settore che più di altri è stato a lungo penalizzato dalle chiusure decretate in questi due anni da Berna per contenere le ripetute ondate pandemiche.

Da sabato scorso, 26 giugno,  è sparito il limite di quattro persone al tavolo nei bar e nei ristoranti, che erano stati riaperti (anche all’interno) a fine maggio, e sono stati revocati il divieto di consumazione al banco e l’obbligo di registrazione nelle terrazze (una panoramica dettagliata dei nuovi allentamenti decisi dal Consiglio federale la settimana scorsa la si può consultare sul sito della ConfederazioneCollegamento esterno).  

“È stata una boccata d’ossigeno alla vigilia dell’importante periodo estivo, l’auspicio è che si possa lavorare a pieno regime come l’estate scorsa”, segnala Massimo Suter, vicepresidente di GastroSuisse (e presidente di GastroTicino) per il quale si conferma il trend positivo degli ultimi due mesi che è andato al di là delle più rosee previsioni.

Ristoranti presi d’assalto ma timori all’orizzonte

Le prospettive sono quindi incoraggianti: le incertezze sugli spostamenti e le varianti in agguato favoriranno il turismo interno e nelle vallate e nei laghi sudalpini ci si attende il tutto esaurito al culmine della stagione. Ma non tutto sembra filare liscio.

Innanzitutto, va rilevato che la situazione non è omogenea su scala nazionale dove si osservano specificità e orientamenti diversi, analizza Massimo Suter. Continuano infatti a soffrire “i centri urbani con clientele particolari” come Ginevra e Basilea – mete importanti del turismo congressuale e di uomini d’affari – o come Lucerna, assai apprezzata dagli ospiti asiatici. In questi casi gli operatori “stanno cercando la quadratura del cerchio”.

Ma vi è un altro fattore che ha fatto lanciare l’allarme alla categoria degli esercenti: manca il personale. “Abbiamo grandi difficoltà a trovare lavoratori qualificati, il problema esiste da tempo ma si è acuito con la pandemia”, aveva affermato recentemente il presidente di GastroSuisse Casimir Platzer. L’ampio utilizzo del lavoro ridotto (cassa integrazione), secondo la sua tesi, ha ingessato il mercato del lavoro nel quale i salariati temporaneamente a casa non sono incentivati a trovare un nuovo impiego.

In Italia hanno alzato i salari

Nella Svizzera italiana in particolare il fenomeno assume connotati specifici: il bacino da cui proviene tradizionalmente buona parte di camerieri, cuochi e aiuti cucina è il Nord Italia dove si sta assistendo a una ripresa in grande stile del settore, osserva Massimo Suter: “I nostri concorrenti oltre confine si sono accorti che con le retribuzioni offerte faticavano a reperire i dipendenti di cui avevano bisogno e per questo motivo hanno proceduto tempestivamente ad adeguamenti salariali. Il risultato è che ora per chi risiede a un’ora di distanza non è più interessante come una volta venire a lavorare da noi” (anche per motivi fiscali, ndr). 

Per un raffronto ci viene in aiuto la “calcolatrice statistica dei salari” che si trova sul sito della ConferazioneCollegamento esterno. In Ticino i dati aggiornati al 2018 indicano in 3’785 franchi (3’452 euro al cambio del 30.6.2021) la retribuzione mensile mediana di un cittadino svizzero impiegato nella ristorazione senza particolari qualifiche e in 3’382 (3’084 euro) quella delle donne elvetiche con stessa funzione.

Per i frontalieri il valore mediano degli stipendi si abbassa rispettivamente a 3’613 franchi (3’295) per gli uomini e a 3’229 (2’945) per le donne.

C’è poi un secondo aspetto che sta rendendo difficile il reclutamento dei collaboratori.  Durante i lunghi mesi di lockdown numerosi dipendenti “si sono reinventati intraprendendo nuovi mestieri in altri rami economici” che nel frattempo avevano ripreso l’attività, spiega sempre il vicepresidente di GastroSuisse, e ora non hanno ovviamente nessuna intenzione di tornare sui loro passi.

Del resto anche negli altri cantoni, dove si sono bloccate in questo periodo le formazioni di base e gli apprendistati, “tra due o tre anni si aggraverà in modo significativo la penuria di personale qualificato”, aggiunge Massimo Suter.

“Per chi risiede a un’ora di distanza non è più interessante come una volta venire a lavorare da noi”

Massimo Suter, vicepresidente di GastroSuisse

La disoccupazione resta elevata  nel settore

Una ricostruzione che a dire il vero appare stridere con gli ultimi dati diffusi dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco)Collegamento esterno che a maggio indicavano una disoccupazione dell’8,9% nell’albergheria e ristorazione, ramo in assoluto con la più alta incidenza del fenomeno (insieme al commercio) con circa 16’624 persone senza lavoro (cui si devono poi aggiungere i dipendenti che attualmente beneficiano del lavoro ridotto): cifre in base alle quali non dovrebbe essere difficoltoso il reclutamento rapido di personale in questo settore. “I numeri sono senz’altro corretti ma non fotografano la situazione reale”, sostiene Massimo Suter.

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L’8,9%, spiega il portavoce dei ristoratori, non riguarda certamente i collaboratori con una formazione completa in gastronomia che si trovano attualmente in disoccupazione ma l’insieme delle persone la cui ultima attività prima di iscriversi negli uffici di collocamento è stata in questo settore. “Prima di andare in disoccupazione molti lavoratori, come ultima spiaggia, cercano un impiego qualsiasi in bar o ristoranti e nelle statistiche rileva l’ultimo posto ricoperto, anche se queste persone non hanno una formazione in questo ambito”, sottolinea Massimo Suter. In questo senso si può dire che i dati siano in un certo senso falsati e comunque vadano interpretati correttamente.

Lo spettro dei fallimenti

In questo scenario, in chiaroscuro tra riprese repentine di attività e lockdown ripetuti, c’è anche da registrare lo spettro dei fallimenti che aleggia sulla ristorazione che, secondo quanto ha annunciato GastroSuisse, coinvolgerebbe ben il 20% dei locali nei prossimi mesi. Un rischio che potrebbe essersi però attenuato dopo le ultime decisioni di Berna.

Ancora una volta dipenderà dalle zone interessate, precisa però il vicepresidente di ristoratori e albergatori svizzeri: nei cantoni a vocazione turistica la contrazione del 20% delle attività non ci sarà ma in quelli urbani o nelle zone rurali periferiche, in particolare nella Svizzera occidentale, con le due chiusure cadute nei periodi cruciali sarà difficile sopravvivere. “Ho appena sentito da colleghi vodesi che è già stata raggiunta la percentuale del 20% dei fallimenti”. E se a livello federale magari non si avrà un’analoga moria di bar e ristoranti, in diverse regioni questa quota sarà sicuramente superata.

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