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La prostituzione “non è un lavoro come un altro”

Una lavoratrice in un locale a luci rosse.
In un libro la cruda realtà del mondo delle luci rosse. Keystone / Ennio Leanza

Per l'attivista Huschke Mau, esperta del settore del sesso a pagamento, bisognerebbe perseguire i clienti anche in Svizzera e Germania, come si fa nel Nord Europa.

Essere una prostituta significa farsi sfruttare in una situazione di bisogno, essere costrette a praticare sesso con chi non si vorrebbe, fingendo magari che è stato fantastico. È la denuncia di Huschke Mau, per dieci anni lavoratrice nel ramo e oggi attivista per i diritti delle donne.

L’autrice del libro Entmenschlicht (disumanizzato), protagonista di un servizio della testata Blick, confuta molti luoghi comuni che sono ancora diffusi nell’opinione pubblica. Se la prostituzione deve essere una professione come le altre, precisa l’attivista, “allora dovremmo proporla anche nei portali di impiego” e “una frase come ‘ehi, vuoi scopare?’ non sarebbe più una molestia sessuale, ma un’offerta di lavoro del tutto normale”.

Invece è evidente che il sesso, osserva Huschke Mau, non può essere considerato un lavoro. La grande maggioranza delle donne si prostituisce per necessità e le ricerche evidenziano che “l’89% di tutte le donne dice che uscirebbe immediatamente dal giro ma non può” perché è l’unico modo per guadagnare denaro.

L’autrice dice anche di non conoscere alcuna prostituta che non abbia una storia di violenza sessuale alle spalle. In proposito appare incredibile che nonostante si parli molto, sulla scia del movimento MeToo, di consenso del partner, nel mondo della prostituzione “questo aspetto venga completamente ignorato”.

La tesi centrale del suo libro è che il cliente – “un uomo che guardano alle donne come a degli animali di produzione” – “sceglie il corpo di una donna, come in un menu, per poi noleggiarlo per un certo tempo in cambio di denaro. Paga affinché la donna sia esattamente come lui la vuole e non più una persona a sé stante con i propri desideri”.

Sul lato opposto la prostituta “fa sesso che non vuol fare e questo è disumanizzante”. Una pratica che “riguarda esclusivamente la sessualità dell’uomo” mentre la sessualità della donna, così come la sua volontà e la sua personalità, è completamente irrilevante.

Ne consegue che come donna, può essere molto inquietante appartenere al sesso che può essere legalmente comprato dal sesso opposto, che viene trattato e scambiato come una merce “e anche se non ti prostituisci, questo danneggia il tuo status di donna”.

Per questi motivi Huschke Mau si sta battendo per estendere il cosiddetto modello nordico, in uso in alcuni paesi scandinavi, che criminalizza i clienti. In Svezia questo modello è in vigore da oltre vent’anni e “ha creato una generazione che trova molto difficile immaginare di comprare una donna”.

Il fatto che nessuno dei due sessi possa comprare l’altro, sostiene la militante femminista, migliora enormemente la posizione delle donne. “Vorrei vedere anche in Germania e in Svizzera una società in cui sia normale che le persone facciano sesso perché ne hanno voglia e non perché ci sono circostanze che le costringono a farlo”, conclude Huschke Mau nell’intervista del Blick.


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