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La candidatura svizzera al Consiglio di sicurezza ONU va mantenuta

bandiera svizzera e dell ONU
La bandiera svizzera sventola a fianco di quella dell'ONU da appena vent'anni. La Confederazione ha infatti aderito all'Organizzazione delle Nazioni Unite nel 2002 e in questi due decenni non è mai entrata a far parte del Consiglio di sicurezza. Keystone / Olivier Born

La Camera bassa del Parlamento svizzero ha ribadito ancora una volta giovedì che la Svizzera non deve ritirare la propria candidatura al Consiglio di sicurezza quale membro non permanente.

L’ennesimo attacco dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) all’eventuale entrata della Confederazione nell’organo delle Nazioni Unite è fallito.

La mozioneCollegamento esterno presentata dall’UDC è infatti stata respinta per 125 voti a 56 (e otto astenuti, in gran parte esponenti del Centro).

Non è la prima volta che il partito di destra (che dispone della maggioranza relativa nel Parlamento elvetico) si oppone alla candidatura della Svizzera, ma finora i suoi tentativi non hanno avuto buon esito.

La Svizzera è stato uno degli ultimi Paesi al mondo ad entrare a far parte delle Nazioni Unite. Nel 1986, una prima proposta di adesione viene respinta dal popolo. Il dibattito è rilanciato una decina di anni più tardi, ma è soltanto il 3 marzo 2002 che un’iniziativa popolare in tal senso è accettata dalla maggioranza del popolo, con il 54,6% di voti.

L’elezione dei membri non permanenti del Consiglio di sicurezza è prevista il 9 giugno prossimo. Se la candidatura elvetica sarà coronata da successo, la Confederazione si siederà al fianco degli esponenti delle cinque grandi potenze e di altri nove membri non permanenti per i prossimi due anni.

Ritorno alla neutralità integrale

Nel presentare la mozione del suo gruppo parlamentare, discussa nell’ambito di una sessione straordinaria, Roger Köppel ha chiesto il ritorno alla neutralità integrale, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo in Ucraina.

Stando al deputato zurighese, con l’adozione di sanzioni contro la Russia il Governo elvetico sta silurando la tradizionale neutralità armata della Svizzera che le ha consentito di passare indenne attraverso gli eventi drammatici della Storia. È solo tornando a una neutralità integrale che la Confederazione potrà preservare la propria indipendenza e fungere da luogo di dialogo per le parti in guerra. Ci vuole coraggio, secondo Köppel, per non lasciarsi travolgere dall’ondata di emozioni che sta suscitando il conflitto in corso.

Per il consigliere nazionale, la Svizzera non solo deve astenersi da qualsiasi azione militare, come potrebbe decidere anche il Consiglio di sicurezza, ma nemmeno partecipare alla guerra economica dichiarata contro la Russia. Insomma, deve restarne fuori.

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Un colpo alla credibilità della Svizzera

Al contrario, gli ha risposto il ministro degli affari esteri Ignazio Cassis. Un simile forum – ha sottolineato il ticinese – è il luogo privilegiato per far sentire la voce della Svizzera quale stato neutrale e di diritto, che punta al dialogo e non all’esercizio della forza per la ricerca di soluzioni alle crisi che attraversano il pianeta, guerra in Ucraina compresa. Un ritiro in questo momento della candidatura darebbe un duro colpo alla credibilità della Svizzera, stando al consigliere federale.

Il Consiglio di sicurezza non è stato concepito per la guerra, bensì per evitarla, ha poi ricordato il ministro degli esteri, un obiettivo in sintonia con quelli della nostra politica estera. Si tratta di un gremio dove la Svizzera può far sentire la propria voce con ancora maggior vigore e che non impedirà alla Confederazione, come accaduto con la Svezia con la guerra nello Yemen, di fungere da mediatore per la ricerca di soluzioni politiche tra le parti in conflitto.

Esperienza sufficiente

Certo, ha ammesso Cassis, non si tratta di un compito facile, specialmente ora, ma la Svizzera ha ormai l’esperienza sufficiente maturata in vent’anni di appartenenza all’ONU. Cassis ha rammentato che la neutralità elvetica ha subito un’evoluzione nel corso degli ultimi decenni alla luce anche dei profondi cambiamenti a livello internazionale e che tale mezzo di politica estera, ancorato nella Costituzione federale, non viene toccato, nemmeno in caso di sanzioni economiche.

Ad ogni modo, Cassis ha ricordato che, in seno al Consiglio di sicurezza, non vi sono automatismi quanto alle misure da adottare – economiche o militari – nei confronti di chi non rispetta le regole: è in questi frangenti che la Svizzera potrà far sentire la propria voce. Preservare lo stato di diritto e la pace è nel nostro interesse, ha puntualizzato.

I vantaggi per la Ginevra internazionale

Avere un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, rappresenterebbe inoltre un vantaggio per il ruolo internazionale di Ginevra, sostengono diversi osservatori.

“Se la Svizzera manovra bene, l’attrattiva della Ginevra internazionale come luogo di discussione sulla pace e la sicurezza internazionale potrebbe solo aumentare “, afferma il vicepresidente dell’International Peace Institute (IPI) Adam Lupel. Secondo lui, il divario tra New York e il Consiglio dei diritti umani a Ginevra potrebbe essere ridotto.

Resta però l’incognita legata all’Ucraina. Dopo l’adozione di sanzioni contro la Russia, la Svizzera è stata inserita da Mosca nella lista dei Paesi “ostili”. Ciò potrebbe complicare l’organizzazione di negoziati internazionali nella città di Calvino e rendere più difficili incontri di altro livello tra, ad esempio, americani e russi.

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