La televisione svizzera per l’Italia
Come l’italianità ha plasmato la Svizzera

Il cinema svizzero che si tinge d’azzurro

donna
Nel film Contro l'ordine divino di Petra Volpe, l'attrice Marta Zoffoli incarna una donna italiana emigrata dal carattere forte e indipendente. Immagine tratta dal film Contro l'ordine divino

Il cinema è lo specchio di una società poiché rappresenta nei personaggi e temi trattati gli uomini e le donne che la costituiscono. Nella cinematografia svizzera si possono trovare molte storie italiane e registi e registe di origine italiana come Petra Volpe.

Già negli anni Cinquanta alcuni personaggi italiani hanno marcato l’immaginario collettivo del cinema svizzero. Il più famoso è Renzo Pizzani, il padre italiano dell’innamorata del figlio del fornaio della Panetteria Zürrer (1957), che quest’ultimo non vuole assolutamente come cognato. Pizzani è interpretato da Ettore Cella, grande artista di origine italiana – i suoi genitori erano i gestori del ristorante Cooperativo a Zurigo- che fu tra l’altro tra i primi registi della Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Gli italiani sono spesso presentati come un modello di integrazione riuscita. Ma come quasi sempre accade, il movimento non è stato a senso unico. Anzi.

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Dai documentari all’intrattenimento

Negli anni Settanta, quando in tutto il mondo esplode il cinema diretto e politico, diventano di rilievo i documentari sui lavoratori immigrati. Il più noto è Siamo italiani (1964) di Alexander Seiler, per il quale il giornalista svizzero si recò nelle baracche per intervistare gli stagionali. Invece la condizione delle donne che accompagnavano i mariti al nord restando spesso isolate dalla società è stata raccontata magistralmente dalla regista Gertrud Pinkus nel film di finzione su base documentaria Il valore della donna è il suo silenzio (1979).

Un caso speciale è la filmografia di Alvaro Bizzarri. Immigrato in Svizzera come operaio, si converte in commesso di un negozio di elettronica, guadagnandosi l’accesso alle cineprese con le quale comincia a documentare i suoi nazionali. Realizzato nel 1971, Lo stagionale è un film di denuncia sociale diventato un cult del cinema svizzero anche grazie alla sua proiezione alle Giornate del Cinema di Soletta. Il film racconta le drammatiche vicende di un lavoratore costretto a tenere suo figlio a casa da solo nascosto nella clandestinità.

Anche nel cinema d’intrattenimento non mancano gli italiani. Qui vengono rappresentati spesso con stereotipi come nel film I fabbricasvizzeri (1978) di Rolf Lissy, dove la famiglia italiana mangia spaghetti con un fiasco di vino sul tavolo, o nel film Les petites fugues (1979) de Yves Yersin dove Luigi è sempre allegro nonostante il suo statuto precario di stagionale.

Alla ricerca delle origini

Più recentemente negli anni Duemila si sono affermati nel cinema svizzero registi figli di immigrati italiani, che da un lato esplorano la loro italianità, dall’altro portano nel panorama elvetico storie luoghi e personaggi d’Italia. Per esempio, Rolando Colla ha raccontato nel film Summer Game la storia di una famiglia svizzera di origine italiana in vacanza in Toscana. Questo film ha vinto il Quarz per il miglior film svizzero nel 2011 e ha rappresentato la Svizzera agli Oscar. Altri registi di seconda o terza generazione sono per esempio Denis Rabaglia che nel suo film Azzurro (2000) ha dato il ruolo principale di un immigrato che torna nel Salento a Paolo Villaggio, e Nino Jacusso che nei suoi film d’esordio Emigrazione (1979) e Ritorno a casa (1980) ha raccontato il paese di origine della sua famiglia, Acquaviva Collecroce in Molise, prima di narrare una migrazione più contemporanea nel film Escape to Paradise (2001).

Tra le donne registe di seconda generazione spicca per il suo successo Petra Biondina Volpe, che abbiamo intervistato nel video. Petra Volpe è l’autrice e regista di Contro l”ordine divino (2017), di Traumland (2013) e recentemente è stata la sceneggiatrice della serie televisiva Frieden – Il costo della pace (2020).

Nata in Svizzera da padre italiano e madre svizzera, Petra ci racconta che a scuola veniva additata come “Tsching”, nome spregiativo che designava gli italiani, e considerata dai suoi insegnanti una futura casalinga, anche probabilmente sulla base delle immagini delle italiane veicolate dal cinema.

Già da giovane si è trasferita in Finlandia e in seguito a Berlino perché “i figli degli immigrati spesso emigrano a loro volta” stabilendosi infine da qualche anno negli Stati Uniti, dove l’abbiamo raggiunta via Skype. Si sente più svizzera che italiana, afferma. Nonostante ciò anche lei come altri autori di origine italiana nelle sue prime opere ha sentito la necessità di esplorare le sue origini. In particolare, ha raccontato la sua nonna abruzzese nel documentario Mia nonna tutto zucchero (1998). Attraverso questo ritratto voleva rendere omaggio a tutte le donne contadine che come sua nonna non hanno potuto sfruttare la loro intelligenza e il loro potenziale al massimo perché nate in una società con prospettive limitate.

In seguito, Volpe ha creato il personaggio di una nonna italiana nel suo cortometraggio La fidanzata (2004), una commedia degli equivoci dove una nonna all’antica piomba a casa del nipote omosessuale che proprio quella sera ha un appuntamento con il fidanzato che si era travestito da donna.

Dopo questi esordi fortemente italiani Petra Volpe si è concentrata sul racconto di temi più svizzeri, nel film Contro l’ordine divino racconta la lotta per il diritto al voto delle donne negli anni Settanta. Tra i personaggi non manca una donna italiana che è rappresentata come la chiave del cambiamento nell’atteggiamento della protagonista. Graziella vive senza marito e gestisce da sola il suo ristorante in un’epoca in cui le donne svizzere per lavorare avevano bisogno del permesso del marito. Questo personaggio nel film accende la miccia della rivolta quando racconta alle altre donne che “in Italia quando si vuole qualcosa si sciopera”.

Secondo Petra Volpe nel cinema svizzero ci sono troppe poche storie di italiani. Ci rivela che le piacerebbe raccontare la storia della generazione di suo padre e allo stesso tempo fare un affresco sulla generazione dei loro figli. Oggi comunque parlare di seconda generazione in Svizzera significa parlare di una società multiculturale dove non solo italiani ma anche ex-jugoslavi, spagnoli, portoghesi, tamil, iraniani, pachistani e tanti altri figli di emigrati di tutte le nazionalità sono protagonisti della società.

Le storie degli Italiani nel cinema svizzero sono storie d’immigrazione ed integrazione, a volte di sofferenze o di lotta per i diritti, in ogni caso l’affresco di un pezzo di storia nel quale oggi anche gli svizzeri con o senza un passato migratorio si rispecchiano.


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