La televisione svizzera per l’Italia

In Italia la firma digitale dà una spinta ai referendum

mano firma un documento
In Svizzera per iniziative popolari e referendum è ancora necessaria la firma autografa. ¬© Keystone / Anthony Anex

La possibilità dallo scorso agosto di sottoscrivere i referendum con la firma digitale ha permesso a due referendum di superare lo scoglio delle 500'000 adesioni in pochi giorni. Uno sviluppo che suscita anche alcune preoccupazioni.

Nelle ultime settimane, la democrazia diretta in Italia ha fatto segnare passi da gigante. Nello spazio di pochi giorni, i promotori dei referendum sulla legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia sono infatti riusciti a raccogliere a tempo record le 500’000 firme necessarie.

A rendere possibile questo exploit è senz’altro stato l’emendamento approvato qualche settimana fa di autorizzare le firme digitali in alternativa a quelle cartacee.

Una rivoluzione più che benvenuta, che permette all’elettorato di essere coinvolto maggiormente, hanno sottolineato i fautori di questa riforma. Mentre per altri, questa possibile moltiplicazione dei referendum (uno per rimettere in discussione il Green Pass è già stato lanciato) nasconde delle insidie, soprattutto quando si tratta di affrontare temi molto divisivi.

E c’è già chi ha proposto dei correttivi, ad esempio quello di aumentare il numero di firme necessario.

La Radiotelevisione svizzera ha chiesto il parere del costituzionalista Michele Ainis.

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La democrazia semi diretta svizzera prevede due strumenti che permettono ai cittadini di influire sul processo legislativo.

L’iniziativa popolare permette di chiedere una revisione della Costituzione. Affinché un’iniziativa popolare riesca, i promotori devono raccogliere, entro 18 mesi, 100’000 firme di persone che hanno diritto di voto.

Quando i cittadini sono scontenti di determinate decisioni del Parlamento, possono indire un referendum, raccogliendo 50’000 firme sull’arco di 100 giorni.

In entrambi i casi si tratta di firme cartacee e non digitali.

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