Non ha la licenza elementare e non ha mai viaggiato, ma l'emiliano Riccardo Bertani ha imparato decine di lingue nella sua vita, pubblicando decine di libri, che ha scritto esclusivamente a mano.
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Classe 1930, Riccardo Bertani vive a Caprara di Campegine, nella campagna emiliana, fa il contadino e conosce 112 lingue. Una passione che l’ha portato a scrivere decine di dizionari e libri su idiomi quasi sconosciuti, scomparsi oppure dimenticati da tempo. Il tutto attraverso libri che gli venivano regalati, senza Internet e scrivendo ogni parola a mano.
Conosce – per citarne solo alcuni – gli idiomi turco-tartari, manciù-tungusi, lo yacuto, l’esquimese, l’uzbeko, l’osseto, il longobardo, l’antico prusso e l’ainu, oggi parlato solo sull’isola di Hokkaido in Giappone. Ha scritto libri sulle fiabe orocie o sui canti epici siberiani, libri che comparano il rutulo alla lingua basca o le tradizioni padane con quelle sciamaniche burjato-mongole. Il tutto senza nemmeno la licenza elementare in tasca e iniziando a lavorare alle tre di notte, quando, dice, “la mente era limpidissima”.
“Non lo so nemmeno io come ho iniziato. È [una passione] innata, direi”, rivela un Bertani sorridente ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI
Il suo lavoro ha suscitato da sempre l’interesse nel mondo degli studiosi del linguaggio e delle tradizioni dei popoli. C’è chi lo paragona a Salgari, che raccontò l’Oriente senza averlo mai visto. Riccardo Bertani, infatti, non si è mai allontanato dalla sua casa e ha conosciuto il mondo soltanto attraverso i libri, “perché ho paura di rimanere deluso. È come andare adesso in Grecia dopo averla conosciuta attraverso gli scrittori e i filosofi greci”.
La salute oggi non gli permette nemmeno di fare pochi passi. “Adesso vorrei imparare altre lingue, ma non me la sento più”, dice.
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