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I collaboratori svizzeri hanno lasciato Kabul

L aeroporto di Kabul.
Civili e diplomatici cercano ancora di lasciare il Paese creando ingorghi per le strade e ammassandosi all’aeroporto. Keystone / Stringer

I talebani sono entrati nella capitale afghana e si sono impossessati del palazzo presidenziale, abbandonato dal capo di Stato poche ore prima. Gli svizzeri presenti nel Paese sono intanto rientrati.

Da Twitter, il consigliere federale Ignazio Cassis ha infatti fatto sapere che i tre collaboratori della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) – l’agenzia del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) preposta alla cooperazione internazionale – hanno potuto lasciare Kabul e sono stati rimpatriati. Cassis ha anche aggiunto che si sta lavorando attivamente, in circostanze difficili, per evacuare anche il personale afgano che era alle dipendenze svizzere: una quarantina di collaboratori di lunga data della DSC e le loro famiglie – in totale circa 200 persone – hanno infatti ottenuto visti umanitari. Le relazioni politiche con Kabul saranno invece mantenute tramite l’ambasciata di Islamabad, in Pakistan.

Da sinistra si chiede maggior sostegno ai rifugiati

Intanto, i partiti e diverse organizzazioni di sinistra hanno lanciato un appello affinché la Confederazione venga in aiuto ai rifugiati afghani.

Il Partito socialista chiede ad esempio che la Svizzera sostenga un meccanismo di quote internazionali per la ripartizione dei rifugiati e accolga 10’000 persone vulnerabili, in particolare donne e bambine.

I Verdi e altre organizzazioni domandano che gli afghani che hanno parenti in Svizzera possano beneficiare del ricongiungimento familiare tramite visti umanitari.

L’organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) conta sul programma di reinsediamento e di visti umanitari dell’UNHCR per far sì che gli afghani che hanno famigliari nella Confederazione possano raggiungerli. La Svizzera – ha sottolineato l’OSAR – potrebbe accogliere più persone rispetto alle quote stabilite dall’UNHCR.

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Panico e morti sulla via per l’aeroporto

“Hanno vinto”, ha riconosciuto lo stesso Ashraf Ghani, mentre moltissimi civili e diplomatici cercano ancora di lasciare il Paese creando ingorghi per le strade e ammassandosi all’aeroporto, dove ci sono state scene di panico e anche 5 morti.

Immagini amatoriali riportano quanto successo durante le ultime ore di ieri in quella che è oggi l’unica via di fuga dalla città. Una marea di disperati. Uomini, donne e bambini. Civili per lo più senza bagagli che invadono le piste dell’aeroporto internazionale di Kabul. Che corrono con la speranza di guadagnarsi un volo che se li porti via.

Ma ci sono state scene di panico anche stamani, per strada tra clacson e ingorghi e poi sempre all’aeroporto, dove i militari statunitensi si sono messi a sparare in aria per far indietreggiare la folla. I voli commerciali sono stati sospesi, ma nei cieli di Kabul è un continuo avanti e indietro degli elicotteri statunitensi. Per mettere in sicurezza i suoi cittadini e collaboratori la Casa Bianca ha messo a disposizione ben 6mila soldati. 


 

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