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I 25 centimetri del Lago Maggiore che fanno arrabbiare un po’ tutti

persone in canoa sulla riva di un lago
C'è chi teme che innalzando il livello massimo del Lago Maggiore scene come questa possano ripetersi con più frequenza. Keystone / Antonio Calanni

Dalla prossima estate, il livello massimo del lago potrà essere innalzato di 25 centimetri. L'obiettivo: avere un serbatoio d'acqua più grande in caso di necessità. Ma c'è chi teme le esondazioni. Preoccupazione è stata espressa anche dalle autorità ticinesi.

Da una parte c’è il mondo agricolo della pianura Padana, che chiede più acqua per combattere la siccità estiva e scongiurare il rischio di perdere il raccolto. Dall’altra si schierano i comuni rivieraschi del lago Maggiore che temono le esondazioni, cioè di finire allagati, con conseguenze sulla sicurezza degli abitanti, sulla salvaguardia degli ecosistemi naturali (come le Bolle di Magadino e i canneti nella zona tra Verbania e Dormelletto) e sulle attività degli imprenditori del turismo che ogni estate accolgono migliaia di turisti e che temono di veder scomparire le proprie spiagge.

Il pomo della discordia riguarda il livello massimo del lago Maggiore. A stabilirlo è l’Autorità di Bacino distrettuale del Po, un ente pubblico italiano, basato a Parma, che opera sotto la vigilanza del ministero della Transizione Ecologica. L’Autorità di Bacino, con una nota pubblicata sul proprio sito web a fine dicembreCollegamento esterno, ha annunciato che dalla prossima estate (quella del 2022) il livello massimo del lago potrà essere portato a 1,5 metri sopra lo zero idrometrico, cioè 25 centimetri in più di quanto stabilito per le estati tra il 2015 e il 2021.

Nel testo si parla di “sperimentazione” nel “totale rispetto delle normative in merito di sicurezza idraulica e ambientale per tutte le aree coinvolte dal provvedimento”. Ma non tutti sono d’accordo.

La battaglia sul livello del lago

Questione di punti di vista, dunque. “Gli interessi in gioco sono contrapposti – conferma Vittorio Brignardello, architetto dirigente del Comune di Verbania che si occupa della gestione associata del demanio idrico lacuale -. Secondo noi quello principale è la preservazione della risorsa idrica e dell’acqua: non può essere gestita secondo un principio di accumulo”. Perché è proprio di accumulo che si parla: chi sostiene la necessità di avere un livello del lago più alto, infatti, lo fa perché spera che il Maggiore possa fungere da serbatoio di acqua dolce da riversare nei terreni agricoli della pianura in caso di necessità.

Tale necessità, d’altro canto, è reale: nei mesi più caldi le campagne lambite dal Ticino e, più a sud, dal Po soffrono uno stress idrico importante, dovuto anche al cambiamento climatico. Ma sul lago si temono esondazioni, piene, danni alle località rivierasche, la riduzione delle superfici delle spiagge e delle aree a lago normalmente fruibili e dunque il calo di attrattività turistica. Il nocciolo della questione, dunque, è trovare un equilibrio tra le diverse esigenze.

Un po’ di storia

A regolare materialmente il livello del lago Maggiore è un altro ente pubblico italiano, il Consorzio del Ticino, che gestisce la Diga della Miorina a Golasecca, in provincia di Varese. “Il Consorzio regola le altezze del lago sulla base di ciò che gli viene indicato” spiega il presidente Alessandro Ubiali, intendendo dire che è l’Autorità di Bacino a dettar legge.

Ubiali ribadisce a più riprese un aspetto: a suo dire, eventuali esondazioni del lago non dipendono dalla diga della Miorina: “Il rischio idraulico di grandi piene non è determinato dall’esistenza della Miorina, perché quando si verificano minime criticità (ad esempio quando si verificano abbondanti precipitazioni, ndr) tutte le paratoie della diga vengono abbattute. Significa che tutta l’acqua che può uscire dal lago lo fa”. Le operazioni di abbassamento della diga richiedono qualche ora e vengono decise sulla base di sistemi di allarme che tengono conto dell’eventuale aumento delle precipitazioni sul bacino imbrifero del lago, ovvero quello che alimenta lo specchio d’acqua. Nonostante tali rassicurazioni, anche di recente le polemiche tra Autorità di Bacino e Comuni rivieraschi non sono mancate, e ne è un esempio lo scambio tra la sindaca di Verbania Silvia MarchioniniCollegamento esterno e l’Autorità di BacinoCollegamento esterno in occasione della tempesta Alex di ottobre 2020.

Fino a oggi, mai è stato stabilito un livello estivo del lago Maggiore alla quota di 150 centimetri sopra lo zero idrometrico. Quando è stata costruita la diga della Miorina, nel 1943, era stato imposto un duplice livello: in inverno, cioè tra metà novembre e metà marzo, quello di 1,50 metri, e in estate, da marzo a novembre, al livello di 1 metro. “Questo perché già negli anni ‘40 erano abbastanza chiari i pericoli derivanti da fenomeni atmosferici con piovosità intensa” aggiunge Brignardello.

“A un certo punto, però, quando il clima ha iniziato a cambiare e sono iniziati fenomeni di siccità intensa, sono arrivate alcune ordinanze del ministero italiano dell’Ambiente che stabilivano di innalzare il livello del lago anche nel periodo estivo”, spiega l’architetto del Comune di Verbania. Nel 2015, così, è entrato in vigore un protocollo sperimentale per valutare gli effetti dell’innalzamento a 1,25 metri in un periodo limitato, tra marzo e settembre, per scongiurare i rischi derivanti dalle precipitazioni autunnali. “Negli ultimi due o tre anni, poi, la nuova gestione dell’Autorità di Bacino ha prodotto atti unilaterali stabilendo l’innalzamento a 1,35 metri in caso di scarsità della risorsa. E ora, infine, sta cercando di portare il livello a 1,50 metri” prosegue il dirigente verbanese.

Le ragioni dell’uno e le ragioni dell’altro

Antonio Zacchera è il Ceo di Zacchera Hotels, catena alberghiera con cinque strutture ricettive e 900 camere tra Baveno e Stresa, in provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Non ha dubbi: il livello del lago non deve salire. Ricorda l’esondazione del 20 ottobre del 2000, quando il piano terreno del suo Grand Hotel Dino venne sommerso dalla piena. “Anche le nostre ragioni vanno ascoltate – dice -. Non è che per fare un piacere alle zone a valle del Ticino dobbiamo andare noi sott’acqua, subendo danni irreparabili”. Gli fa eco Tranquillo Manoni, gestore di due campeggi a Verbania e rappresentante di categoria per il Piemonte: “Un tempo questa zona era ricca di industrie, ma oggi viviamo quasi esclusivamente di turismo. Se ci tolgono anche quello… Capisco le ragioni e gli interessi di chi è favorevole all’innalzamento, per questo credo che occorra mettersi d’accordo, far sì che i danni siano contenuti per tutti, assicurando a entrambe le parti di svolgere la propria attività”.

persona di fianco a una siepe
Il livello del lago raggiunto nel 2000 nell’albergo gestito da Antonio Zacchera. tvsvizzera

Un centinaio di chilometri più a sud, a Morimondo in provincia di Milano, abita Filippo Beretta, una vita intera in campagna, tra coltivazioni (mais e cereali) e le sue sessanta vacche da latte. L’acqua che gli serve per irrigare i campi arriva dal Naviglio di Bereguardo, un canale lungo 19 chilometri alimentato dalle acque del fiume Ticino. “Da ormai quasi vent’anni soffriamo la mancanza di acqua nei fossi” spiega. Ogni anno stacca un assegno da circa quattromila euro al consorzio che gestisce i canali irrigui della zona, eppure l’acqua che gli arriva è sempre meno. Non di rado, infatti, le forniture dell’acqua vengono decurtate: “Nel 2021 mi hanno ridotto la fornitura di acqua del 30% e il raccolto si è salvato soltanto grazie a un temporale estivo inaspettato”.

La riduzione nella fornitura di acqua che gli è capitata non è un caso isolato. Lo conferma Alessandro Ubiali, presidente del Consorzio del Ticino: “Nei mesi di luglio e agosto le concessioni sono rispettate soltanto al 70%-80%, a volte addirittura vengono dimezzate, perché l’acqua non basta”. Ecco perché il serbatoio del lago Maggiore è così importante.

naviglio
Il naviglio di Bereguardo, uno dei tanti canali usati per l’irrigazione in Lombardia. tvsvizzera

Come trovare un punto di accordo, una soluzione che soddisfi tutti? Difficile dirlo. Secondo Brignardello occorre ripensare anche al modo in cui si fa agricoltura: “Non possiamo immaginare di continuare a usare sistemi di irrigazione pensati secoli fa, caratterizzati anche da importanti perdite di esercizio (cioè spreco d’acqua, ndr). Un esempio potrebbe sfruttare l’acqua di falda, cioè quella sotterranea, che viene alimentata quotidianamente e che rappresenta una scorta idrica importante”.

Il no del Canton Ticino

Ogni decisione sui livelli del lago Maggiore riguarda da vicino anche la Confederazione Elvetica, sul cui territorio insiste circa il 20% del bacino lacuale. Oltretutto, oltre il 50% del bacino idrografico si trova in territorio svizzero: significa che più della metà delle acque che alimentano il lago proviene dalla Svizzera. Ciononostante, né Berna né il cantone Ticino  hanno realmente voce in capitolo. Lo testimonia il fatto che la decisione dell’Autorità di Bacino distrettuale del Po di aumentare a 1,50 metri il livello massimo del lago, annunciata a fine dicembre, è frutto di una votazione a cui hanno preso parte soltanto soggetti italiani (il ministero della Transizione Ecologica, il Segretario Generale dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po, le Regioni Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta e la Provincia di Trento).

“Esiste un problema di rapporti internazionali perché non si può prescindere dalla componente elvetica – spiega Brignardello -. Anche la Svizzera soffre degli innalzamenti del lago perché, se non ha la possibilità di sfogare le sue fonti idriche che insistono sul Maggiore, si allagano anche le loro aree, non soltanto quelle italiane”.

In una nota diffusa il 20 gennaio 2022Collegamento esterno, il Dipartimento del territorio del Cantone Ticino ha espresso “preoccupazione per quanto deciso”, facendo sapere di aver “esternato i propri timori all’indirizzo dell’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM) e dei gruppi di interesse coinvolti, evidenziando come in gioco vi sia, in particolare, la sicurezza contro le esondazioni e la tutela degli ambienti naturali protetti delle Bolle di Magadino”.

In particolare, si legge nel comunicato, “la delegazione svizzera ha ribadito l’opportunità di dare seguito ad un ulteriore periodo di sperimentazione mantenendo invariate le soglie definite (livello massimo di regolazione estiva a +1,25 metri, con possibilità di innalzamento a +1,35 metri, nel caso di manifestazione o previsione di situazioni di severità idrica “media” o “alta” nell’area vasta costituita dall’asta del Fiume Ticino e del Fiume Po) per consentire un proseguimento omogeneo delle attività di monitoraggio ambientale. Per contro, il raggiungimento di un livello estivo massimo ulteriore di +1,50 metri non è un obiettivo a sé stante”.

Ribadendo la necessità di “considerare le esigenze di tutti i portatori di interesse a monte e a valle della diga di regolazione della Miorina e non solo le necessità irrigue, idroelettriche o ambientali del Ticino sublacuale”, l’ente elvetico ha sottolineato come nel corso della sperimentazione nel periodo tra il 2022 e il 2026 “dovranno essere approfonditi i benefici e i costi ambientali, sociali ed economici derivanti dalle maggiori risorse disponibili a seguito dell’innalzamento del livello di regolazione”.

In questo articolo del marzo 2019, Laurent Filippini dell’Ufficio corsi d’acqua del Cantone Ticino aveva fatto il punto sulle differenti esigenze dei tanti attori coinvolti nella questione della regolazione dei livelli del lago Maggiore.

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