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Chi erano veramente i gladiatori?

Il Museo delle antichità di Basilea dedica ai lottatori dell’antica Roma una mostra che sfata un po’ i miti trasmessi dalla cinematografia.

due gladiatori mentre combattono
Le ricostruzioni di combattimenti di gladiatori – più o meno accurate – sono uno degli spettacoli preferiti delle feste romane organizzate ogni anno ad Augusta Raurica, l’attuale Augst, a una decina di chilometri da Basilea. Keystone / Markus Stuecklin

Delle tigri che tentano di azzannare Massimo Decimo Meridio – al secolo Russel Crowe – mentre affronta nell’arena un altro gladiatore? Un gladiatore che combatte contro altri cinque? Scontri che si trasformano inevitabilmente in un bagno di sangue? Tutte immagini false o perlomeno esagerate trasmesse dall’iconografia neoclassica e soprattutto dai film hollywoodiani.

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A sfatare un po’ queste rappresentazioni ci ha pensato il Museo delle antichità di Basilea, che da domenica propone una mostra dedicata proprio ai gladiatori.

“Il gladiatore vero combatte singolarmente contro un solo avversario, ci sono degli arbitri che regolano questo tipo di combattimento, e le armature sono organizzate in modo da essere paritetiche, da non avere due avversari che sono uno molto più forte dell’altro”, spiega alla Radiotelevisione svizzera Andrea Bignasca, direttore del Museo delle antichità di Basilea.

La mostra “Gladiatori – la storia vera”Collegamento esterno è aperta al pubblico fino al 22 marzo 2020. In seguito sarà presentata a Napoli dall’8 aprile 2020.

Nell’esposizione, intitolata “Gladiatori – la storia vera”, sono presentati pezzi eccezionali provenienti, tra l’altro, dal Museo archeologico nazionale di Napoli e dalla vicina Augst, l’Augusta Raurica romana. Ad esempio, per la prima volta viene esposto al pubblico un mosaico di sette metri su dieci scoperto nel 1961 ad Augst.

Naturalmente non mancano poi armi varie, caschi, scudi, i cui ricchi ornamenti mostrano che i combattimenti erano più di un semplice divertimento per una folla assetata di sangue, ma che simboleggiavano delle virtù come il coraggio e il disprezzo per la morte.

E chi lottava con coraggio aveva buone possibilità di sopravvivere anche se sconfitto. “Dobbiamo inoltre pensare che erano dei campioni per i quali non necessariamente si cercava la morte, erano dei beni preziosi per i loro allenatori e venivano conservati, fra virgolette, con grande attenzione”, osserva Paolo Giulierini, direttore del Museo archeologico di Napoli.

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