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Dopo quattro anni, una nave cisterna svizzera può lasciare la Nigeria

nave in alto mare
La San Padre Pio ha potuto lasciare Port Harcourt dopo quattro anni. abcmaritime.ch / Albin Pinard

Bloccata a lungo in un porto nigeriano per aver violato il diritto locale, la San Padre Pio ha finalmente potuto riprendere il largo.

La nave battente bandiera svizzera era stata sequestrata nel gennaio 2018 e l’equipaggio era stato arrestato (e detenuto per alcune settimane) per avere contravvenuto alle leggi nigeriane. Stando alle autorità di Lagos, la petroliera avrebbe effettuato operazioni di bunkeraggio (rifornimento di combustibile per la propulsione delle navi) nella zona economica esclusiva della Nigeria con idrocarburi provenienti da attività illegali.

La vertenza era poi stata portata davanti al Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo e lo scorso maggio le autorità svizzere e quelle nigeriane avevano firmato un memorandum d’intesa che prevedeva il rilascio immediato della nave. Prima di poter salpare da Port Harcourt, la San Padre Pio aveva però bisogno di qualche riparazione.

Dal momento che la nave è ora potuta uscire dalla zona economica esclusiva della Nigeria, la Confederazione e il Paese africano porranno fine al procedimento giudiziario pendente dinanzi al Tribunale internazionale per il diritto del mare, come previsto dai patti sottoscritti.

Si è così giunti a una soluzione finale della controversia: stando al Dipartimento federale degli affari esteri questo è merito della diplomazia svizzera, “che si è intensamente impegnata in vista di questo esito positivo”.

Una flotta che esiste da 80 anni

La Svizzera – ed è un aspetto questo forse poco conosciuto – dispone di una flotta di alto mare da 80 anni. In piena Seconda guerra mondiale, per cercare di garantire l’approvvigionamento del Paese il Governo elvetico aveva deciso di creare una flotta. La bandiera svizzera, simbolo di neutralità, doveva permettere di evitare i bombardamenti e i siluri dei sottomarini tedeschi e alleati. Ciò non ha impedito però ad alcune navi di essere attaccate. Il 7 settembre 1943, ad esempio, la Maloja è stata affondata al largo della Corsica dopo essere stata colpita dalle bombe di aerei britannici. La stessa sorte è toccata anche alla Chasseral, all’Albula e alla Generoso.

Dopo la fine della guerra, la flotta è stata mantenuta ed è diventata la più grande al mondo per un Paese senza sbocchi sul mare, arrivando a contare più di 50 navi.

Le imbarcazioni sono di proprietà di armatori privati e non sono nelle mani della Confederazione. Le società che le possiedono devono però essere pronte a cambiare il carico e la rotta su ordine di Berna. In cambio di questa flessibilità, la Confederazione – senza sovvenzionare la flotta in quanto tale – dà delle garanzie di prestito per aiutare gli armatori a finanziare l’acquisto di nuovi bastimenti. Grazie a questa garanzia, gli armatori svizzeri possono ottenere tassi d’interesse molto favorevoli presso le banche.

Oggi, però, dopo la crisi finanziaria del 2008 e a causa di diversi altri problemi (vedi articolo sotto) la flotta si è ampiamente assottigliata e sono ormai solo 18 le navi mercantili rossocrociate che solcano i mari.



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