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Dopo il naufragio, la disperata attesa dei parenti dei dispersi

Nella tragedia di Steccato di Cutro hanno perso la vita almeno 86 persone, tra cui 35 minorenni. Ventun persone sono però ancora date per disperse. Antonino Durso

A Steccato di Cutro, i familiari delle vittime aspettano ancora il recupero dei dispersi. Il reportage.

Questo contenuto è stato pubblicato il 16 marzo 2023 - 17:15
Ilaria Romano, RSI

Sono passate poco più di due settimane dal naufragio di Cutro e i corpi delle persone morte in mare non sono ancora stati recuperati tutti. Per tanti dei familiari delle vittime continua l’attesa snervante per completare le procedure di rimpatrio, per chi ha ritrovato i resti del proprio o dei propri cari, e la speranza di riaverli per chi aspetta gli ultimi dispersi, che sarebbero oltre venti.

Il Palamilone, il palazzetto dello sport di Crotone, rimane una camera ardente dove tutte le mattine queste persone arrivano con il pullman messo a disposizione dalla Protezione Civile, e vi trascorrono la giornata, sperando di potere al più presto onorare il ricordo di figli, fratelli, sorelle, cognati, nel Paese d’origine o ovunque abbiano scelto di farli tumulare.

Con loro, dal 26 febbraio, ci sono i volontari dell’Associazione Sabir e del Progetto Mem.Med, Memorie Mediterranee, che cercano di fornire loro un aiuto concreto per orientarsi fra le pieghe della burocrazia, in una tragedia che loro malgrado hanno vissuto sotto i riflettori, gli stessi che ora, passata anche la manifestazione nazionale dello scorso 11 marzo, cominciano a spegnersi.

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Il relitto non è stato ancora recuperato

Eppure, qui resta tanto da fare, a partire dalle autorizzazioni già richieste alla Procura dagli avvocati di Mem.Med per prelevare i campioni di DNA dai familiari, in modo da facilitare le procedure di riconoscimento che la Polizia scientifica sta portando avanti man mano che i corpi riemergono dal mare, ma che col passare del tempo si fanno sempre più difficili. C’è anche la questione del relitto, che non è stato ancora recuperato e che potrebbe restituire altri corpi.

Nel frattempo, il lavoro di Mem.Med, in questo come nei tanti altri naufragi, alcuni dei quali mai documentati, è quello di ricostruire la memoria degli scomparsi, ridargli un nome e una storia, sostituirla ai numeri degli sbarchi, degli incidenti, dei soccorsi effettuati o mancati nelle rotte del Mediterraneo, grazie a un supporto legale e psico-sociale per le famiglie e la costituzione di un archivio collettivo fatto di tutto ciò che possa aiutare la ricerca e l’identificazione.

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