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Naufraga prima di nascere la Superlega europea

Andrea Agnelli ritratto in un murales a Roma.
Andrea Agnelli ritratto in un murales a Roma. Keystone / Fabio Frustaci

È durato lo spazio di un paio di giorni l'azzardato progetto di campionato esclusivo tra i club più titolati e ricchi d'Europa.

Dopo la rivolta dei tifosi e delle autorità nazionali e internazionali in seguito al laconico annuncio di domenica sera, le sei società inglesi e l’Inter di Milano hanno fatto sapere che non parteciperanno alla Super League e i suoi promotori hanno dovuto annunciare diplomaticamente che il piano verrà “modificato”.

Non vedrà quindi la luce la competizione che si ispirava ai campionati professionistici USA e che doveva generare notevoli entrate da sponsor e tivù, grazie anche al sostegno di importanti fondi di investimento e della JP Morgan, per i dodici partecipanti che, nonostante i fatturati miliardari, si sono dovuti indebitare pesantemente durante la crisi pandemica.

Il castello si è ben presto sgretolato: dopo il passo indietro di Chelsea e del Manchester City si sono ritirate anche le altre quattro britanniche (Manchester United, Arsenal, Tottenham e Liverpool). Il patron dei Reds John W. Henry ha dovuto addirittura diffondere un video di scuse nei confronti dei tifosi della sua squadra che si erano mobilitati in piazza. Anche l’Inter si è sfilata, seguita dall’Atletico Madrid e poche ore dopo è giunto il comunicato che ha chiuso la partita.

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Il repentino fallimento della Super League rischia però di non essere indolore. C’è infatti da riannodare i rapporti tra i 12 club e l’Uefa, che aveva appena varato la riforma della Champion League a 36 squadre, che aveva subito scomunicato le società e i calciatori coinvolti.

Per non parlare della perdita di reputazione dei protagonisti nei confronti dei tifosi che sono riusciti a far prevalere l’aspetto popolare e sportivo del calcio su quello economico e finanziario.

Sconcerta comunque che sia stato concepito e portato avanti nel dettaglio un progetto all’insaputa di tutti e che si sia sfaldato senza piani B o vie d’uscita, a conferma del fatto che i partecipanti ci credevano veramente, nonostante le evidenti lacune.

In particolare, per l’assenza di importanti società tedesche e francesi, per i limiti emersi a livello di comunicazione e per la sottostimata generale opposizione dei tifosi e delle autorità sportive e politiche. Le rivoluzioni partite dall’alto – sembra di capire – per avere qualche chance non possono esimersi dal considerare gli umori della base.

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