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I portici di Bologna patrimonio mondiale dell’umanità

vista notturna dei portici di bologna
Percorrendo tutti i portici di Bologna, si potrebbe praticamente coprire la distanza di una maratona. Keystone / Max Cavallari

L'Italia è, assieme alla Cina, il paese che conta il maggior numero di siti iscritti al Patrimonio mondiale dell'Unesco. Una lista con 55 nomi e a cui in luglio potrebbero aggiungersi anche i portici di Bologna.

In Strada Maggiore, il tratto cittadino della via consolare Emilia che unisce Bologna a Roma, spicca Casa Isolani, una rara costruzione civile bolognese del XIII secolo ancora visibile nel suo stato originale, sorretta da un portico ligneo, in stile romano e gotico, alto nove metri. La storia dei portici bolognesi è iniziata nel medioevo e si è perpetuata attraverso le varie epoche fino ai giorni nostri. Molto si è trasformato nell’arco del tempo ma di questo cammino, la città di Bologna, conserva molte tracce.

Passeggiando sotto i quaranta chilometri di portici racchiusi nella cerchia delle mura del XIII secolo, si attraversano diversi stili architettonici, arte e cultura. Un percorso “lineare”, un cammino protetto che è anche un sentiero nel tempo. Permea ogni angolo della città antica e si dispiega in periferia, estendendo così la sua lunghezza totale a oltre sessanta chilometri.

Raggiunto il portico residenziale del quartiere Barca, ci si lascia alle spalle il lontano Medioevo per ritrovarsi sotto portici costruiti negli anni ‘60 del novecento.

Il portico ligneo di Casa Isolani, come i portici del Quartiere Barca, due esempi di architettura civile bolognese, distanti otto secoli, sono entrambi inclusi nella lista dei dodici portici candidati a entrare nel patrimonio culturale Unesco. La sintesi di questa candidatura rappresenta, non solo dell’estetica della città, ma la sua essenza.

I dodici portici più rappresentativi di Bologna

Dei portici più rappresentativi della città di Bologna, fa parte l’imponente portico di protezione del cammino devozionale che dalla città s’inerpica sulla collina, fino al santuario della Madonna di San Luca. Il portico della Certosa che abbraccia il cammino al cimitero. La strada porticata di Santa Caterina che si riferisce a una grave pestilenza del XIII secolo. I portici di piazza Santo Stefano, espressione dell’antica nobiltà bolognese. Le arcate di via Santo Stefano, nel complesso monumentale del Baraccano che ospita il Conservatorio delle Putte, dove ragazze povere e orfane erano formate al lavoro domestico e all’artigianato. Il portico di via Galliera, lungo cui, in un’opera di restauro, tra il XV e il XVI secolo, alcune famiglie nobili dovettero pagare una sanzione per aver rimosso il tratto di sporto del palazzo Aldovrandi Montanari. In quell’epoca, il portico era una costruzione obbligatoria. Gli antichi portici commerciali del Pavaglione e di piazza Maggiore, dove si tenevano i banchi di cambio, in cui circolavano monete, da quelle imperiali a quelle dei piccoli stati italiani. Il portico dell’Archiginnasio collegato all’università. L’edificio portificato del Mambo, dove il primo sindaco socialista di Bologna volle costruire un forno. I portici decorati di piazza Cavour e via Farini, di fine ‘800. I portici di via Zamboni, dove lo stile del ‘700 si mescola all’architettura medievale.

Una straordinaria varietà di portici che descrive un unicum che riguarda Bologna nella sua interezza. Una città particolarmente accogliente.

La candidatura Unesco dei primi dodici portici, infatti, è soltanto l’inizio di un cammino che ha la prospettiva di essere esteso a tutta la città.

Un percorso lungo e complesso, iniziato molti anni fa

Il via libera del consiglio direttivo della commissione nazionale Unesco è arrivato all’inizio del 2020, per l’anno 2021 – l’esito sarà comunicato il prossimo luglio. Una prima richiesta di questa candidatura è stata accolta dal Ministero dei beni culturali già nel 2006.

Da allora, tra ampliamenti e interruzioni, il piano si è evoluto, per definirsi nella forma odierna. Frutto del lavoro condiviso dell’amministrazione, con la cittadinanza attiva.

I portici di Bologna sono spazi privati a uso pubblico. La destinazione di utilizzo, riservata al pubblico, è obbligatoria. La cura è onere dei privati. Tuttavia, in molti casi il Comune interviene sostenendo, in varie forme, i proprietari degli immobili.

L’impegno è ingente. Il solo restauro del tratto collinare del portico devozionale di San Luca, attualmente in fase di conclusione, ha richiesto risorse per tre milioni di euro. Un intervento di consolidamento strutturale, in seguito ai danni provocati dal sisma del 2012, che si è realizzato salvaguardando le caratteristiche costruttive, i materiali e le finiture originali dell’opera.

I cittadini contribuiscono attivamente alla tutela del patrimonio. Si tengono iniziative nelle scuole per sensibilizzare i più giovani sull’importanza della cura degli spazi comuni. Gruppi di volontari, armati di solventi e vernici, operano costantemente per contrastare il degrado.

Cittadini che si preparano e preparano Bologna, all’evento del prossimo luglio. Che restituiscono parte della cura e della protezione ricevuta, alla loro, accogliente, città.


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