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‘ndrangheta nelle ferrovie, le indagini toccano la Svizzera

Le indagini degli inquirenti italiani seguono i binari.
Le indagini degli inquirenti italiani seguono i binari. Keystone / Georgios Kefalas

Vi sono collegamenti anche in Svizzera nella vasta operazione condotta dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) milanese su presunte infiltrazioni della 'ndrangheta nei subappalti per lavori sulla rete ferroviaria che ha portato all'arresto da parte della Gdf di 15 persone in Lombardia (11 in carcere e 4 ai domiciliari) e al sequestro di 6,5 milioni di euro.  

Tra gli indagati figura anche un dirigente della succursale di Bellinzona della Generale costruzioni ferroviarie (Gcf) del Gruppo Rossi, ditta che ha partecipato ai lavori di armamento della Galleria di base del Monte Ceneri inaugurata nel settembre 2020.

Si tratta del presidente della società che fa parte anche del cda della succursale svizzera. I procuratori milanesi gli contestano “di aver preso parte a un’associazione a delinquere operante tra Varese e Milano” e di avere avuto “solidi e perduranti legami” con la ‘ndrangheta assieme ad altri soggetti.

Eluse le norme antimafia

Secondi gli inquirenti numerose imprese intestate a prestanome – e riconducibili alla cosca dei Nicoscia-Arena di Isola di Capo Rizzuto (Crotone) – avrebbero ottenuto in subappalto lavori che Rete ferroviaria italiana (Rfi) appaltava a colossi del settore, come appunto Generale costruzioni ferroviarie spa (Gcf) del Gruppo Rossi.

I rapporti tra le società che si aggiudicavano gli appalti e quelle riferibili alle cosche che ottenevano le commesse, venivano schermati, sempre secondo l’accusa, attraverso contratti di fornitura di manodopera specializzata (distacco di personale), allo scopo di eludere la normativa antimafia e le restrizioni in materia di subappalto.

Nell’ordinanza cautelare viene contestata agli indagati l’associazione per delinquere finalizzata a reati tributari e bancarotta e ad alcuni arrestati l’aggravante dell’agevolazione mafiosa. È infatti emerso che attraverso una collaudato sistema di incassi “in nero” alcune società sospette avrebbero sostenuto affiliati ‘ndranghetisti in carcere e le loro famiglie.

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