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L’Europa del Sud torna a emigrare in Svizzera

Gli immigrati spagnoli in arrivo alla stazione di Ginevra, nel 1962. RDB

Messi in ginocchio dalla crisi economica, migliaia di cittadini spagnoli, portoghesi e italiani hanno ripreso la via dell'emigrazione. Alcuni sono giunti in Svizzera alla ricerca di un impiego e di un futuro migliore. swissinfo.ch ha raccolto alcune testimonianze tra i suoi lettori.

«In Spagna non sono mai riuscita a trovare lavoro. E questo malgrado le mie tre lingue, una formazione superiore e numerosi viaggi all’estero. Quando mi sono resa conto che al mio paese non importava nulla di me (senza paga, senza lavoro, senza denaro), ho deciso di ripercorrere le orme di mia madre. Il suo è stato un esilio politico, il mio un esilio economico. La Svizzera, in fin dei conti, mi ha dato un’opportunità che la Spagna mi aveva negato: un lavoro dignitoso. La storia si ripete, però in questo caso le valige non sono più di cartone e gli addii si fanno nei terminal degli aeroporti».

 Quella di Sandra è una moderna storia di emigrazione. Come lei, migliaia di altri cittadini spagnoli, portoghesi e italiani hanno scelto di abbandonare il loro paese a causa della crisi economica. Alcuni hanno raggiunto la Svizzera, seguendo i passi di famigliari o amici, o affidando il loro destino nelle mani di una delle tante agenzie interinali.

 «Non c’è dubbio che vi sia un aumento del numero di immigrati spagnoli o portoghesi. Solo nelle ultime settimane sono riuscito a trovare un impiego a una decina di persone», commenta a swissinfo.ch Antonio Vega, responsabile dell’agenzia di impiego Manpower nel canton Neuchâtel. Un’impressione confermata anche dai consolati spagnoli a Zurigo e Berna, secondo cui negli ultimi mesi sono cresciute le richieste di informazioni da parte di cittadini spagnoli interessati a lavorare in Svizzera.

 Questa nuova generazione di immigrati si trova confrontata tuttavia a una doppia barriera, commenta Antonio Vega: da un lato la mancata padronanza di una delle lingue nazionali e dall’altro, curiosamente, l’eccessiva qualificazione. Gli fa eco Aline Merluzzo, dell’Adecco. «Il profilo dei candidati è davvero eterogeneo: dalle segretarie agli operai fino ai laureati con due master. Non è facile però trovare un impiego per chi non parla la lingua del posto. Se uno non capisce le istruzioni, come può lavorare?».

 Anche dall’Italia arrivano le testimonianze di chi sogna un futuro diverso all’estero: «Io c’ho pensato, eccome, ammette Nicola sulla pagina facebook di swissinfo. Ma il problema reale è la lingua, di tedesco non conosco una parola, di francese giusto qualcuna, quindi resterebbe solo il canton Ticino. Il problema è capire con chi e come presentatasi avendo anche una laurea in ingegneria che mi piacerebbe far valere».

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Con in tasca solo pochi spiccioli

Nei primi otto mesi dell’anno, sono giunti in Svizzera oltre 6’200 cittadini italiani, 9’800 portoghesi e 2’600 spagnoli, secondo gli ultimi dati dell’Ufficio federale della migrazione. Il saldo tra immigrazione ed emigrazione è rispettivamente di 2’800 italiani in più residenti in Svizzera, 6’700 portoghesi e 1’400 spagnoli.

Una crescita che con tutta probabilità sarà confermata a fine anno e che segna un nuovo picco d’immigrazione, dopo il calo registrato a partire dagli anni Settanta e la leggera ripresa della fine degli anni Novanta. Molti emigranti europei della prima generazione erano infatti tornati al loro paese di origine prima del 2007, alla scadenza del termine previsto per ritirare il capitale accumulato per il secondo pilastro, ricorda Antonio Vega, cittadino dalla doppia nazionalità svizzera e spagnola.

«Chi non è riuscito ad adattarsi al mercato del lavoro spagnolo o ha investito male il proprio capitale, ora torna a bussare alla porta della Svizzera», spiega questo consulente. «Alcuni alloggiano in case di amici, conoscenti o famigliari, mentre altri finiscono per dormire in automobile. Arrivano con 1’000 euro, senza riflettere che con questi pochi soldi in Svizzera si vive a malapena una settimana».

Ricercatori addio

La fuga di cervelli è un problema comune a questi tre paesi e ha un impatto importante sull’economia, già messa in ginocchio dalla crisi dell’euro. Un recente rapporto dell’Istituto per la competitività in Italia ha dimostrato che la partenza di ricercatori costa al paese tre miliardi di euro in brevetti mancati.

«È una situazione terribile. Gli imprenditori sono chiamati a costruire il futuro del paese e a creare nuovi posti di lavoro. Stiamo distruggendo il tessuto imprenditoriale di questi paesi, cacciando i lavoratori più validi», commenta dal canto suo Daniel Ordás, presidente della Associazione di impresari spagnoli in Svizzera.

Dopo l’immigrazione degli anni Sessanta e quella più «di lusso» degli anni Novanta, come la definisce lo stesso Ordás, «oggi a giungere in Svizzera sono giovani con un master universitario, e un bagaglio di sogni che si scontrano però con un’economia che di fatto non ha più bisogno di loro».

Quasi tutte le strutture che esistevano in Svizzera per accompagnare gli emigranti spagnoli, italiani o portoghesi si sono sciolte con il ritorno massiccio di questi cittadini al loro paese d’origine. «Se questo flusso proseguirà, avremo problemi seri: per esempio non ci sono scuole in spagnolo per i nostri figli o nipoti. Lo stato spagnolo non può disinteressarsi della sorte dei suoi cittadini, ma dovrebbe organizzare e gestire in modo serio queste partenze».

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 La Svizzera non è l’Eldorado

Una cosa è certa, sottolinea ancora Antonio Vega: «Poco importa i titoli di studio che uno si porta appresso, qui non c’è nessuno ad aspettarlo con le braccia aperte. Gli emigranti degli anni Sessanta erano necessari all’economia svizzera, ma oggi non è più così. Di fatto, l’apertura delle frontiere fa sempre più paura agli svizzeri».

Un’opinione condivisa anche dall’avvocato Daniel Ordás. «Non voglio far delle speculazioni, ma la Svizzera ha pensato più volte di rivedere i suoi accordi bilaterali con l’Unione europea. Il protezionismo svizzero è una realtà».

E i toni allarmistici si propagano anche in rete. «Avete idea di come vengano trattati i lavoratori stranieri in svizzera? Specialmente italiani! Occhio che un sogno non si trasformi in un incubo…», scrive su facebook Chiara da Milano.

Per questo non bisogna alimentare inutilmente le speranze, commenta infine la consulente di Adecco Aline Merluzzo,. «Oggi la Svizzera non è più l’Eldorado degli anni Sessanta e gli stessi svizzeri iniziano a sentire le prime avvisaglie della crisi che sta colpendo l’Europa».

1970: 526’579


1980: 421’542

1990: 379’734

2000: 321’639

2010: 289’125

Alla fine del 2010, gli italiani erano ancora la comunità straniera più importante in Svizzera, con una percentuale del 16,8%.

Al secondo posto figuravano i cittadini tedeschi (264’227 persone; 15,4%) e al terzo i portoghesi (213’153; 12,4%). Gli spagnoli erano la settima comunità straniera in Svizzera (64’163; 3,7%)

Il numero di italiani è costantemente diminuito dal 1974 (allora erano 559’184), principalmente per i rientri in patria e le naturalizzazioni.

In totale lo scorso anno erano 1’766’300 gli stranieri residenti in Svizzera, ossia il 22,4% della popolazione, contro il 22,0% nel 2009. La maggior parte proveniva da paesi membri dell’Unione europea.

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