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Una soluzione per chi non può tornare a casa

Olivier Vogelsang

Oltre 1,5 milioni di persone sono fuggite dalla Siria. Per i rifugiati più vulnerabili, un reinsediamento in Occidente è altrettanto improbabile di una vincita al lotto. Da parte sua, la Svizzera ne ha accolti soltanto un numero esiguo e una maggiore apertura appare difficile.

«Siamo fuggiti dall’Iraq a causa della guerra e ora abbiamo lasciato la Siria a causa di un’altra guerra. Non sappiamo cosa ci riserva il nostro futuro o cosa faremo».

Seduta nell’ufficio dell’UNHCR (Alto Commissariato ONU per i rifugiati) di Beirut, Leyla* fatica a trattenere le lacrime. La donna di 48 anni smette di parlare e dai suoi occhi traspare un orrore mai raccontato.

Leyla, madre di tre figli, fa parte della minorità cristiana. Nel 2007 è fuggita dalle bombe e dalle minacce nel suo paese, soltanto per ritrovarsi confrontata, così come migliaia di altri rifugiati, a problemi analoghi ad Aleppo, in Siria.

Assieme alla sua famiglia, Leyla fa parte degli oltre 7’000 iracheni arrivati in Libano e registrati presso l’UNHCR a fine 2012. Si stima che 65’000 rifugiati iracheni riconosciuti continuino ad essere intrappolati nel conflitto siriano.

Per gente come Leyla, terrificata dall’idea di tornare a casa in Iraq o in Siria e di dover far fronte a persecuzioni e pericoli, il reinsediamento in un paese terzo appare come un’ancora di salvezza.

Senza un lavoro e obbligata a farsi in quattro per far sopravvivere la sua famiglia nella costosa capitale libanese, la donna si attacca disperatamente alla speranza di una nuova vita negli Stati Uniti.

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Questo contenuto è stato pubblicato al «Sono dovuta fuggire con le nostre due figlie e lasciare a casa mio marito. Partorirò in meno di un mese. Non so come farò a cavarmela da sola», dice Narwal* sospirando. Con lo sguardo perso nel vuoto, la 22enne di Homs, in avanzato stato di gravidanza, siede su una sedia bianca di plastica nella tenda…

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Sogno americano

Tra il 2007 e il marzo 2013, 146’848 iracheni hanno fatto una richiesta all’UNHCR per essere reinsediati nella regione mediorientale o in Turchia. Tra il 2007 e il 2012, gli Stati Uniti, il principale paese ad attuare questi programmi, hanno accettato oltre 61’000 iracheni.

La famiglia di Leyla ha iniziato la complicata procedura di reinsediamento nel 2007, al momento in cui vivevano in Siria. A causa del caos in cui è sprofondato il paese, l’anno scorso ha però dovuto ricominciare da capo. Ora sta impazientemente aspettando di essere convocata all’ambasciata statunitense.

Anche se per gli iracheni le probabilità di essere accettati nel programma sono maggiori rispetto ad altri rifugiati, l’analogia con una vincita al lotto non è così fuori luogo. Il reinsediamento non è infatti un diritto e gli Stati non hanno l’obbligo di accettare questo tipo di persone.

Quando l’integrazione locale non è possibile e un rimpatrio volontario non è fattibile nell’immediato futuro, il reinsediamento appare come l’unica soluzione duratura, in particolare per i rifugiati di lunga data.

I rifugiati vulnerabili devono tuttavia soddisfare criteri severi e il numero complessivo di posti disponibili è di circa 80’000 all’anno.

Nel quadro di un partenariato, l’UNHCR negozia annualmente delle quote con i paesi (Stati Uniti, Canada, Australia e paesi nordici forniscono circa il 90% dei posti). C’è però poca flessibilità per aumentare i contingenti e gli Stati che accettano i casi di emergenza sono pochi.

Il reinsediamento nel quadro dell’UNHCR prevede la selezione e il trasferimento di rifugiati da uno Stato in cui hanno cercato protezione a uno che ha accettato di accoglierli come rifugiati e di concedere loro uno statuto di residenza permanente.

Soltanto circa l’1% dei 10,5 milioni di rifugiati che rientrano nella competenza dell’UNHCR in tutto il mondo viene individuato dall’agenzia come possibile beneficiario di un reinsediamento.

Tra i severi criteri di selezione si possono citare: necessità di protezione fisica e/o legale; sopravvissuti a torture e/o violenze; bisogni medici; donne e ragazze a rischio; ricongiungimento familiare; bambini a rischio; mancanza di prevedibili alternative durature.

L’UNHCR stima che nel 2013 saranno circa 181’000 i rifugiati che necessiteranno di un reinsediamento. Attualmente, il numero di posti previsto è di 81’000.

I principali beneficiari dei programmi facilitati di reinsediamento dell’UNHCR nel 2011 sono stati i rifugiati dal Myanmar (21’300), dall’Iraq (20’000), dalla Somalia (15’700) e dal Bhutan (13’000).

Soltanto 25 Stati partecipano in modo regolare ai programmi dell’UNHCR. Tra i paesi più attivi in questo senso ci sono gli Stati Uniti, l’Australia, il Canada e i paesi nordici.

Negli ultimi anni si è osservato, in Europa e in America Latina, un aumento del numero di paesi coinvolti nel reinsediamento.

Rifugio in Svizzera

La Svizzera partecipa ai programmi di reinsediamento dell’UNHCR dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Nel 1998 ha però abbandonato la sua politica dei contingenti e dal 2005 ha accolto soltanto una manciata di rifugiati vulnerabili su richiesta dell’ONU. La ministra di giustizia Simonetta Sommaruga può decidere autonomamente l’accoglienza di gruppi fino a cento persone. Spetta invece al governo pronunciarsi su gruppi più numerosi.

Nel marzo 2013, la Confederazione ha offerto una protezione speciale a sette famiglie, sei provenienti dall’Iraq e una dalla Palestina. Tra queste vi sono dieci donne e 14 bambini fuggiti dalle violenze in Iraq per cercare rifugio in Siria. Un numero simile di famiglie siriane è stato accolto in Svizzera nel settembre 2012.

Dall’inizio del 2011, 401 siriani hanno presentato una richiesta di asilo in Svizzera. Le domande accolte sono state 342, mentre le altre persone hanno avuto il permesso di restare temporaneamente dato che non possono essere rinviate nel loro paese.

Secondo l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR), i recenti reinsediamenti in Svizzera non corrispondono tuttavia alla la retorica umanitaria del paese. «Durante le guerre dei Balcani negli anni Novanta, la Svizzera ha offerto protezione temporanea a circa 100’000 bosniaci e kosovari. Non chiedo di accogliere 100’000 siriani, ma potremmo comunque fare molto di più», si rammarica Beat Meiner, segretario generale dell’OSAR.

Mani legate?

L’organizzazione ha ripetutamente chiesto al governo di reintrodurre la politica di accettare grandi contingenti di rifugiati, invano. Ha inoltre incitato il Consiglio federale a semplificare la procedura di visto per i rifugiati siriani vulnerabili che hanno famigliari in Svizzera.

La ministra di giustizia Simonetta Sommaruga, esponente del Partito socialista, fa però fatica a convincere colleghi di governo e parlamentari ad accogliere un numero supplementare di rifugiati, dato l’attuale clima difficile dell’asilo in Svizzera, riconosce Beat Meiner.

«Attualmente deve far fronte a numerosi problemi di alloggio e sta proponendo un nuovo sistema per l’asilo in Svizzera. Non vuole dunque aprire un nuovo fronte con un aumento degli arrivi», aggiunge.

Johannes Van Der Klaaw, coordinatore dei programmi di reinserimento dell’UNHCR, difende la posizione elvetica. «La Svizzera sta lavorando su una base ad hoc, ma ha dimostrato flessibilità e sostegno nei confronti delle proposte dell’UNHCR di accettare gruppi di rifugiati in vista di un reinsediamento, soprattutto dal Medio Oriente. Simonetta Sommaruga ha espresso il desiderio di adottare un regolare programma di reinsediamento. L’UNHCR appoggia pienamente questo approccio, visto che consentirà di accrescere la prevedibilità e la sostenibilità».

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Sospesi nel deserto della Giordania

Questo contenuto è stato pubblicato al Il fotografo svizzero Olivier Vogelsang ha visitato il campo profughi di Zaatari nell’aprile 2013, dove ha documentato il lavoro svolto dall’Agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNHCR) e dalle organizzazioni non governative Terre des Hommes e Caritas per aiutare bambini e famiglie. Il campo si trova 70 chilometri a nord di Ammann, a 30 chilometri dal…

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Può soltanto peggiorare

Nel frattempo, la situazione in Siria e nei paesi che devono far fronte ai rifugiati sembra peggiorare di giorno in giorno. L’UNHCR, sopraffatto e senza fondi a sufficienza, stima che il numero di rifugiati in fuga dalla Siria potrebbe salire a 3,5 milioni entro la fine dell’anno.

Il reinsediamento su larga scala di rifugiati siriani «non è una priorità», indica l’agenzia dell’ONU, impegnata a fronteggiare le crisi umanitarie immediate e a reinsediare piccoli gruppi di rifugiati non siriani (per lo più iracheni, palestinesi, somali, afgani e sudanesi).

Sulla base delle esperienze passate relative a crisi dei rifugiati, come in Iraq o in Etiopia, e dati l’elevato numero di persone, i movimenti della popolazione e le ragioni settarie, ci sarà inevitabilmente bisogno – a meno di sconvolgimenti – di un programma di reinsediamento su larga scala, riconosce l’UNHCR.

Il potenziale e i possibili paesi ospitanti sono ora difficili da prevedere, osserva William Lipsit, a capo dei programmi di reinsediamento dell’UNHCR in Medio Oriente e nel Nord Africa.

«Sono ad ogni modo sicuro che se e quando l’UNHCR lancerà un appello, gli Stati si faranno avanti aderendo a un piano di reinsediamento multilaterale, che prevede una condivisione delle responsabilità con i paesi ospitanti quali la Giordania, il Libano o la Turchia».

*nome modificato

Perché la Svizzera non fa di più per accogliere rifugiati dalla Siria? Nella sua risposta scritta, l’Ufficio federale della migrazione indica che:

«Dall’inizio della crisi siriana, la Svizzera ha ricevuto due richieste dall’UNHCR per l’accoglienza di gruppi di rifugiati dalla Siria. In entrambi i casi la risposta [elvetica] è stata positiva e dallo scorso autunno sono state accolte 73 persone, inclusi 39 bambini».

«Nel quadro dei suoi obiettivi 2013, il governo svizzero ha approvato una strategia globale per il reinsediamento dei rifugiati. Questa consiste in una politica rafforzata su più anni per accogliere gruppi di rifugiati in Svizzera in modo mirato e strutturato che garantisce, assieme a cantoni e comuni, la loro rapida integrazione. Al momento non ci sono cifre disponibili. La stretta collaborazione con l’UNHCR è essenziale per selezionare i rifugiati da accogliere».

«Il sostegno elvetico nella regione in conflitto è pure una priorità. La Svizzera contribuisce all’UNHCR con 34 milioni di franchi all’anno e s’impegna a fornire 30 milioni in aiuti umanitari».

«I richiedenti l’asilo hanno la possibilità di ottenere un visto umanitario di tre mesi. Le persone la cui integrità fisica o vita sono in pericolo hanno quindi sempre la possibilità di venire in Svizzera e di presentare una domanda di asilo. Le autorità svizzere devono però essere convinte del fatto che il richiedente sia in serio pericolo. Soltanto coloro che sono confrontati a un pericolo imminente possono ottenere un visto umanitario, il quale viene concesso dalle rappresentanze svizzere all’estero. Dall’introduzione della nuova legislazione nel settembre 2012, sono stati concessi sei visti umanitari. I siriani ne hanno ricevuti quattro. Per i rifugiati siriani in Svizzera è inoltre possibile il ricongiungimento familiare per i mariti/mogli e per i figli».

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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