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Truffe crediti Covid, oltre 50 inchieste aperte in Ticino

banconote da mille franchi
Gli incarti aperti in Ticino riguardano una cinquantina di casi per una somma complessiva di circa 10 milioni di franchi. © Keystone / Gaetan Bally

Le crisi sono un terreno fertile per la criminalità e così è anche per quella in corso, stando a un primo bilancio stilato dalle autorità giudiziarie ticinesi.

Un sistema semplice, con pochissime formalità burocratiche, che permetteva di ottenere crediti a tasso zero fino a mezzo milione di franchi garantiti dalla Confederazione in un lasso di tempo molto rapido: era questo l’obiettivo della misura attuata tra il 26 marzo e il 31 luglio a sostegno delle piccole e medie imprese svizzere colpite dalla crisi.

In linea generale il sistema sembra aver funzionato. Alcuni hanno però cercato di fare i furbi, approfittando della situazione “per commettere illeciti sia in fase di ottenimento sia in fase di utilizzo dei crediti”, hanno indicato lunedì in una conferenza stampa il Ministero pubblico e la Polizia cantonale ticinese. Le inchieste aperte in Ticino sono una cinquantina. A livello svizzero, un po’ meno di mille su un totale di oltre 137’000 crediti Covid concessi, stando ai dati aggiornati pubblicati dalle autorità federaliCollegamento esterno.

Circa 10 milioni di franchi in gioco

Gli oltre 50 incarti aperti in Ticino riguardano crediti per circa 10 milioni di franchi. Più di 90 le persone indagate, di cui 13 in detenzione preventiva.

A questi illeciti vanno poi ad aggiungersi una trentina di segnalazioni per possibili abusi nell’ambito delle indennità per il lavoro ridotto. Alcune di queste, “hanno già condotto a importanti operazioni svolte dalla Polizia cantonale in collaborazione con gli uffici federali e cantonali competenti”.

“La criminalità economico finanziaria è passata da uno scenario territoriale a quello virtuale e ha sfruttato, come già accaduto in passato, un momento di crisi per agire”, ha indicato il capo della Polizia giudiziaria Thomas Ferrari, citato dal portale Ticinonline.

A lungo andare – gli ha fatto eco il sostituto procuratore generale Andrea Maria Balerna – questo tipo di criminalità “danneggia l’intero tessuto della società; è come un cancro”.

Un cancro che però troppo spesso “non è ancora riconosciuto dall’opinione pubblica il suo effettivo grado di pericolosità sociale, dal momento che [la criminalità economica] non va ancora ad intaccare in maniera significativa il buon livello di sicurezza percepito e non compromette ancora la capacità dello Stato di erogare servizi e prestazioni di qualità”, si legge nel comunicato.

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tvsvizzera.it/mar con RSI (Il Quotidiano del 12.4.2021)

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