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Sviluppi sulle infiltrazioni ‘ndranghetiste in Svizzera

Una pattuglia della guardia di finanza.
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Una nuova conferma delle infiltrazioni della 'ndrangheta in Svizzera sta emergendo dalle ultime indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia (DDA) di Catanzaro.

Nell’inchiesta denominata “Imponimento” conclusasi negli scorsi giorni figurano cinque persone residenti nella Confederazione e una di queste è un dipendente di un comune luganese di cui avevano riferito le cronache la scorsa estate.

Gli accertamenti degli inquirenti calabresi, supportati dal Ministero pubblico della Confederazione, si sono concentrati sulle ramificazioni della cosca Anello, originaria di Filadelfia, in provincia di Vibo Valentia, e sono all’origine della maxioperazione scattata il 21 luglio contemporaneamente nei due paesi nel corso della quale sono finiti in manette oltre settanta indagati.

Ramificazioni in Ticino

Sul versante elvetico le attenzioni sono focalizzate sul 59enne, operaio alle dipendenze di un comune ticinese, amico del capobastone Rocco Anello, che risulta indagato per traffico di armi e droga tra Svizzera e Italia e riciclaggio di denaro. Nella perquisizione effettuata il 21 luglio nella sua abitazione gli agenti della polizia federale rinvenirono, come ha riferito il Corriere del Ticino, un fucile Anschutz modello 1415-1416 calibro 22, una pistola Ruger 357 con proiettili nel cilindro, munizioni per pistola e un silenziatore per fucile.

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Lui e il fratello residente nel Canton Argovia erano uomini di assoluta fiducia di Rocco Anello, attualmente in carcere nell’ambito dell’inchiesta “Via col vento” per irregolarità emerse in Italia nel settore eolico. Coetaneo dell’indagato in Ticino, il capo della ‘ndrina di Filadelfia è stato condannato a pene detentive per associazione di stampo mafioso nel 2004 e nel estorsione nel 2008.

Da parte sua l’operaio comunale, tuttora a piede libero, rigetta le accuse anche se non rinnega l’amicizia con il boss ‘ndranghetista. “Siamo cresciuti assieme, lo vedo quando vado giù (in Calabria, ndr), facciamo qualche cena o qualche pranzo assieme ed è finita li. Il fatto che sia indagato non mi riguarda”, si difende il 59enne. E sul terreno acquistato nel paese d’origine, per il quale i magistrati sospettano che abbia fatto da prestanome, l’uomo asserisce che è un vecchio investimento immobiliare di poco valore. Tutti aspetti su cui il processo dovrà fare luce.

La verità del broker-killer

Intanto però conferme della presenza non occasionale delle organizzazioni mafiose nella Confederazione sono giunte anche dalle dichiarazioni di un pentito molto conosciuto in Svizzera, Gennaro Pulice, che al processo Rinascita-Scott in corso a Vibo Valentia ha riferito dell’attività della cosca rivale di Lamezia Terme e dei rapporti tra i due clan. Una figura emblematica quella di Gennaro Pulice, sicario della ‘ndrangheta – si è autoaccusato dell’omicidio di sei persone in giovane età – e insospettabile consulente finanziario a Lugano, che dopo il suo arresto nel 2015 in Piemonte è diventato un collaboratore di giustizia.

Collegato in videoconferenza con l’aula del tribunale che vede imputate 325 persone – delle quali alcune arrestate in Svizzera – il killer calabrese ha affermato negli scorsi giorni di aver studiato e di essersi laureato in giurisprudenza per volere espresso del capo della cosca Canizzaro-Da Ponte, che ha progettato il salto di qualità nel mondo della finanza dove dovevano essere investiti gli ingenti proventi criminali.  “Questo salto di qualità mi ha spinto sino a Lugano, dove ho aperto uno studio di consulenza legale e finanziaria, oltre ad aprire società dedite al riciclaggio, ma anche per altri soggetti non legati alla ‘ndrangheta”, ha spiegato Gennaro Pulice.

In Ticino, il consulente-killer ha sostenuto di aver riciclato oltre 50 milioni di franchi, di cui una parte consistente in favore del clan di riferimento. Gennaro Pulice ha aggiunto di aver ricevuto l’ordine di eliminare Andrea Mantella, un membro della famiglia rivale che operava anch’egli tra le frontiere, che proprio sulle sue rivelazioni si basa il filone d’inchiesta svizzero dell’indagine Imponimento.

Svizzera retrovia logistica e finanziaria

Del resto è noto che la Svizzera sia stata utilizzata fin dagli anni ’70 dalle organizzazioni mafiose come base logistica e luogo dove investire ingenti capitali in attività lecite, soprattutto edilizia e ristorazione. Una strategia resa però ora più difficile dall’adozione di norme specifiche nell’ordinamento giuridico elvetico, con la previsione dei reati di riciclaggio e organizzazione criminale prima inesistenti.

Ma a preoccupare sono gli episodi – per il momento ancora isolati e circoscritti all’interno della comunità di origine di queste organizzazioni – di estorsione, un fenomeno sconosciuto finora in Svizzera.

Sull’operazione del 21 luglio 2020 effettuata in Ticino nell’ambito dell’inchiesta Imponimento l’approfondimento del Quotidiano della RSI.

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