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La Svizzera può sopportare 8 milioni di persone?

La popolazione svizzera è passata dai 7,2 milioni nel 2000 agli 8 nel 2012. Keystone

La popolazione elvetica si appresta a superare la soglia degli otto milioni ed è destinata a crescere fortemente anche nei prossimi anni. Per il piccolo e popoloso paese alpino non è però facile tener il passo con questo boom demografico.

Nell’ultimo decennio gli abitanti della Svizzera sono rapidamente passati da 7,2 a 8 milioni. La crescita della popolazione è stata causata soprattutto dai numerosi lavoratori qualificati europei, che si sono trasferiti principalmente nella regione del Lago Lemano e di Zurigo.

Un’immigrazione favorita dalla graduale apertura del mercato del lavoro svizzero ai cittadini dell’Unione europea (Ue), nel quadro degli Accordi bilaterali in vigore dal 2002.

Per illustrare le conseguenze di questa crescita e le sfide future, abbiamo discusso con Daniel Müller-Jentsch, economista ed esperto di migrazioni presso il laboratorio d’idee liberale Avenir Suisse.

Quali sono le principali sfide che dovrà sostenere la Svizzera per far fronte alla crescita demografica?

Daniel Müller-Jentsch: A favorire l’immigrazione è il mercato del lavoro, che necessita di manodopera qualificata. La forza lavoro in Svizzera è cresciuta del 10% negli ultimi dieci anni e quindi l’immigrazione dall’Ue può essere considerata la principale spinta del boom economico degli anni 2000.

Oggigiorno si notano tuttavia alcune conseguenze negative, legate alla velocità della crescita demografica e ai suoi effetti accumulati negli anni. Il traffico, stradale o ferroviario, è sempre più congestionato e sta oramai raggiungendo i suoi limiti. Sull’Altopiano, dove vivono i due terzi della popolazione, l’espansione urbana incontrollata è diventata un problema sentito.

Negli ultimi cinque-dieci anni i prezzi dell’immobiliare sono saliti alle stelle, in particolare in alcuni luoghi ambiti sul Lago Lemano, nella regione di Zurigo oppure nei cantoni fiscalmente attrattivi come Svitto e Zugo. In alcune località turistiche i prezzi sono letteralmente esplosi.

La Svizzera sta comunque investendo nel settore dei trasporti, soprattutto nella ferrovia…

D. M.-J.: L’investimento pro capite nella ferrovia è circa dieci volte quello della Germania. La Svizzera amplia e migliora costantemente il suo sistema di trasporti. Ciononostante non riesce a soddisfare la domanda.

Nel settore dei trasporti pubblici e della ferrovia, i viaggiatori pagano soltanto il 40% dei costi totali. L’alto livello di sovvenzioni aumenta quindi artificialmente la domanda. Le riforme necessarie, come ad esempio un incremento dei prezzi, non sono però sostenute dalla maggior parte del mondo politico. Il risultato è che il sistema dei trasporti ha raggiunto i suoi limiti.

Lei sostiene che c’è una carenza di alloggi. Quando si viaggia in Svizzera, tuttavia, si notano gru e cantieri ovunque…

D. M.-J.: In effetti la Svizzera sta attraversando una fase di boom. Non è però sufficiente per tenere il passo con la crescita economica.

Una delle sfide sarà di aumentare la densità nei principali centri urbani. Sono diversi i progetti in atto, come ad esempio la riconversione delle aree industriali dismesse, il rinnovo degli alloggi e la revisione delle leggi edilizie per permettere una densità più elevata. Ma per questo ci vuole tempo.

L’espansione urbana incontrollata è stata a lungo un problema e negli ultimi anni la situazione è ulteriormente peggiorata. Cosa bisogna fare?

D. M.-J.: La più grande riforma della legge federale sulla pianificazione territoriale dagli anni Ottanta è in corso e quasi tutti sono convinti della sua necessità. La legge è stata accettata dal parlamento, anche se probabilmente si tenterà di affossarla con un referendum. Cantoni come il Vallese si oppongono infatti all’introduzione di norme più severe.

Per adeguarsi alla crescita demografica si adotterà una politica più restrittiva in materia di immigrazione?

D. M.-J.: La maggior parte della popolazione è consapevole degli effetti economici positivi legati alla recente immigrazione. C’è tuttavia un malumore crescente nei confronti delle conseguenze indesiderate, sempre più accentuate: ingorghi stradali, penuria di alloggi, aumento del costo della vita ed espansione urbana incontrollata.

Dato il sistema di democrazia diretta della Svizzera, non è da escludere che presto o tardi questo disagio si traduca in una votazione per una politica migratoria più restrittiva. Ma ciò sarebbe problematico.

I due terzi degli immigrati provengono dall’Ue e la Svizzera non ha alcun controllo unilaterale su tale flusso. Se Berna dovesse revocare l’accordo sulla libera circolazione delle persone, l’intero sistema di accordi bilaterali con Bruxelles rischierebbe di cadere. Un accesso al mercato più limitato potrebbe avere enormi conseguenze economiche.

Dobbiamo dunque attenderci una reazione decisa da parte del popolo?

D. M.-J.: In ogni paese confrontato a un’immigrazione di tali livelli, in termini di velocità e di dimensione, una reazione è possibile. È normale. L’immigrazione netta di 70’000 persone all’anno in Svizzera equivale, nel caso della Francia, a 600’000 persone [l’immigrazione annuale in Francia è di circa 200’000 persone, ndr]. E questo su un periodo prolungato.

Sono tutto sommato sorpreso di quanto la Svizzera tolleri l’immigrazione. Ciò è in parte dovuto alla sua lunga storia migratoria e al fatto che la popolazione migrante è estremamente eterogenea. La maggior parte dei nuovi immigrati viene in Svizzera per lavorare, è molto qualificata e parla una delle tre lingue nazionali quale lingua madre. Questo facilita l’integrazione, anche se ci sono alcuni limiti.

L’Ufficio federale di statistica prevede una popolazione residente compresa tra i 9 e gli 11,3 milioni entro il 2060. Lei cosa ne pensa?

D. M.-J.: Le previsioni dell’ufficio sono spesso state sottostimate. Credo che lo scenario a 11,3 milioni sia più realistico. Secondo me la popolazione sarà sui nove milioni nel 2030. Bisogna però essere prudenti prima di fare previsioni più a lungo termine.

Ritengo che la crescita demografica continuerà ai ritmi attuali ancora per un po’. La Svizzera offre da molto tempo buone possibilità di lavoro, la richiesta di manodopera è relativamente forte e l’economia elvetica ha resistito sorprendentemente bene alla crisi finanziaria ed economica.

Quello che potrebbe cambiare è la provenienza dell’immigrazione. In passato ci sono stati soprattutto tedeschi, francese e italiani, geograficamente e linguisticamente vicini alla Svizzera. L’economia tedesca è però in ottima salute e negli ultimi cinque anni il numero di disoccupati è fortemente calato (da cinque a meno di due milioni di persone). Le regioni limitrofe, quali la Baviera o il Baden Württemberg, offrono molte possibilità di lavoro e quindi uno dei principali bacini di lavoratori migranti si sta lentamente prosciugando.

Questo fenomeno non è ancora confermato dalle statistiche. Ma è possibile che in futuro si attingerà non più dalla Germania, bensì da altri paesi europei con un alto tasso di disoccupazione.

A fine marzo 2012 le persone a vivere in Svizzera erano 7’971’300 (l’1,3% in più rispetto a fine 2010).

Il numero di nuovi immigrati in Svizzera si è attestato a 103’363 nel 2008 (il valore più alto dal 1961), prima di calare leggermente.

Circa il 23% della popolazione è di origine straniera (1’828’400 persone). I nuovi immigrati provengono soprattutto da Germania (+12,6%), Portogallo (+11,1%), Kosovo (+8,9%), Francia (+4,4%) ed Eritrea (+2,6%).

Due terzi dei nuovi immigrati dal 2002 rientrano nella classe d’età 20-39 anni; il 53% possiede un diploma universitario.

Il tasso di fertilità in Svizzera è dell’1,54 (fine 2010).

La densità sull’Altopiano elvetico è di 400 abitanti per km2, un valore simile a quello dell’Olanda.

Il 75% della popolazione svizzera vive in zone urbane.

Philippe Wanner, Università di Ginevra: La Svizzera è un paese ricco e quindi non deve preoccuparsi per la crescita della sua popolazione.

La crescita demografica dovuta all’immigrazione suscita tuttavia un certo malumore. La componente nazionalista è molto presente e rappresenta un rischio per la coesione sociale.

Martin Schuler, Politecnico federale di Losanna: La sfida principale è legata alle infrastrutture. Indipendentemente dalla crescita demografica, abbiamo raggiunto un punto tale che è necessario procedere a grossi investimenti.

Lo sviluppo delle località periferiche è dovuto soprattutto a residenti svizzeri ed è una conseguenza dell’espansione delle città.

Come negli anni Sessanta, ci troviamo oggi in una fase dove la questione demografica è associata a quella ambientale. Il risultato è alcuni chiedono di porre un freno all’immigrazione.

La Svizzera beneficia del fatto che la maggior parte dell’immigrazione attuale è composta da persone giovani, altamente qualificate e i cui costi di formazione non sono stati a carico della Svizzera.

Rispetto a 30-40 anni, ci sono meno reazioni politiche per contrastare gli squilibri regionali.

Il problema dell’invecchiamento si accentuerà nel 2030, quando il numero di pensionati supererà quello delle persone attive e più anziani necessiteranno di un’assistenza medica.

Michel Oris, Università di Ginevra: Negli anni Cinquanta c’è stata una forte immigrazione, soprattutto di italiani che hanno svolto lavori che gli svizzeri non volevano fare. Nel corso degli ultimi vent’anni ci sono state due principali categorie di immigrati: donne delle pulizie da Sri Lanka e Serbia da una parte, professori universitari e banchieri europei dall’altra.

Queste persone hanno contribuito a far diventare la Svizzera un paese leader nel campo dell’innovazione, favorendone la crescita demografica, economica e sociale.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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