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La pianificazione famigliare non è una soluzione miracolo

Reuters

Un'iniziativa popolare vuole lottare contro la sovrappopolazione sia in Svizzera che su scala mondiale. Propone in particolare di destinare il 10% del budget della cooperazione a programmi di pianificazione famigliare nei paesi poveri. Una proposta semplicistica, secondo gli esperti.

La continua crescita della popolazione mondiale, i cambiamenti climatici e la rarefazione delle risorse naturali rianimano i discorsi che invocano la sovrappopolazione di un pianeta abitato da 7 miliardi di esseri umani oggi e da 9 miliardi nel 2050, secondo le ultime proiezioni dei demografi. E questo anche se alcuni di loro, come Sarah Harper – professore di gerontologia all’Università di Oxford – pronosticano un assestamento della popolazione mondiale nel 2050.

Questo scenario non impedisce, in Europa e negli Stati Uniti, ad associazioni di difesa della natura di raccomandare la decrescita e la denatalità per disinnescare la bomba demografica che starebbe minacciando l’insieme delle specie viventi.

In Svizzera, un’iniziativa del comitato Ecologia e popolazione (Ecopop) materializza questi timori. Intitolato “Stop alla sovrappopolazione – si alla preservazione sostenibile delle risorse naturali”, il testo vuole frenare la crescita della popolazione svizzera limitando drasticamente l’immigrazione e l’aumento della popolazione mondiale destinando il 10% del budget della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ai programmi di pianificazione famigliare.

Nel 1994, alla Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo 179 paesi hanno affermato il diritto degli individui alla pianificazione famigliare.

Secondo i firmatari del piano d’azione della conferenza, i programmi di pianificazione famigliare hanno l’obiettivo di permettere alle coppie e agli individui di decidere liberamente e con discernimento il numero dei figli e l’intervallo tra di loro, disponendo delle informazioni e dei mezzi necessari.

A livello mondiale, il tasso di natalità continua a decrescere lentamente, ma sussistono grandi differenze tra le regioni ricche e quelle povere.

La povertà, la disuguaglianza tra i sessi e le pressioni sociali sono i fattori che contribuiscono alla persistenza di tassi di fecondità elevati.

Queste disparità sono particolarmente forti nell’Africa sub-sahariana, dove le donne hanno in media il triplo dei figli rispetto alle regioni sviluppate (5,1 nascite per donna contro 1,7).

Oggigiorno, la maggior parte delle donne dell’Africa sub-sahariana vogliono avere meno bambini. Le differenze nei tassi di fecondità rivelano sempre più l’accesso limitato e disuguale ai mezzi per prevenire le gravidanze indesiderate.

Questa è la situazione in quasi tutti i paesi sottosviluppati. La mancanza di accesso alla pianificazione famigliare volontaria costituisce un freno importante al calo della fecondità.

Fonte: UNFPA

Confronti inadeguati

L’iniziativa stabilisce dunque un legame tra l’ipotetica sovrappopolazione della Svizzera e quella che colpirebbe il pianeta. «La pianificazione famigliare volontaria nei paesi in via di sviluppo  facilita la loro evoluzione sanitaria, economica e sociale e risparmia la natura. Limitare l’immigrazione in Svizzera permette di conservare terre agricole e di lasciare più spazio alla natura e all’uomo», si legge nel documento sviluppato dai promotori dell’iniziativa.

Le principali ONG svizzere attive nella cooperazione allo sviluppo (raggruppate nell’organizzazione Alliance Sud) criticano l’incoerenza del testo. «L’iniziativa Ecopop riduce i problemi ecologici globali alla crescita demografica secondo lo slogan: più esseri umani esistono, più le risorse non rinnovabili sono messe sotto pressione. Ma in questo modo tralascia le enormi differenze in termini di consumo delle risorse», scrive Peter Niggli in un comunicato.

E il direttore di Alliance Sud sottolinea: «Se portassimo all’estremo le rivendicazioni dell’iniziativa Ecopop, dovremmo limitare radicalmente la popolazione nei paesi ricchi e le élite economiche nei paesi poveri. Perché non è il numero di persone che determina la pressione sull’ambiente, bensì l’utilizzo da parte loro delle risorse naturali».

Economista all’Istituto degli alti studi internazionali e dello sviluppo (IHEID) di Ginevra, Jean-Louis Arcand rincara la dose: «Quest’iniziativa si basa su confronti inadeguati. Mette sullo stesso piano delle questioni che concernono i paesi ricchi e altre che toccano i paesi poveri».

«In Svizzera in particolare, l’invecchiamento della popolazione pone il problema delle pensioni. Chi le pagherà, se non gli immigrati?», si chiede il ricercatore.

Ma su questo punto, che nasce dallo squilibrio nella piramide delle età, Alec Gagneux, del comitato dell’iniziativa, non fa una piega. «È un problema da ricchi. L’invecchiamento della popolazione svizzera non mi fa paura. La Svizzera è abbastanza ricca per risolvere questo problema».

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La pianificazione famigliare: si, ma…

Il sostegno ai programmi di pianificazione famigliare raccomandata da Ecopop non solleva in sé forti critiche, anche se alcuni ambienti politico-religiosi vi sono da lungo tempo opposti, al Nord come al Sud.

Nel suo rapporto del 2012, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) sottolinea la pertinenza di tali programmi. «Statistiche recenti mostrano che nei paesi in via di sviluppo, 867 milioni di donne in età da procreazione hanno bisogno di metodi contraccettivi moderni e che solo 645 milioni di loro ne hanno accesso», scrive Babatunde Osotimehin, mettendo così in evidenza i 222 milioni di donne prive di contraccezione.

Il direttore esecutivo del UNFPA prosegue: «La pianificazione famigliare è uno strumento centrale negli sforzi volti a migliorare la salute della madre e del bambino, a promuovere la parità tra i sessi e l’accesso ad un’educazione di qualità, nonché a permettere ai giovani di partecipare pienamente all’attività economica e alla vita della loro comunità e a ridurre la povertà. Deve dunque essere  integrata in tutte le iniziative di sviluppo presenti e future».

Questi propositi non possono che far piacere ad Alec Gagneux e rassicurarlo sulla necessità  dell’iniziativa.

Un’opzione che la parlamentare Yvonne Gilli, critica nei confronti dell’iniziativa, tiene comunque a stemperare. «Di principio, questa rivendicazione è corretta. Occorrerebbe circa il 10% dell’aiuto allo sviluppo per sostenere la pianificazione famigliare. Ma questo sostegno fa già parte della cooperazione allo sviluppo. Dev’essere valutato tenendo conto di tutta la gamma di programmi di cooperazione. Ecco perché è inadeguato fissare questo valore assoluto del 10%. Ad esempio, in un dato paese, la competenza della Svizzera sarà assicurare un approvvigionamento sicuro all’acqua potabile, o sostenere l’accesso all’educazione secondaria per le ragazze. Tali misure possono essere molto efficaci. Ma non corrispondono alle proposte dell’iniziativa».

Educare le ragazze

Jean-Luc Arcand è d’accordo. «Il mezzo più efficace per ridurre i tassi di fecondità nei paesi poveri è l’educazione delle ragazze, ciò che gli anglosassoni chiamano “female empowerment”. Procurare mezzi contraccettivi ad una ragazza analfabeta non permette di fare grandi progressi».

E l’economista ricorda gli inconvenienti di azioni incentrate solamente sulla natalità: «Mancano più di 100 milioni di donne nel mondo rispetto alla normale proporzione della popolazione tra uomini e donne. Un deficit pericoloso, che è il risultato dei programmi autoritari di limitazione delle nascite in Cina e in India».

Traduzione dal francese di Francesca Motta

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