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L’anno che ha tolto il velo sulla povertà in Svizzera

Persone in coda lungo transenne fuori da quello che appare come un palazzetto dello sport
Ginevra. Persone in coda per ricevere una confezione gratuita di generi di prima necessità. Keystone / Martial Trezzini

La pandemia di coronavirus ha aggravato la povertà in Svizzera e messo in luce con quanta rapidità ci si possa ritrovare in difficoltà finanziarie nel nostro Paese. Se prima dell'emergenza si contavano 660'000 persone sotto la soglia dell'indigenza -dati 2018 dell'Ufficio federale di statistica- oggi altre 500'000 si trovano a rischio. È quanto indica Caritas Svizzera, la quale più volte ha lanciato l'allarme su una situazione che anche altre organizzazioni appurano sul campo.

“Sono aumentate soprattutto le richieste di aiuto finanziario diretto, quindi pagamento di fatture in sospeso, e di buoni per la spesa”, conferma fra Martino Dotta, direttore della Fondazione FrancescoCollegamento esterno per l’aiuto sociale. Notevole, nelle prime settimane di pandemia, anche la richiesta di pasti da asporto gratuiti offerti al centro sociale Bethlehem di Lugano e nel centro di prima accoglienza casa Martini a Locarno: “nei mesi di aprile e maggio abbiamo raggiunto dei picchi di un centinaio di porzioni al giorno”.

“Per quanto riguarda gli aiuti finanziari, l’aumento è stato di almeno il 30% rispetto agli anni scorsi”, precisa fra Martino. Attivo da anni nell’aiuto ai bisognosi nella Svizzera italiana, vede bussare alla porta della Fondazione nuove categorie di persone. “Soprattutto persone con un’attività in proprio -ad esempio estetisti e parrucchieri, in particolare in primavera quando tutte le attività sono state sospese- ma anche dipendenti che hanno un’attività a basso reddito, così che una riduzione dello stipendio del 20% dovuta alle indennità per lavoro ridottoCollegamento esterno o di disoccupazione li mette in difficoltà”. Particolarmente vulnerabile il personale della ristorazione e dei servizi, come le ditte di pulizia.

Sempre più giovani

Tavolino magico, un’associazione che salva dal macero tonnellate di cibo perfettamente commestibile e le distribuisce ogni settimana a 20’000 persone bisognose in Svizzera, ha registrato un aumento del 15% di utenti nel solo centro di distribuzione di Lugano-Viganello (uno dei 13 della Svizzera italiana). “Ci sono famiglie numerose, working poor, madri sole con figli a carico che magari lavorano ma non ce la fanno ad arrivare a fine mese e vediamo sempre più giovani”, rivela la portavoce Simonetta Caratti alla RSI.

Donna con grembiule rosso ripone un porro nel sacchetto di stoffa di un anziana signora; non si vedono i volti
Tavolino Magico -del quale fra Martino Dotta è stato coordinatore nella Svizzera italiana fino al 2016- ha sviluppato una logistica specializzata nel recupero di cibo di grande valore e non ancora giunto a scadenza che rischia di finire al macero. Fabio Baranzini | Baranzini Fotografie Und Texte Gmbh | Www.baranzini.ch

Anche il centro di prima accoglienza Casa Astra a Mendrisio riceve richieste di ospitalità da persone più giovani del solito. “Abbiamo riscontrato un aumento delle persone di età tra i 18 e i 25 anni”, conferma l’operatore Marco D’Erchie alla RSI. Un crescente disagio del quale però si devono ancora appurare le ragioni: il Centro effettuerà un’analisi insieme ad altri enti attivi sul territorio. Casa Astra non osserva invece alcun picco dovuto alla pandemia.

Rischio isolamento

L’anno scorso, con l’impegno di 300 volontari, Tavolino Magico ha rifornito nella Svizzera italiana una media di 1’800 persone a settimana. Quest’anno, verosimilmente, saranno di più, ma è venuta a mancare la funzione aggregativa: le misure sanitarie non consentono più agli utenti di trattenersi nei centri di distribuzione per due chiacchiere e scambiarsi magari qualche dritta per superare difficoltà di varia natura.

La pandemia è stata un duro colpo anche per Casa Martini, centro d’accoglienza inaugurato a febbraio, e che a marzo ha già dovuto affrontare la prima chiusura. “Poi abbiamo riaperto gradatamente con la distribuzione dei pasti”, spiega fra Martino, “però è chiaro che un centro di prima accoglienza sociale punta in primo luogo sulla possibilità di incontrarsi attorno al tavolo. Il servizio del pasto diventa un momento di aggregazione. Il non poter accogliere per diverso tempo gli ospiti all’interno della struttura ha avuto ovviamente delle incidenze, sul piano organizzativo ma soprattutto anche sul benessere delle persone che avevano iniziato a frequentare casa Martini”.

È il caso di tante persone meno giovani, che si sono trovate in difficoltà non tanto sul piano finanziario, ma più per quanto riguarda le relazioni sociali. “Questo è un altro aspetto della precarietà che ha fatto emergere la pandemia. L’isolamento delle persone per motivi sanitari ha portato spesso anche a un disagio sul piano relazionale, emotivo e psichico”, osserva fra Martino.

Locale con murales colorati e illuminazione design con tavoli da pranzo bianchi.
La mensa di Casa Martini potrebbe accogliere fino a 60 persone, ma non ci sarà alcun pranzo di Natale. Fino a metà gennaio i pasti caldi sono serviti solo da asporto e le attività ricreative sono tutte sospese fino a nuovo avviso. RSI-SWI

Maggiore solidarietà

Le lunghe code per la distribuzione di generi alimentari a Ginevra e Zurigo hanno dato un volto alla povertà in Svizzera, scrive Caritas. È emerso che molte persone non riescono a mettere da parte dei risparmi e si trovano subito in difficoltà se il loro reddito diminuisce o viene a mancare. Divorzio, scarsa formazione, impossibilità di conciliare lavoro e famiglia oppure uno statuto migratorio incerto sono fattori che aumentano il rischio di cadere nell’indigenza.

La recente decisione del Parlamento di aumentare al 100% del salario l’indennità per lavoro ridotto dei redditi bassi dimostra però una presa di coscienza degli urgenti bisogni di coloro che vivono ai margini della società, rileva Caritas. Al contempo, la solidarietà dimostrata dalla popolazione attraverso le donazioni durante la crisi lascia ben sperare.

Fra Martino condivide. “Sì, nettamente. Al di là della campagna della Catena della solidarietà, che ha permesso di raccogliere più di 40 milioni di franchi per la Svizzera, sono stati parecchi anche gli enti, i privati, le ditte, gli istituti bancari e anche l’amministrazione cantonale che hanno attivato delle iniziative di solidarietà di cui abbiamo beneficiato anche noi, tramite contributi finanziari o in natura, e devo dire che questo preoccuparsi degli altri, in particolare di chi fa più fatica, è un aspetto positivo in una situazione drammatica”.

Povertà ed esclusione

Caritas Svizzera ha intitolato il suo Almanacco sociale 2021 ‘La povertà esclude’. La povertà non limita la partecipazione alla vita sociale solo per mancanza di denaro, scrive l’organizzazione umanitaria, ma anche perché nella Svizzera benestante è vista in molti casi come un fallimento personale, qualcosa di cui vergognarsi, e chi vi si trova tende a isolarsi.   

Su questo punto, fra Martino avverte invece un cambiamento. “La mia impressione è che la pandemia in qualche modo abbia tolto quel velo di vergogna che spesso accompagna le persone in difficoltà. Ha fatto emergere le problematiche sociali ed economiche e anche una risposta non di giudizio o di condanna, bensì di sostegno e solidarietà. È però un’onda che dobbiamo coltivare, non va avanti per inerzia, e quindi spero proprio che anche le festività natalizie diventino per tutti quanti uno stimolo alla riflessione e all’assunzione di maggiore responsabilità individuale ma anche collettiva”.

Uomo con berretto preleva da un cestino della spazzatura un alimento non completamente consumato.
RSI-SWI

Nel 2020, Caritas Svizzera ha lanciato la più grande operazione di soccorso della sua storia. Dall’inizio della pandemia, il numero di richieste d’aiuto è raddoppiato rispetto al 2019, ha rivelato il responsabile progetti Bruno Nertshy. L’aiuto complessivo fornito ammontava al 30 novembre a 12,2 milioni di franchi, di cui 9,7 raccolti attraverso la Catena della solidarietà; donazioni che hanno reso possibili azioni di soccorso per circa 100’000 persone (assistenza, buoni spesa, distribuzione di mascherine, aiuti finanziari diretti per 14’000 persone non più in grado di pagare l’affitto o l’assicurazione malattia).

Dalla retrospettiva annuale dell’Almanacco 2021 sugli sviluppi sociali ed economici in Svizzera, si evince che le principali vittime della pandemia sono le donne, i lavoratori su chiamata nonché i soggetti a basso reddito e con lavori a tempo parziale. Vi sono inoltre le persone con uno statuto di soggiorno incerto, che il più delle volte anche se si trovano in difficoltà non ricorrono all’assistenza sociale per paura di perdere il permesso, e i sans-papiers, che hanno perso il lavoro con una frequenza e una rapidità superiori alla media ma non hanno accesso agli aiuti statali.

Nonostante l’efficienza del sistema di sicurezza sociale in Svizzera, Caritas rileva insomma delle lacune e avanza delle richieste a Confederazioni e Cantoni per sostenere le categorie più a rischio, invitando a trarre insegnamenti da questa crisi per proteggere meglio le persone dalla povertà e dall’esclusione, affinché l’integrazione sociale non dipenda dal denaro.

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