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Aiuto allo sviluppo in transizione

Come restituire il denaro sporco in modo pulito?

mano che tiene un orologio di lusso
Orologio in oro bianco e diamanti appartenuto all'ex capo dei servici segreti peruviani Vladimiro Montesinos. È stato confiscato nel 2000 e messo all'asta nel 2014. Keystone / Martin Mejia

Per evitare che il denaro dei potentati finisca nuovamente in mani corrotte, la Svizzera restituisce i fondi ai Paesi interessati attraverso progetti di sviluppo. Questo paternalismo non è però sempre ben visto.

La Svizzera è stata a lungo considerata un rifugio per il denaro dei potentati e dei corrotti. Un’immagine che il Paese intende scrollarsi di dosso. E lo fa fornendo assistenza giudiziaria volontaria. Se c’è il sospetto di fondi legati alla corruzione, contatta la nazione interessata senza aspettare che le venga inoltrata una richiesta di assistenza. Così facendo, si spinge più in là di qualsiasi altro Stato al mondo.

La Svizzera ha inoltre trovato una soluzione per restituire il denaro dei potentati anche nel caso di una procedura di assistenza giudiziaria infruttuosa o se ci si aspetta che in un Stato fallito il denaro ritorni in mano ai corrotti: i fondi vengono restituiti mediante il finanziamento di “programmi di interesse pubblicoCollegamento esterno“.

Nel mondo, solo pochi Paesi restituiscono i valori patrimoniali dei potentati in questo modo. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) indica che le restituzioni effettuate da Stati Uniti, Regno Unito e Jersey hanno una componente che concerne lo sviluppo. Gretta FennerCollegamento esterno, direttrice dell’International Centre for Asset Recovery presso il Basel Institute on Governance, specializzato nella restituzione di averi acquisiti illegalmente, afferma che “quando i fondi vengono scovati, la Svizzera fornisce un aiuto molto efficace, creativo e progressivo”.

Un approccio “paternalistico”

Tuttavia, questo “aiuto creativo” non è accolto solo con entusiasmo dai Paesi interessati. Invece di trasferire semplicemente il denaro nelle casse statali, la Svizzera vuole avere voce in capitolo su come utilizzarlo. Non solo: come dimostra il caso del Kazakistan risalente al 2007, la Svizzera vuole addirittura raggiungere obiettivi di sviluppo tramite la restituzione dei fondi.

Il modello Kazakistan

Nel 2007, la Svizzera, gli Stati Uniti e il Kazakistan, con il coinvolgimento della Banca Mondiale, hanno negoziato una soluzione innovativa per la restituzione di tangenti al Kazakistan: è stata creata una fondazione kazaka per sostenere le famiglie povere con i fondi restituiti, supervisionata dalla Banca Mondiale.

Anche se il denaro è stato utilizzato per migliorare le condizioni di vita di alcune famiglie kazake, la Svizzera non era soddisfatta. Secondo il DFAE, la restituzione degli averi avrebbe dovuto essere anche “rilevante per lo sviluppo”, come descrive il giornalista ed esperto di corruzione Balz Bruppacher nel suo libro ‘Die Schatzkammer der Diktatoren’ (La camera del tesoro dei dittatori). Ciononostante, “a livello internazionale, il modello kazako è stato ampiamente riconosciuto”, scrive Bruppacher.

“Ovviamente, il denaro appartiene allo Stato al quale dovrebbe essere restituito”, sottolinea Gretta Fenner. Ma se lo Stato in questione è davvero intenzionato a combattere la corruzione, dice, è nel suo interesse che i fondi siano usati strategicamente e che l’utilizzo sia strettamente monitorato.

L’ong Public Eye accoglie favorevolmente la restituzione mediante progetti specifici. “È un approccio un po’ paternalistico, ma è il modo migliore per garantire che la popolazione nel suo insieme benefici della restituzione”, scrive Oliver Classen di Public Eye.

Il giornalista ed esperto di corruzione Balz Bruppacher comprende la preoccupazione della Svizzera per nuovi casi di corruzione, ma anche la rabbia dei Paesi interessati a causa dell’interferenza elvetica. “L’accusa secondo cui la Svizzera ha sottratto i loro soldi e ora vuole dire loro cosa farne, non è del tutto ingiustificata”, dice. Ma è per questo che la Svizzera attribuisce grande importanza al diritto dei Paesi interessati di essere consultati. “I negoziati sono importanti”, dice Bruppacher, per il quale “nemmeno non fare nulla sarebbe una soluzione”.

Secondo la leggeCollegamento esterno, il Consiglio federale può concludere un accordo con lo Stato in questione per regolare la restituzione degli averi. È quanto è successo, per esempio, nel caso dei soldi frutto di corruzione dell’ex capo dei servizi segreti peruviani Vladimiro Montesinos. Lo scorso dicembre, la Svizzera ha firmato un accordo trilateraleCollegamento esterno con il Perù e il Lussemburgo: 16,3 milioni di dollari depositati su conti svizzeri saranno investiti in progetti peruviani per rafforzare lo Stato di diritto e combattere la corruzione.

Gretta Fenner dell’International Centre for Asset Recovery afferma che tali accordi di restituzione sono di solito negoziati con discrezione. La società civile insiste per sedere al tavolo dei negoziati. “Ma in questo caso non penso che sia una buona idea”, osserva. Per raggiungere buoni obiettivi, è necessaria una certa dose di segretezza, dice. Al contrario, prosegue, i risultati dovrebbero essere resi noti nel dettaglio al termine dei negoziati, in modo che la società civile possa esercitare la sua funzione di controllo

L’esperto di corruzione Balz Bruppacher ritiene che la trasparenza sia importante, anche perché è l’unico modo per convincere la popolazione svizzera: “Se si crea l’impressione che gli accordi vengono fatti sottobanco, allora questi sono politicamente controversi”.

Alex Baur, giornalista ed esperto del Perù, le cui ricerche hanno giocato un ruolo chiave nella restituzione dei fondi dello scandalo di corruzione che ha travolto Montesinos, è invece scettico nei confronti di questa forma di restituzione: “Non dobbiamo farci illusioni. Se la Svizzera usa i fondi confiscati della corruzione per piantare alberi o costruire qualche turbina eolica nei Paesi in via di sviluppo, lo fa solo per farci sentire meglio con noi stessi; ai Paesi interessati non apporta assolutamente nulla”.

“L’unica cosa più corrotta della politica in America Latina è il sistema giudiziario.”

Alex Baur, giornalista ed esperto del Perù

Secondo Baur, la corruzione a livello statale in America Latina non è purtroppo l’eccezione, ma la regola: “L’unica cosa più corrotta della politica in America Latina è il sistema giudiziario”. La magistratura è la continuazione della politica con altri mezzi. In altre parole: avviare procedimenti penali per corruzione contro dei politici è un modo diffuso per eliminare gli avversari politici.

Tragicamente, la magistratura è diventata così la più grande minaccia per lo Stato di diritto, che dovrebbe al contrario difendere. E non c’è molto da fare: “Abbiamo una cultura diversa e vogliamo insegnare loro come fare bene dal nostro punto di vista, il che è in un certo senso una continuazione del colonialismo”.

C’è una proposta – dell’ex capo dell’assistenza giudiziaria dell’Ufficio federale di giustizia, tra gli altri – che libererebbe la Svizzera da questo ruolo problematico: la creazione di un fondo internazionale. Questo potrebbe avere sede all’ONU o alla Banca Mondiale. “Il fondo deciderebbe come restituire il denaro, il che alleggerirebbe l’onere per la Svizzera”, osserva Balz Bruppacher. Tuttavia, l’esempio della Banca Mondiale mostra che le cose non migliorano forzatamente quando si coinvolgono le organizzazioni internazionali.

Traduzione dal tedesco: Luigi Jorio

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