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“Una decisione che rafforza i peggiori stereotipi sulla giustizia svizzera”

Uomo parla al World Economic Forum
Bill Browder ospite del Forum di Davos nel 2005 Keystone / Virginia Mayo

Il Ministero pubblico della Confederazione ha annunciato a novembre l'intenzione di abbandonare l'inchiesta sull'affare Magnitsky, una presunta truffa al fisco russo da 230 milioni di dollari. Il finanziere Bill Browder, figura centrale della vicenda, è indignato.

Per alcuni è un attivista anticorruzione, per altri un businessman che si è vendicato lanciando una campagna di propaganda guidata da interessi geopolitici contro la Russia. Certo è che Bill Browder, CEO e cofondatore del fondo Hermitage Capital, è la figura centrale dell’affare Magnitsky.

La vicenda prende il nome dell’avvocato russo Sergeï Magnitsky, morto in prigione a Mosca nel 2009 in circostanze poco chiare. Incaricato da Browder, l’uomo aveva svelato il coinvolgimento di alti funzionari russi in una presunta frode da 230 milioni di dollari in tasse versati alla Russia da Hermitage e poi sottratti al fisco. Soldi che in seguito erano stati distribuiti sui conti esteri delle varie persone implicate nella truffa.

Foto di uomo in una cornice
Sergei Magnitsky, consulente della società statunitense Hermitage Capital, è morto in carcere nel 2009 a Mosca, dopo aver denunciato una truffa che vedeva coinvolti alti funzionari russi. Keystone / Alexander Zemlianichenko

Una parte del denaro era finita in Svizzera. Da qui la segnalazione di Hermitage e l’apertura, nel 2011, di una procedura penale da parte del Ministero pubblico della Confederazione (MPC). Un’inchiesta che ora sta per essere abbandonata e che vedrà la Procura federale liberare buona parte dei 18 milioni di franchi attualmente bloccati.

Una scelta, quest’ultima, che ha mandato Bill Browder su tutte le furie: “Questa decisione rafforza i peggiori stereotipi della giustizia svizzera. Restituire così tanti soldi alle persone che sono state coinvolte nel caso mentre la maggior parte degli altri Paesi ha sanzionato questi individui, è una macchia per la Svizzera”, ci spiega da Londra.

Bloccati quasi 20 milioni

Lo scorso novembre, Berna comunica a Browder l’imminente chiusura della procedura SV.11.0049, l’inchiesta per riciclaggio che lui stesso ha contribuito a far aprire dieci anni fa. Il finanziere si era basato sulla documentazione fornita da Alexander Perepilichny, un trader che sapeva della truffa per averla facilitata, ma che poi ha cambiato casacca. Nel 2012, Perepilichny è crollato a terra mentre faceva jogging vicino a Londra. Analizzando i campioni autoptici, un esperto riferirà in seguito di aver trovato tracce di una pianta tossica.

Poco prima della sua morte, la Procura federale aveva messo in agenda un confronto tra Perepilichny e uno dei proprietari dei conti bloccati, Vladlen Stepanov, un russo la cui ricchezza si spiega solo con il fatto che è il marito di Olga Stepanova. Ossia dell’alta funzionaria delle imposte di Mosca che ha dato il via libera alla truffa. Circa la metà del denaro sequestrato dall’MPC appartiene a Stepanov: nove milioni depositati presso Credit Suisse dalla società Faradine Systems Ltd.

Altri nove milioni sono legati ad altri due protagonisti della storia: Denis Katsyv e Dmitry Klyuev. Quest’ultimo, ex proprietario della banca Universal, è considerato una delle menti della presunta frode. Denis Katsyv, figlio dell’ex vicepresidente del governo regionale di Mosca, è invece il patron della cipriota Prevezon Holding che, negli USA, ha pagato 6 milioni di dollari per mettere fine alle accuse di aver riciclato il denaro proveniente da una presunta frode in immobili a Manhattan. Provezon aveva due conti in Svizzera, presso le banche Edmond de Rotschild e UBS.

Altri sviluppi

Calcolo controverso

Nell’annunciare il prossimo abbandono dell’inchiesta, l’MPC afferma che vi saranno, sì, delle confische, ma precisa che soltanto una piccola parte – tra uno e quattro milioni di franchi – finirà nelle casse federali. Il resto tornerà nelle mani dei titolari dei conti bloccati. Una decisione che sembra indicare che all’origine dei versamenti ci possa essere un reato commesso in Russia. Ma allora perché solo una parte dei soldi verrà confiscata?

La decisione va spiegata col fatto che, prima di arrivare in Svizzera, il denaro risultante dalla presunta frode è passato attraverso vari conti esteri, dove è stato mescolato ad altri fondi, la cui origine non è chiara. Le modalità di confisca di questo tipo di denaro parzialmente contaminato è oggetto di dispute dottrinali e non sono ancora state chiarite dalla giurisprudenza.

La Procura federale ha applicato il cosiddetto metodo del calcolo proporzionale, per stimare le somme attribuibili alla presunta frode e quindi da confiscare. Una modalità controversa e su cui gli esperti dibattono, anche perché in questo modo si tende a favorire i riciclatori che dispongono di strutture capaci di diluire decine di volte il provento illecito. Tanto più che, in questo caso, i beni derivanti dalla presunta frode sono transitati attraverso una moltitudine di società offshore non coinvolte in nessuna attività commerciale concreta. Per questo gli avvocati svizzeri di Browder contestano l’applicazione del metodo di calcolo proporzionale.

Legami pericolosi

Nel 2011, l’inchiesta svizzera è affidata a Maria Antonella Bino, oggi considerata tra i papabili alla successione di Michael Lauber alla carica di procuratore federale. È lei che ha aperto la procedura contro ignoti e bloccato i conti. Ma, nel 2013, un anno dopo l’arrivo di Lauber alla testa dell’MPC, la procuratrice si è dimessa preferendo il mondo bancario. L’inchiesta è stata così affidata a Patrick Lamon, che oggi è il principale bersaglio delle critiche di Bill Browder: “Dopo anni senza quasi nessuna indagine, il procuratore Lamon si è improvvisamente arreso e sta restituendo buona parte dei soldi ai russi. Mancano ancora tre anni alla scadenza della prescrizione. Avrebbe potuto facilmente continuare a costruire il suo caso, ma inspiegabilmente ha scelto di non farlo”.

In passato, il finanziere aveva già chiesto, invano, la ricusaCollegamento esterno del procuratore friburghese, accusato di procedere a passo di lumaca. Bill Browder aveva messo in causa i legami di Lamon con V. S., un ex agente della Fedpol, allontanato nel 2017 perché sospettato di corruzione e poi condannato, a giugno 2020, per accettazione di vantaggi.

L’agente federale ha più volte viaggiato in Russia per discutere col procuratore Saak Karapetyan. Lo ha fatto anche in compagnia dello stesso Patrick Lamon e di Michael Lauber. Nel 2016, V. S. ha accettato l’invito del procuratore russo a partecipare a una battuta di caccia all’orso, fatto che gli è poi valso la condannaCollegamento esterno. Ma i viaggi controversi dell’ex agente sono vari, così come i suoi incontri con Karapetyan. Quest’ultimo, morto in un incidente d’elicottero nel 2018, è sospettato di avere avuto un ruolo chiave nella copertura della presunta frode.

Durante il processo nei suoi confronti, V.S. ha ammesso che il viaggio del 2016 è stato fatto per preparare l’audizione di Andreas Gross, ex relatore del Consiglio d’Europa e autore di un rapportoCollegamento esterno sull’affare Magnitsky. L’ex agente ha spiegato in dibattimento che il caso Magnitsky avrebbe dovuto essere chiuso e che, per farlo, il rapporto Gross doveva essere “screditato”. Oggi, Bill Browder ritorna alla carica sull’episodio: “Dopo che il principale investigatore svizzero sul caso è stato sorpreso a prendere regali dai russi e a discutere su come archiviare l’affare Magnitsky, sono stupito che la Svizzera sia stata così sfacciata da seguire questa richiesta disonesta”, ci dice.

Strascichi diplomatici e politici

Nel luglio 2020, Roger Wicker, senatore americano e co-presidente della Commissione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, ha commentato la condanna di V. S. in una lettera all’ambasciatore svizzero a Washington: “Data la posta in gioco – si legge nella missiva – mi sorprende sapere che un ufficiale della polizia federale svizzera, V. S., sia andato a una caccia all’orso organizzato da procuratori pagati con i soldi degli oligarchi russi”. Per Wicker il vero scandalo è però l’immobilismo delle indagini svizzere. In dicembre, lo stesso senatore repubblicano ha scritto all’allora Segretario di Stato USA Mike Pompeo. Nella missivaCollegamento esterno si nota una certa preoccupazione a proposito delle relazioni con Berna: “Malgrado il fatto che la Svizzera goda di una buona reputazione in seno al Governo, la vulnerabilità del suo sistema giudiziario rispetto alla coercizione della Russia è motivo per rivalutare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati Uniti e la Confederazione”.

Nel frattempo, la questione è arrivata anche in Parlamento, a Berna. A inizio dicembre, diversi parlamentari di vari partiti (Partito socialistaCollegamento esterno, Verdi Collegamento esterno e Unione democratica di centroCollegamento esterno) hanno chiesto lumi al Consiglio federale sull’operato dell’MPC nel caso Magnitsky. L’Autorità di vigilanza sull’MPC ha spiegato che sta monitorando il caso ed è stata informata dalla Procura federale su questo argomento nella sua riunione del 7 dicembre 2020. L’MPC ribadisce la sua indipendenza e spiega la legittimità della sua scelta di abbandonare il caso, chiarendo d’altro canto che, laddove è stato possibile dimostrare un legame tra i beni sequestrati in Svizzera e il reato preliminare commesso in Russia, verrà ordinata una confisca.

Bill Browder, però, non è convinto: “Penso che Patrick Lamon stia approfittando del fatto che non c’è nessuno al di sopra di lui per cercare di chiudere questo caso prima che un nuovo procuratore federale prenda il sopravvento”. E chissà che questa nuova figura non sia Maria Antonella Bino. Colei che dieci anni fa aveva avviato l’inchiesta.

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