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“Chiusura delle frontiere non dovrebbe significare mancanza di solidarietà”

barrières à la frontière
Le frontiere sono chiuse sia all'esterno che all'interno dell'Europa, come qui tra Germania e Austria. Keystone / Peter Kneffel

La pandemia di coronavirus ha spinto gli Stati europei a chiudere le frontiere e a dare la priorità a se stessi. Questa mancanza di solidarietà potrebbe lasciare il segno, dice Gilles Grin, direttore della Fondazione Jean Monnet per l'Europa.

La risposta alla diffusione del coronavirus è la stessa ovunque: chiudere le frontiere, controllare gli spostamenti e congelare la cooperazione internazionale. Questa chiusura su se stessi è visibile anche nell’Unione Europea (UE) e nello spazio di Schengen, di cui la Svizzera fa parte.

Un homme avec des lunettes
Gilles Grin ha un dottorato in relazioni internazionali e dal 2012 dirige la Fondazione Jean Monnet per l’Europa. Keystone / Jean-christophe Bott

Questa mancanza di cooperazione e solidarietà tra i paesi pone problemi molto specifici: gli ospedali sovraffollati non sono in grado di trasferire i pazienti nei letti disponibili dall’altra parte del confine e la fornitura di attrezzature mediche necessarie per combattere la pandemia viene rallentata o addirittura interrotta.

Una crisi di questa portata è destinata a sconvolgere le istituzioni, ma è importante mantenere la solidarietà tra gli Stati, avverte Gilles Grin, direttore della Fondazione Jean Monnet per l’Europa a Losanna.

swissinfo.ch: In che misura la risposta degli Stati alla lotta contro il coronavirus influisce sul funzionamento dell’Unione europea e dello spazio di Schengen?

Gilles Grin: La gestione di una crisi come quella del coronavirus richiede tutta l’energia nella sua fase più drammatica. Il funzionamento delle istituzioni europee è stato messo sottosopra. Come negli Stati Uniti, è l’istituzione parlamentare che è stata temporaneamente posta tra parentesi. Anche lo spazio Schengen è stato posto tra parentesi, come consentito dai trattati.

Ogni governo sta chiudendo le frontiere: è normale in una crisi o mostra la fragilità di una governance sovranazionale come quella dell’UE?

È normale che il funzionamento della società venga sconvolto di fronte a un virus che è devastante per le persone a rischio e che richiede una distanza sociale. Questo sta accadendo all’interno degli Stati, figuriamoci quindi tra di loro. Il distacco, che implica, in particolare, la chiusura delle frontiere, è indispensabile in una crisi sanitaria di tale portata. Gli europei hanno fatto collettivamente la stessa cosa, chiudendo le frontiere esterne dello spazio Schengen. Il mondo intero sta reagendo più o meno allo stesso modo.

«La mancanza di riflessi solidali tra gli Stati europei si aggiungerà ad altre avversità vissute in passato, come durante la grave crisi economica e finanziaria o durante la crisi dei migranti.»

In questi tempi di pandemia, esiste ancora la solidarietà tra gli Stati?

Questo è il problema. Di fronte all’emergenza, la tentazione è, purtroppo, ‘ognuno per se stesso’. La distanza sociale e la chiusura temporanea delle frontiere non dovrebbero significare una mancanza di solidarietà tra gli Stati membri dell’UE. Eppure, la costruzione dell’Europa non ha raggiunto la fase di una comunità di destino in cui le questioni essenziali della vita e della morte possano essere affrontate in caso di tempesta.

La salute è in gran parte di competenza nazionale. Gli Stati sono al posto di guida. La tendenza degli ultimi anni è stata quella di voler salvaguardare ciò che è stato realizzato in Europa, anche se ciò significa accettare in cambio qualche progresso, ma senza far avanzare la necessaria solidarietà.

C’è il rischio che questa pandemia abbia conseguenze sul funzionamento e sulla governance dell’UE in futuro?

La mancanza di riflessi solidali tra gli Stati europei si aggiungerà ad altre avversità vissute in passato, come durante la grave crisi economica e finanziaria o durante la crisi dei migranti. C’è il rischio che questo lasci il segno. La durata della crisi sarà senza dubbio un fattore chiave.

Al contrario, la speranza è che questa crisi mostri agli europei che molti pericoli di ogni tipo sono esterni all’Europa e che il modo migliore per affrontarli è quello di agire in modo unitario. L’Europa deve proteggere. Per garantire questo, abbiamo bisogno di istituzioni comuni che siano abbastanza forti e legittime da permettere all’interesse comune di emergere.

Traduzione di Armando Mombelli

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