Troppe parole ma poche azioni alla COP26. E la Svizzera non dà l’esempio
Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli. Di sicuro, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Glasgow (COP26), che ormai volge al termine, ha fatto parlare molto di sé. La prima bozza dell’accordo mette in luce piccole conquiste e tante, troppe, incertezze. La Svizzera tenta di avere un peso al vertice internazionale, ma forse dovrebbe prima fare meglio a casa propria.
Questo contenuto è stato pubblicato il 12 novembre 2021 - 06:00Secondo alcuni, a Glasgow è in gioco tutto, secondo altri quasi nulla. La Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen la definisce “un’opportunità per scrivere la storia”, mentre le attiviste e gli attivisti per il clima parlano di “celebrazione del ‘business as usual’” e del “solito blah-blah”. “Il cambiamento non verrà da lì dentro, questa non è leadership”, afferma con impeto Greta Thunberg, prima di snobbare Barack Obama per tornare sui banchi di scuola. “Sui progressi climatici, sono cautamente ottimista”, ribatte timidamente il premier britannico Boris Johnson.
Ma anche se le opinioni sono polarizzate, i fatti restano e il boccone è amaro: nonostante gli annunci, le discussioni e le promesse, il pianeta si sta dirigendo verso un aumento della temperatura globale di 2,4°C, molto al di sopra della soglia di 1,5°C fissata dagli accordi di Parigi, secondo un recente rapporto indipendente.Link esterno “È chiaro che c'è un enorme divario di credibilità, azione e impegno”, si legge nel documento a proposito di quanto sta avvenendo a Glasgow.
Intanto, alla COP26 continuano i negoziati. La prima bozza dell’accordo pubblicata mercoledì mette nero su bianco per la prima volta l’impegno di tutti gli Stati partecipanti a rinunciare al carbone e ai sussidi per i combustibili fossili, ritenuti i tasti dolenti delle negoziazioni. Tuttavia, il documento è considerato ancora troppo vagoLink esterno.
Il mio collega Luigi Jorio, che si occupa di questioni climatiche, scatta questa istantanea del summit:
Due immagini della conferenza di Glasgow riassumono perfettamente il modo in cui stiamo affrontando la crisi climatica: la coda delle migliaia di partecipanti che si è formata il primo giorno all'entrata del centro congressi e il viavai dei circa 400 jet privati che hanno portato nella città scozzese capi di Stato, imprenditori e celebrità.
Quando si tratta di limitare le emissioni e il riscaldamento globale, sono in molti a voler partecipare agli sforzi internazionali. Ma quando le promesse e i grandi annunci vanno tramutati in fatti, le vecchie e comode abitudini sono dure a morire. Un atteggiamento ambivalente che non ci porterà da nessuna parte.
Coraggiosa fuori casa, poco ambiziosa a casa
La Svizzera, dal canto suo, sta cercando di influenzare positivamente le discussioni, con la speranza che si stilino regole incisive e uniformi per limitare le emissioni di anidride carbonica.
Ma dopo la bocciatura alle urne della legge sul CO2Link esterno, è legittimo chiedersi che credibilità abbia la Svizzera per poter pretendere che gli altri facciano di più. Luigi Jorio si è posto questa domanda e ha analizzato la posizione della Svizzera al vertice sul clima, considerando però anche come la Confederazione sta giocando in casa:
Malgrado la Svizzera sostenga una politica climatica ambiziosa, il suo contributo per un pianeta senza emissioni appare deludente. Ed è per questo che ha perso terreno nella classifica dei Paesi più impegnati nella lotta al cambiamento climaticoLink esterno.
D’altronde, i dati riguardanti l’aumento delle temperature nel Paese alpino parlano da sé. “La Svizzera è particolarmente vulnerabile al cambiamento climatico. La temperatura media è già cresciuta di quasi due gradi negli ultimi 150 anni, il doppio rispetto a quella globale. L'effetto più tangibile del riscaldamento è lo scioglimento dei ghiacciai”, scrive Luigi Jorio.
Il riscaldamento climatico corre quindi più velocemente in Svizzera. E anche se la latitudine e la lontananza dall’oceanoLink esterno non aiutano a invertire questo processo, l’impegno elvetico rimane insufficiente, secondo la valutazioneLink esterno di Climate Analytics. Se gli altri Paesi seguissero l’esempio svizzero, le temperature globali crescerebbero di 3-4°C entro la fine del secolo, scrive l’organizzazione. Altri Paesi insospettabili, come il Gambia, sono considerati molto più virtuosi. Per saperne di più, leggete il nostro articolo:
Cosa ne pensate della posizione della Svizzera sulle questioni climatiche? ScrivetemiLink esterno per discuterne.
Se fa caldo, toglietevi la giacca, no?
Una parte dell’opinione pubblica, tuttavia, continua a negare gli effetti nefasti dell’attività umana sul clima. “I cambiamenti climatici sono sempre esistiti, sono fenomeni naturali”, si legge in alcuni commenti sui social media. “I più virtuosi devono pagare per i meno virtuosi, non è giusto!”, tuonano altri, riferendosi ai maggiori emettitori di gas serra, come la Cina, grande assente a Glasgow. “Fa caldo, e allora? Toglietevi la giacca”, commenta qualcuno con uno smile.
Una parte di noi forse vorrebbe poter riporre le speranze nelle nuove generazioni, quelle che prendono per il colletto i e le leader mondiali. Ma non tutti i giovani e le giovani sono sensibili all’argomento. A tavola con mio nipote, un ragazzo di sedici anni che frequenta uno dei migliori licei classici di Milano, mi sono ritrovata a parlare degli scioperi nelle scuole.
“Sì, nel mio liceo scioperano per il clima e quelle robe lì. Solo una scusa per non andare a scuola”, mi ha detto. “Ehssì, propria una bella bigiata di gruppo!”, ha aggiunto il padre. Mi sono ritrovata a pensare che a volte, forse, chi non va a scuola capisce meglio il mondo di chi ci va. E che essere genitori alternativi può significare rendere un servizio alla società. Ma non ho detto niente.
“Ignorare le verità scientifiche consolidate a causa delle incertezze sulle ultime scoperte è come pensare che, visti i dubbi sulla gravità quantistica, ci si possa gettare la settimo piano perché si potrebbe anche cadere verso l’alto, invece che verso il basso”, scrive su ProspectLink esterno lo scienziato Lawrence Krauss, autore del libro “The physics of climate change”Link esterno (La fisica del cambiamento climatico), per spiegare la sconsideratezza di chi nega o minimizza la situazione.
Non si scherza con il clima
Non tutti si possono concedere il lusso di dubitare della gravità del cambiamento climatico. Nella località alpina svizzera di Kandersteg, gli e le abitanti devono convivere con la minaccia di un crollo della vicina montagna Spitzer Stein.
“La crisi climatica, al centro dei negoziati alla conferenza in corso a Glasgow (COP26), sta lentamente trasformando le Alpi svizzere. Le temperature stanno aumentando, i ghiacciai si stanno ritirando e lo scioglimento del permafrost sta compromettendo la stabilità dei pendii delle montagne”, scrive il mio collega Simon Bradley.
Lui a Kandersteg ci è stato e ha parlato con chi la montagna se la vede cadere addosso giorno dopo giorno, pezzetto dopo pezzetto. Qui, la gravità è come una spada di Damocle che pende sulle teste della gente.
Cosa si può fare o bisognerebbe fare per contrastare il cambiamento climatico? Fateci sapereLink esterno la vostra opinione.
Quanto è sostenibile la tecnologia
La tecnologia potrebbe aiutare a frenare il cambiamento climatico? Qualcuno ci ha creduto e ha puntato, per esempio, sulle tecnologie per la rimozione e il sequestro del CO2 dall’ariaLink esterno. C’è chi sostieneLink esterno, tuttavia, che questa soluzione sia troppo costosa e strizzi troppo l’occhio alle lobby del petrolio e dei combustibili fossili, non incentivando in nessun modo la riduzione delle emissioni di gas serra.
Ma siamo sicuri che la tecnologia sia sempre sostenibile? L’ho chiesto a un gruppo di esperte ed esperti con cui ho dialogato sul futuro della sanità e della riabilitazione allo Swiss Robotics DayLink esterno, la giornata dedicata alla ricerca e all’innovazione svizzera nel campo della robotica che si è svolta lo scorso 2 novembre.
Il settore dell’automazione promette di mettere in campo soluzioni sempre più sostenibili a livello dei materiali usati per la produzione e del risparmio energetico. Se pensiamo che i robot hanno in media una vita di più di dieci anni e che un giorno potremmo impiegarli per curarci direttamente a casa nostra, risparmiando sui viaggi per raggiungere gli ospedali, il futuro sembra promettente.
Ma se tutti avremo un robot nelle nostre case, come faremo ad evitare di creare ancora più rifiuti? Ecco perché la scienza punta sui materiali riciclabili e sulle pile a combustibile microbiologicheLink esterno.
Volete scoprire alcune delle migliori soluzioni robotiche presentate allo Swiss Robotics Day? Non perdete la nostra video-compilation!
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Non perdete le nostre ultime storie sulla COP26 e sul mondo della scienza e della tecnologia in Svizzera:
Ecco come il cambiamento climatico sta modificando il paesaggio della Svizzera, l’economia e la sua gente. Video in due parti:
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