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La Svizzera cerca compromessi in un contesto in cui “manca la volontà”

Swiss flag and temporary-looking structure
L'"ufficio" della Svizzera alla COP25. swissinfo.ch

Quest'anno, il monito della comunità scientifica è stato forte e chiaro: per contrastare la crisi climatica ci vuole un'azione decisa e immediata. Una volontà che sembra però mancare alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima in corso a Madrid (COP25), denota il capo negoziatore svizzero.

Nel vasto centro dei congressi alla periferia della capitale spagnola, dove si sta svolgendo l’annuale conferenza internazionale sui cambiamenti climatici, dimostranti da tutto il mondo, inclusi gruppi di giovani e rappresentanti delle popolazioni indigene, esprimono con rabbia le loro frustrazioni nei confronti del round negoziale ufficiale giunto alla sua 25esima edizione.

La maggior parte dei Paesi rappresentati alla COP25 di Madrid è concorde: le ambizioni nazionali di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra vanno riviste al rialzo. Ora, l’obiettivo ufficiale è di ottenere un consenso sul funzionamento dei mercati del CO2 e sul sostegno accordato ai Paesi più colpiti dal riscaldamento globale.

“Ciò che mi colpisce di nuovo è la mancanza di volontà di continuare a lavorare su ciò che è stato concordato in precedenza”
Franz Perrez, negoziatore svizzero

Mancanza di volontà

Nel corso della seconda settimana di colloqui, il capo negoziatore della Svizzera, Franz Perrez, ha affermato che il tempo a disposizione per chiarire le questioni in sospeso sta scandendo. Come già successo nelle sessioni negoziali precedenti, alcuni Paesi potrebbero tentare di ritardare il momento di prendere delle decisioni, ha osservato Perrez.

“Ciò che mi colpisce di nuovo è la mancanza di volontà di continuare a lavorare su ciò che è stato concordato in precedenza e la continua rimessa in discussione di ciò che è già stato deciso”, ha detto Franz Perrez, responsabile della delegazione elvetica dal 2010.

Perrez ha indicato che alcuni Paesi, in particolare quelli che sono riluttanti a ridurre le proprie emissioni, hanno chiesto dei “workshop” per consentire una discussione più approfondita su questioni quali le cosiddette misure di risposta. Tali misure sono adottate quando la lotta ai cambiamenti climatici può avere degli impatti negativi in un determinato Paese. Ad esempio, l’Arabia Saudita ha molto insistito sul fatto che le nazioni produttrici di petrolio dovrebbero ottenere una compensazione per il calo delle vendite di carburante.

Piena fiducia nel sistema

Dal canto suo, la Svizzera intende stabilire direttive chiare sull’uso dei crediti di carbonio, i quali consentono ai Paesi di ridurre le proprie emissioni investendo in progetti sostenibili in altre nazioni.

In particolare, la Svizzera vuole evitare che le riduzioni realizzate all’estero vengano contabilizzate due volte (nel Paese che le finanzia e in quello in cui avvengono) e che i crediti acquisiti nell’ambito di meccanismi precedenti siano considerati validi dopo il 2020. Alcuni governi come quello brasiliano, il cui presidente Jair Bolsonaro nega il cambiamento climatico, sono rimasti intransigenti nel respingere tali proposte.

“La Svizzera sta facendo di tutto per trovare un buon compromesso”, ha commentato Franz Perrez. Un eventuale accordo non deve però essere al di sotto di una “determinata soglia”, ha puntualizzato.

Rispetto alle precedenti conferenze sul clima, a Madrid si insiste molto sulla trasparenza delle azioni in favore del clima. I delegati devono trovare un metodo che consenta ai Paesi di riferire dettagliatamente sui loro sforzi di riduzione delle emissioni a livello nazionale e all’estero. Un diagramma dovrebbe presentare le riduzioni delle emissioni e un altro il modo in cui vengono spesi i fondi.

Si tratta di un “approccio esauriente” per tentare di ottenere “piena fiducia nel sistema”, ha spiegato Lydie-Line Paroz, consulente politica presso l’Ufficio federale dell’ambiente e vice responsabile della delegazione svizzera.

“I ministeri delle finanze e le autorità di regolamentazione finanziaria hanno una responsabilità” Stefan Marco Schwager, delegazione svizzera

Valutare i rischi legati al clima

Nel frattempo, Daniela Stoffel, segretaria di Stato per le questioni finanziarie internazionali, si è incontrata con i rappresentanti di altri ministeri delle finanze riuniti nella Coalition for Finance Ministries for Climate ActionCollegamento esterno, un gruppo creato all’inizio di quest’anno e che si riunisce per la prima volta alla conferenza di Madrid.

Stoffel ha esposto le preoccupazioni per il settore finanziario. I prezzi, ha detto, dovrebbero essere fissati in base ai rischi ambientali e climatici, in particolare nel settore assicurativo. Inoltre, le attuali strategie delle casse pensioni delle persone che andranno in pensione nel 2050 – che prevedono forti investimenti nei carburanti fossili – tra trent’anni non saranno più compatibili con l’economia a zero emissioni annunciata quest’estate dal governo federale.

La segretaria di Stato ha poi sottolineato che per garantire la stabilità dei mercati finanziari è necessario prendere in considerazione e valutare i rischi legati al clima. Gli insegnamenti tratti dalla crisi finanziaria del 2007-2008 che ha coinvolto istituzioni “troppo grandi per fallire” hanno reso tali preoccupazioni rilevanti, ha detto.

“I ministeri delle finanze e le autorità di regolamentazione finanziaria hanno una responsabilità”, ha dichiarato Stefan Marco Schwager, consulente finanziario per il clima della delegazione svizzera. “Non è altruismo. Se non risolviamo (la crisi climatica), tutto andrà a rotoli, compresi gli attivi della Banca centrale”.

Appello alla solidarietà

Non tutti sono però soddisfatti del ruolo svolto finora dalla Svizzera nei colloqui sul clima.

“Vogliamo che Paesi come la Svizzera si esprimano molto di più su ciò che la gente si trova ad affrontare sul terreno. Per quanto riguarda la questione delle perdite e dei danni [meccanismo ‘Loss and Damage’], non è stata molto proattiva”, ha dichiarato a swissinfo.ch Harjeet Singh di ActionAidCollegamento esterno, tra le ONG più attive nel campo dei cambiamenti climatici.

“Ci deve essere solidarietà nel sistema”, ha insistito. “I poveri dei Paesi in via di sviluppo non hanno creato questa crisi”.

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Traduzione e adattamento dall’inglese: Luigi Jorio

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