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“È in gioco la reputazione della Svizzera come partner affidabile”

Dove e come deve intervenire la cooperazione svizzera allo sviluppo? Le opinioni divergono. Keystone / Anthony Anex

Concentrazione su pochi paesi, maggiore spazio al settore privato e migrazione: in maggio inizia il dibattito politico sul nuovo orientamento della cooperazione svizzera allo sviluppo. Fritz Brugger, docente, da anni attivo come consulente per lo sviluppo, indica le opportunità e i rischi della riforma.

swissinfo.ch: Il governo federale vuole dare una base per quanto possibile solida all’orientamento della cooperazione svizzera nei prossimi quattro anni. Per la prima volta politica e gruppi di interesse possono esprimere la loro opinione. L’aiuto allo sviluppo sarà meno controverso in futuro?

Fritz Brugger: Temo di no. Finora la discussione verteva soprattutto sull’ampiezza dell’impegno della Svizzera, vale a dire sull’ammontare del denaro destinato alla cooperazione allo sviluppo. Ora le cose con la prevista consultazione cambieranno. Si parlerà soprattutto di contenuto e strumenti, temi di cui prima si occupavano solo gli esperti.

swissinfo.ch: Ma è una cosa positiva, no?

F. B.: Una discussione pubblica sulla missione della cooperazione svizzera allo sviluppo è auspicabile, sì. C’è però il rischio che questioni tecniche vengano politicizzate. A questo contribuisce il fatto che siamo in un anno elettorale. Si tratta di rimettere in discussione la forma dell’aiuto allo sviluppo – un esercizio molto amato dai politici.

Basi strategiche del messaggio

Per la prima volta il Consiglio federale apre una consultazione sul messaggio dedicato alla cooperazione internazionale per gli anni 2012-2015. Il governo vuole riorientare l’aiuto allo sviluppo da un punto di vista geografico e tematico. Le basi strategicheCollegamento esterno erano già state annunciate alla fine dello scorso anno.

swissinfo.ch: La cooperazione svizzera dovrebbe concentrarsi in futuro su quattro regioni soltanto. Inoltre dovrebbe tener conto maggiormente degli interessi dell’economia svizzera ed essere collegata più strettamente alla migrazione. Queste misure hanno un denominatore comune?

F. B.: Si intravvede un orientamento della cooperazione verso gli interessi a breve termine della Svizzera. Fino ad oggi c’era un sentimento condiviso che combattere la povertà corrispondesse agli interessi a lungo termine della Svizzera. Ora si guarda agli interessi a breve termine, identificati con una riduzione della migrazione. La cooperazione dev’essere trasformata in uno strumento di gestione della migrazione.

swissinfo.ch: Cosa c’è di tanto sbagliato in questo?

F. B.: La ricerca ci dice che a breve termine la cooperazione allo sviluppo non riduce la migrazione. Non si può guardare semplicemente ai profughi provenienti dalla Siria o dall’Eritrea e riorientare di conseguenza tutta la politica di cooperazione. I motivi alla base della decisione di migrare sono molteplici.

Questo approccio basato sui propri interessi a breve termine cela inoltre il rischio che si passi da una lotta alla povertà affidabile e a lungo termine a interventi a breve termine. A seconda del numero di profughi e migranti che arrivano nel nostro paese, la Svizzera avvierebbe o interromperebbe progetti di cooperazione nei paesi di provenienza.

swissinfo.ch: Quali sarebbero le conseguenze?

 F. B.: Si rischiano contraddizioni interne, perché il denaro investito non avrebbe effetti a lungo termine. Dal punto di vista dell’efficienza il denaro non sarebbe quindi ben speso e questo darebbe a sua volta adito a critiche legittime. Le misure di cooperazione allo sviluppo dovrebbero essere analizzate soprattutto dal punto di vista della loro efficacia ed essere orientate di conseguenza.

La scelta degli attori e degli strumenti dovrebbe basarsi su una verifica dell’efficacia. Prendiamo la richiesta di un ruolo maggiore per il settore privato. Senza dubbio al settore privato spetta un ruolo importante, ma la portata di questo ruolo dovrebbe dipendere in ogni caso dall’analisi di chi e come garantisca la maggiore efficacia.

Porträtaufnahme von Fritz Brugger.
Fritz Brugger fa ricerca e insegna al Nadel, il centro per lo sviluppo e la cooperazione del Politecnico federale di Zurigo (ETH). In precedenza ha lavorato per la ONG Helvetas ed è stato consulente indipendente per organizzazioni bi- e multilaterali, ONG e aziende private. ZVG

swissinfo.ch: Pensa che la riduzione della povertà come obiettivo principale sia in pericolo?

F. B.: La tendenza a trasferire i cicli di opportunità a breve termine dalla politica alla cooperazione cambia la prospettiva del dibattito. C’è il rischio che determinati strumenti e temi siano dominanti e che si perdano di vista tendenze e sfide di lungo periodo.

Così per esempio in linea di principio non c’è nulla da obiettare a una riduzione del numero di paesi, per ottimizzare l’impiego delle forze a disposizione. È però importante tenere conto che la geografia della povertà – intesa non solo nel senso di una carenza di denaro, ma misurata anche al grado di salute e alla disponibilità di nutrimento, acqua ed educazione – è cambiata. Ci sono sempre meno “persone povere”, ma molti paesi dove gruppi della popolazione vivono in povertà in alcune regioni o dove la povertà aumenta a causa di una rapida urbanizzazione. Queste disuguaglianze nascondo un grande potenziale di tensione sociale.

swissinfo.ch: La Svizzera è l’unico paese in cui è in corso un riorientamento della cooperazione con un accento posto sui propri interessi a breve termine?

F. B.: Gli stati al momento guardano di nuovo piuttosto ai propri interessi. E il tema della migrazione domina in moli paesi il dibattito interno. In questo senso la discussione in Svizzera corrisponde a una tendenza generalizzata.

Nell’UE per esempio c’è una forte pressione affinché la migrazione sia gestita con mezzi finanziari destinati alla cooperazione. E in Inghilterra si discute da anni sugli interessi nazionali e di politica estera, nonché sul ruolo dell’industria nella cooperazione.

swissinfo.ch: La cooperazione svizzera allo sviluppo è apprezzata per la sua neutralità e la sua affidabilità. Questa reputazione è a rischio a causa del nuovo orientamento?

F. B.: La reputazione della Svizzera come partner onesto non è a rischio. Il paese è troppo piccolo per esercitare una politica di potenza. Ma quanto all’affidabilità, sono meno ottimista. I paesi partner della Svizzera apprezzano il nostro paese perché mantiene le proprie promesse anche sul lungo periodo. Se in futuro la distribuzione di soldi per la cooperazione dipenderà dai movimenti migratori attuali, la nostra reputazione sarà messa a repentaglio. L’affidabilità è irrinunciabile nell’aiuto allo sviluppo in termini di efficacia.

swissinfo.ch: Se paragonata per esempio agli USA o all’UE, la Svizzera è comunque un attore irrilevante nel mondo della cooperazione allo sviluppo.

F. B.: Dal punto di vista finanziario la Svizzera è un piccolo attore, che però sa posizionarsi. Finora è riuscita a trovare delle nicchie in cui con i suoi mezzi può ottenere risultati più che proporzionali. Sarebbe poco saggio mettere in gioco questo ruolo di attore di nicchia, basato su un approccio a lungo termine, per seguire presunti interessi particolari a breve termine.

Traduzione dal tedesco: Andrea Tognina

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