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Contro la violenza nelle scuole

Un grosso problema è quello della violenza nascosta, come il "mobbing". SRK

Il programma "Chili" della Croce Rossa si indirizza al problema della violenza nelle scuole. Una misura, tra le altre, che riscuote parecchio interesse.

Da circa due anni la Croce Rossa Svizzera (CRS) offre il programma di gestione dei conflitti denominato “Chili”. Gli allievi imparano come affrontare un conflitto o una lite senza far ricorso alla violenza. Martedì la CRS tira un bilancio provvisorio del programma. L’interesse è grande, il team composto da otto persone è prenotato fino a febbraio 2003. Il che non significa che sia in aumento la violenza nelle scuole, ma che semplicemente gli insegnanti sono più attenti al problema e cercano di prevenirlo, come spiega la coordinatrice del programma Isabel Uehlinger.

I “riparadanni”

Non ogni programma di prevenzione è adatto a tutte le classi: docenti e allievi devono essere d’accordo innanzitutto sull’utilità di un tale programma, dice Roland Zurkirchen, il “troubleshooter” nel distretto scolastico di Zurigo. In caso di crisi cerca di risolvere la situazione insieme allo psicologo della scuola, eventualmente la polizia e il servizio giuridico per la gioventù. Un caso può essere l’escalation di tensione tra gruppi di classi diverse, oppure il mobbing, i ricatti, le botte, a volte l’uso di armi improprie, come le mazze da baseball. “Gli insegnanti di solito sanno far fronte alla situazione”, sottolinea Roland Zurkirchen, ma esistono a volte delle situazioni poco chiare che vanno indagate più profondamente.

Strutture federalistiche

Ogni cantone e città ha un suo proprio programma di prevenzione della violenza con approcci più o meno diversi. Il progetto “Peace” di Bienne si basa sulla presa di coscienza del rispetto dalla più tenera età, dall’asilo in poi e coinvolge anche i genitori. Scopo primario, adattare le sanzioni ad ogni fascia d’età. Gli studenti del ginnasio di Hitzkirch (LU) nominano dei “pacieri” che hanno il compito di intervenire quando una crisi non è ancora acuta. In altri casi si rivolgono agli insegnanti.

Mediare

In modo che i cantoni possano approfittare dell’esperienza comune, la Conferenza svizzera dei direttori cantonali dell’istruzione pubblica vuole creare un gruppo di lavoro denominato “Violenza nelle scuole”, su richiesta dei cantoni stessi. L’ispirazione è venuta dal caso di furore omicida di un allievo a Erfurt in Germania. Anche San Gallo ha una triste esperienza in materia: dopo che nel 1999 un padre frustrato aveva assassinato l’insegnante della figlia, è stato instaurato un picchetto di 24 ore per le situazioni d’emergenza. Roland Zurkirchen è dell’opinione che fatti di sangue come quelli avvenuti a Erfurt o a San Gallo non sono prevedibili: “dovremmo però imparare da tali eventi a mettere in discussione il nostro modo di intervenire”. Importante comunque che i vari dipartimenti cerchino insieme delle soluzioni, come avviene già a Zurigo.

Le misure adeguate

Lo psicologo giovanile e direttore dell’istituto per la gestione dei conflitti, Allan Guggenbühl, sottolinea l’importanza della prevenzione. Bisogna prima di tutto chiarire come si crea un conflitto, prima di prendere i provvedimenti necessari. Il progetto “Chili” è uno di essi. Meno convinto Guggenbühl del fatto che aumentando la capacità di esprimere il proprio disagio si eviti la violenza nelle scuole. È secondo lui ingenuo affermare che chi non si sa esprimere ricorre in alternativa alla violenza fisica.

In generale non vi è il rischio che la violenza nelle scuole aumenti. Sempre secondo Guggenbühl: “Se prendiamo le misure necessarie dovremmo essere in grado di controllare la violenza e l’aggressività nelle scuole”.

Kathrin Boss Brawand

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