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Contro l’erosione delle pensioni

In piazza e sulle strade a difesa delle assicurazioni sociali Keystone

Allo slogan “giù le mani dall’AVS, giù le mani dalle pensioni”, sabato a Berna scendono in piazza i sindacati per protestare contro i tagli allo stato sociale.

Criticati i piani di risparmio della Confederazione, le eventualità d’innalzare l’età di pensionamento e di sopprimere l’indice misto che adegua le rendite al costo della vita.

La corsa verso le elezioni d’ottobre in vista del rinnovo delle camere federali sta per entrare nella sua fase finale. Tuttavia le preoccupazioni degli svizzeri restano ancorate a problemi dibattuti da tempo: il futuro delle assicurazioni sociali, le difficoltà congiunturali e la disoccupazione.

Su questo sfondo i sindacati si mobilitano per contrastare quello che definiscono “un colpo di stato in ambito sociale”.

La scorsa settimana era già stata indetta una “giornata d’azione” a sostegno delle rendite pensionistiche, alla quale aveva preso parte anche l’ex ministra dell’interno Ruth Dreifuss.

Sabato, allo stesso scopo, è prevista un’imponente manifestazione sindacale per le strade della capitale federale.

Tagli contestati

“Ci battiamo contro la soppressione dell’indice misto, uno strumento poco conosciuto ma dagli effetti importanti sulle pensioni. Assicura infatti l’adeguamento delle rendite AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti) al rincaro e, in parte, pure all’evoluzione salariale”, dice a swissinfo Rolf Zimmermann dell’Unione sindacale svizzera (USS).

“Un meccanismo che va difeso: se sparisse Berna risparmierebbe circa 70 milioni di franchi all’anno. Ma ciò si tradurrebbe in una riduzione delle rendite AVS di 450 milioni di franchi annui, a danno dei pensionati attuali e futuri”, aggiunge Zimmermann.

I sindacati considerano troppo basse anche le rendite attuali. Il massimo è di 2’110 franchi al mese e, nel 2002, l’82% dei beneficiari percepiva un importo minore. “Con una simile rendita non si può né vivere né morire!”, tuonano i rappresentanti dei lavoratori.

Una decisione sul destino dell’indice misto è prevista soltanto durante la sessione di dicembre delle camere, la prima del nuovo parlamento. Il consiglio degli Stati, la camera alta a livello federale, dovrebbe invece dibatterne già nel corso delle prossime settimane.

Sull’indice misto è incerta anche l’opinione dell’Unione padronale svizzera (UPS). “Si tratta tuttavia di una questione che andrà discussa”, commenta Hans Reis, portavoce dei datori di lavoro.

In pensione a 67 anni

Altro fattore scatenante della manifestazione di sabato: l’idea di Pascal Couchepin, ministro dell’Interno, di aumentare l’età di pensionamento a 67 anni per far fronte all’invecchiamento della popolazione.

Di fronte alle difficoltà finanziarie delle istituzioni previdenziali (recente e ancora “calda” la decisione del governo di ridurre al 2.25% il tasso minimo d’interesse sugli averi del secondo pilastro), Couchepin è corso in loro aiuto, lanciando il sasso nello stagno. E sollevando un putiferio.

“In pensione a 67 anni? Un’idea completamente sbagliata”, commenta Rolf Zimmermann. “Già oggi gli anziani sono esclusi dal mercato del lavoro. Il progetto finirà soltanto per spingere ancor più persone verso l’assicurazione invalidità (AI)”. Nel 2002 un ultrasessantenne su cinque riceveva le prestazioni dell’AI.

“Tendenzialmente le proposte di Couchepin vanno nella giusta direzione”, ribatte invece Hans Reis. “L’evoluzione demografica va considerata. Ma la soglia dei 65 o 67 anni dovrà divenire più permeabile, più flessibile: chi se la sente di continuare a lavorare dovrebbe poterlo fare”.

In attesa della ripresa economica

Secondo l’articolo 112 della Costituzione federale “le rendite devono coprire adeguatamente il fabbisogno vitale”. Ma se il numero di beneficiari tenderà ad aumentare, lo faranno pure i costi. Come garantire allora il finanziamento a lungo termine del sistema pensionistico?

“I disastrosi scenari che sono stati dipinti da Couchepin sono speculazioni a medio-lungo termine. Ma è sufficiente che l’andamento congiunturale ritrovi vigore e gli effetti dello sviluppo demografico saranno nuovamente bilanciati”, sottolinea Zimmermann.

Una ripresa economica creerebbe infatti nuovi posti di lavori, incrementi salariali e dunque maggiori introiti per le assicurazioni sociali.

Diversa la visione dell’UPS. “Esistono tre possibilità per assicurare l’AVS: aumentare l’età di pensionamento, chiedere maggiori contributi ai lavoratori o ridurre le uscite. Spetterà al popolo scegliere una via. La nostra miscela ideale? Beh, consideriamo meno opportuna l’opzione di aumentare i prelievi sui salari”, rileva Hans Reis.

Altre possibilità? Certo, ad esempio favorire la natalità, incrementare l’immigrazione o incentivare l’attività professionale delle donne. Elementi anch’essi utili al finanziamento delle assicurazione sociali dei quali, forse, si parla troppo poco.

swissinfo, Alexander Kuenzle, Marzio Pescia

I sindacati ritengono che la ripresa economica sia dietro l’angolo;
Non sarebbero quindi necessari dolorosi tagli per assicurare le rendite;
I borghesi parlano invece di un cambiamento del paradigma: Nel 2000 il rapporto tra beneficiari AVS e cittadini attivi era di 1:4;
Nel 2025 sarà di 1:2.6;
Secondo loro il sistema pensionistico dovrà adattarsi alla nuova realtà demografica.

Sabato è prevista una grande manifestazione sindacale a Berna in difesa dell’AVS e delle pensioni.

Al centro delle critiche quello che i sindacati chiamano “un colpo di Stato in ambito sociale”: il programma di risanamento finanziario della Confederazione, che prevede tra l’altro la soppressione dell’indice misto, e l’idea lanciata dal ministro Pascal Couchepin d’innalzare l’età di pensionamento a 67 anni per tutti.

Già lo scorso 10 settembre era stata organizzata una “giornata d’azione” in tutta la Svizzera sulla medesima questione.

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