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Tornano gli spalloni di capitali?

La lotta all'evasione fiscale si inasprisce in Italia e la Guardia di Finanza tiene d'occhio gli automobilisti che valicano il confine italo-svizzero tipress.ch

In Svizzera affluiscono di nuovo più capitali dall'Italia. Le banche in Ticino relativizzano il fenomeno del contrabbando ed evidenziano il trasferimento di fondi dichiarati, interpretandolo come un successo della strategia dei soldi puliti.

Secondo il capo dell’erario italiano Attilio Befera, la fuga di capitali dal Belpaese, scosso dalla crisi, verso la Svizzera è ripresa su vasta scala. In un’intervista al quotidiano La Repubblica pubblicata il 31 gennaio, il direttore dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia ha dichiarato che la lotta contro gli evasori fiscali sarà intensificata. Solo nel 2011, dall’Italia sono stati trafugati almeno 11 miliardi di euro, ha affermato.

Quanto ai sequestri di valute da parte della Guardia di Finanza ai valichi di frontiera, Befera ha indicato che nell’ultimo trimestre del 2011 sono lievitati di più del 50 per cento. Non solo: “le esportazioni di lingotti d’oro in Svizzera sono cresciute tra il 30 e il 40%”, ha detto a Repubblica.

Un andamento al rialzo che, sempre stando al capo del fisco e dell’ente di riscossione dei tributi italiani, si è ulteriormente accelerato dall’inizio del nuovo anno. Perfino vecchie piste di contrabbandieri tra l’Italia e la Svizzera sarebbero state riattivate. Addirittura alcune banche svizzere avrebbero dovuto noleggiare cassette di sicurezza negli alberghi, “perché non sono in grado di esaudire l’abnorme quantità di richieste che hanno dai clienti italiani”.

Affermazioni su una massiccia fuga di capitali dall’Italia non sono nuove. Alla fine di dicembre La Repubblica ha scritto che alcuni contrabbandieri di capitali agivano perfino con metodi rudimentali –nascondendo i soldi in valigie o sotto i vestiti –come avveniva negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Anche il settimanale L’Espresso aveva pubblicato un’inchiesta sul tema.

Lugano pulita

In Ticino, classica piazza finanziaria di destinazione di capitali in fuga dall’Italia, tali dichiarazioni sono relativizzate. “È iniziato un certo afflusso, ma non veramente in grande stile”, dice l’economista e giornalista Alfonso Tuor, che impartisce corsi al Centro di studi bancari a Vezia, alla periferia di Lugano, sugli attuali sviluppi finanziari. A suo parere, si tratta di piccole somme.

Il Credit Suisse non ha voluto fornire alcun dettaglio sui flussi di capitale in Ticino.

In un’intervista a un giornale all’inizio di gennaio, il presidente del consiglio d’amministrazione della BSI, con sede a Lugano, e presidente dell’Associazione delle banche estere in Svizzera Alfredo Gysi ha ammesso che c’è una certa fuga di capitali dall’Italia alla Svizzera, “anche se non di miliardi, come talvolta viene affermato”. Egli ha osservato che effettivamente sono stati aperti conti e clienti esistenti hanno nuovamente portato somme di media consistenza in Svizzera, ma che si tratta esclusivamente di denaro dichiarato.

Un parere condiviso dall’avvocato e professore di diritto fiscale e diritto penale economico Paolo Bernasconi. Parecchi clienti italiani negli ultimi mesi hanno ufficialmente trasferito in Svizzera beni regolarmente dichiarati in modo perfettamente legale, afferma l’esperto.

A spingere a questo passo sono i pericoli di insolvenza di alcune banche italiane, la crisi del debito e quella dell’euro e una strategia di ripartizione dei rischi, spiega. In questa situazione si ha fiducia nella Svizzera. “L’afflusso di denaro legale dimostra che la strategia del denaro bianco inizia a funzionare. Ciò è un buon segno”, dice Bernasconi, aggiungendo che questo è più importante del fenomeno del contrabbando, che esiste senz’altro.

In realtà la piazza finanziaria ticinese non ha alcun interesse ad essere di nuovo considerata un rifugio per i fondi non dichiarati provenienti dall’Italia. Roma ha nuovamente criticato aspramente la piazza finanziaria svizzera in generale e quella ticinese in particolare e, nella lotta contro l’evasione fiscale, ha intensificato i controlli alle frontiere. I cosiddetti “Fiscovelox”, con cui la Guardia di Finanza ha sistematicamente fotografato le targhe delle auto che passavano il confine con la Svizzera, hanno provocato parecchie irritazioni.

Strategia intimidatoria

Stime nella vicina Repubblica parlano di circa 150-160 miliardi di euro di fondi neri italiani ancora depositati in Svizzera. L’Italia negli ultimi dieci anni ha fatto tre amnistie fiscali che hanno permesso di rimpatriare i soldi in nero con lievi sanzioni e la garanzia di non essere perseguiti penalmente. Tuttavia, il nuovo governo guidato da Mario Monti, ora ha proposto nuove tasse sui soldi già scudati. L’ultima amnistia del 2009 ha permesso di tenere i soldi su conti in Svizzera, se correttamente dichiarati tramite un ufficio fiduciario in Italia.

Le nuove stime non sono commentate dall’Associazione svizzera dei banchieri a Basilea. “Non siamo in possesso delle cifre in questione”, ha detto la portavoce Rebeca Garcia, secondo la quale simili dati sono detenuti dalle singole banche.

La storia delle cassette di sicurezza che sarebbero prese in affitto negli alberghi fa sorridere il settore bancario elvetico. A Lugano l’uscita di Attilio Befera è vista soprattutto come una componente di una strategia di intimidazione nei confronti di clienti italiani.

L’Italia negli ultimi dieci anni ha applicato tre volte l’amnistia fiscale. Il cosiddetto scudo fiscale ha consentito di rimpatriare fondi non dichiarati detenuti all’estero e mettersi in regola con l’erario italiano, contro il pagamento di una tassa sul capitale con un’aliquota fissa.

Con gli scudi degli anni 2001 e 2003 sono stati rimpatriati patrimoni per un totale di 77 miliardi di euro. Il terzo condono promulgato dall’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti inizialmente tra il settembre e il dicembre 2009, poi prorogato fino al 30 aprile 2010 ha consentito di far rientrare in Italia quasi 100 miliardi di euro (tra cui 66,78 miliardi provenienti dalla Svizzera, 7,6 dal Lussemburgo e 4,6 da San Marino).

Le amnistie fiscali sono eticamente molto controverse. Molti cittadini le vedono come una penalizzazione dei contribuenti onesti. Anche i sostenitori di amnistie, tuttavia, sono del parere che dovrebbero essere assolutamente un’eccezione.

Gli scudi fiscali italiani hanno avuto un impatto diretto sulla piazza finanziaria svizzera, in particolare quella ticinese. Tuttavia, il cantone sudalpino complessivamente è uscito abbastanza bene dall’ultima amnistia, perché era possibile anche il rimpatrio giuridico (senza quello materiale) delle attività finanziarie detenute all’estero. Un certo numero di banche in Ticino ha perciò potuto assorbire buona parte dei fondi rimpatriati attraverso filiali in Italia.

L’evasione fiscale in Italia ha proporzioni tali che si direbbe uno sport nazionale. Essa danneggia enormemente lo stato e l’economia. Il governo di Mario Monti ha perciò deciso di intensificare la lotta contro l’evasione fiscale in modo massiccio.

Le statistiche del Ministero delle finanze italiane sui conti economici dei lavoratori autonomi dimostrano quanto sia crassa l’evasione fiscale nel Belpaese. Solo il 15 per cento di tutti gli indipendenti dichiara un reddito annuo di più di 40mila euro e soltanto il 3,3 per cento dichiara più di 100mila euro.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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