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La Lex USA silurata dalla Camera del popolo

La ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha cercato, senza successo, di convincere i deputati a votare in favore della Lex USA AFP

Dopo aver superato la prima prova dinnanzi alla Camera dei cantoni la settimana scorsa, le legge destinata ad agevolare una soluzione nel contenzioso tra le banche svizzere e il fisco americano è stata bocciata martedì dalla maggioranza dei deputati.

Niente sorprese questa volta per la “Lex USA”. Dopo l’inattesa approvazione da parte dei senatori, non ha invece superato lo scoglio della Camera del popolo la legge proposta dal governo per aiutare una decina di banche svizzere a risolvere il loro contenzioso fiscale negli Stati uniti ed evitare che altri istituti bancari finiscano sotto inchiesta. I deputati hanno rimandato il testo al mittente con un chiaro risultato: 126 voti contrari e solo 67 favorevoli.

A nulla sono valsi quindi i tentativi della ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf, che ha ribadito l’importanza di una rapida adozione di questa legge. In pratica, la Lex USA sospenderebbe per un anno alcune disposizioni del diritto svizzero, per consentire alle banche che hanno aiutato clienti ad evadere il fisco americano di trasmettere a Washington i dati richiesti su dipendenti o operatori esterni coinvolti in tali operazioni.

“Cosa potrebbe succedere, se non facciamo nulla e aspettiamo semplicemente? In tal caso, vi è il rischio che altre banche finiscano nel mirino della giustizia americana. Vi è il rischio concreto di un’escalation”, ha sottolineato la consigliera federale, secondo la quale, senza questa legge, “la situazione resterebbe incontrollabile” e vi sarebbe “un pericolo molto alto per l’economia svizzera e per l’immagine della piazza finanziaria”.

La controversia fiscale tra Berna e Washington sull’operato delle banche svizzere, accusate dalla giustizia americana di aver aiutato decine di migliaia di clienti ad evadere il fisco negli Stati uniti, è in corso ormai da cinque anni. Ecco le principali tappe del conflitto.

19 giugno 2008: Bradley Birkenfeld, ex collaboratore dell’UBS, ammette davanti a un giudice di aver aiutato clienti a frodare il fisco quando era alle dipendenze della banca. L’autorità fiscale americana (IRS) apre un’inchiesta a carico della più grande banca svizzera.

19 agosto 2009: Stati Uniti e Svizzera firmano l’accordo definitivo sulla vicenda UBS. Berna trasmetterà entro un anno i dati relativi a 4’450 conti UBS. Washington rinuncia a misure unilaterali per ottenere informazioni. Inoltre la banca paga una multa di 780 milioni di dollari.

16 novembre 2010: Dopo l’ultima trasmissione da parte della Svizzera di dati riguardanti i casi di assistenza amministrativa, l’IRS ritira definitivamente l’azione civile contro l’UBS. Vuole comunque continuare ad indagare su altre banche svizzere.

Febbraio 2011: Una dozzina di altre banche svizzere – tra cui Credit Suisse (CS), HSBC Suisse, le banche cantonali di Basilea e Zurigo, Julius Bär e la Banca Wegelin – finiscono nel mirino della giustizia americana.

9 dicembre 2011: Il Dipartimento di giustizia americano chiede alle banche svizzere il nome dei consulenti della clientela. Il diritto elvetico vieta però la consegna diretta di documenti con nomi di dipendenti.

Gennaio 2012: Il governo elvetico decide che si possono fornire dati bancari criptati alla giustizia americana. La chiave per decifrarli dovrebbe venir consegnata solo nel quadro di una procedura di assistenza amministrativa o giudiziaria, oppure dopo una soluzione globale della vertenza fiscale. Sotto pressione la Banca Wegelin, il più vecchio istituto di credito elvetico, vende le sue attività non americane al gruppo Raiffeisen.

11 aprile 2012: Il Tribunale amministrativo federale (TAF) ferma la consegna di dati bancari agli Stati Uniti. I giudici danno ragione ad un cliente del Credit Suisse che si opponeva all’assistenza amministrativa accordata dalla Svizzera al fisco americano.

4 dicembre 2012: Stati Uniti e Svizzera siglano un accordo sull’applicazione della legge fiscale americana denominata FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) che dovrebbe entrare in vigore nel 2014. Gli Stati Uniti vogliono tassare i conti che le persone assoggettate a imposta negli Stati Uniti detengono all’estero.

3 gennaio 2013: La banca privata Wegelin, accusata dalle autorità americane di complicità in evasione fiscale, si dichiara colpevole e dovrà pagare una multa di 74 milioni di dollari.

29 maggio 2013: Il governo elvetico adotta un progetto di legge urgente per consentire a tutte le banche svizzere di mettere una pietra sul passato e di regolarizzare le loro relazioni con le autorità statunitensi. Il progetto di Lex USA è trasmesso alle Camere federali, chiamate ad esprimersi nella sessione parlamentare estiva.

12 giugno 2013: La Camera dei Cantoni approva il disegno di legge, apportandovi qualche modifica.

(Fonte: Agenzia telegrafica svizzera, ats)

Commercio delle indulgenze

Contro il progetto del governo si sono schierati tre partiti che fanno parte dell’esecutivo: l’Unione democratica di centro, il Partito liberale radicale e il Partito socialista. Accettare la Lex USA corrisponderebbe “ad una dichiarazione di capitolazione. Questo sarebbe in un certo modo giustificabile dopo aver perso una guerra, ma non per un paio di minacce. Non si fa una cosa del genere, indipendentemente dal tipo di minacce”, ha dichiarato il deputato dell’UDC Christoph Blocher.

“Anche con questa legge, non abbiamo nessuna garanzia che gli Stati uniti non mettano sotto accusa altre banche”, ha aggiunto l’esponente di destra, denunciando le pressioni americane. “Gli Stati uniti ci dicono: se paghi e ammetti le tue colpe – che tu sia colpevole o meno – allora la cosa è a posto. Devo lodare la Chiesa cattolica: durante il periodo della Riforma ha perlomeno abbandonato il commercio delle indulgenze. Gli americani vogliono invece introdurlo di nuovo. Non possiamo accettarlo”.

Mentre la destra vuole difendere soprattutto la sovranità nazionale, per i socialisti, se le banche si sono messe nei guai negli Stati uniti, è anche perché i partiti borghesi hanno coperto troppo a lungo il loro operato, in nome del segreto bancario. “Oggi possiamo scrivere una pagina di storia, quella del cambiamento dei rapporti tra le banche e il parlamento. Non perdiamo questa occasione di ricordare alle banche che lo Stato non può sempre assorbire i loro comportamenti delittuosi”, ha affermato la deputata del PS Ada Marra.

Morte per asfissia

La Lex USA è stata invece difesa dalla maggioranza dei membri del Partito popolare democratico, Partito ecologista, Verdi liberali e Partito borghese democratico. “In caso di dubbio, spetta al parlamento il compito di assumere la delicata missione di creare le condizioni meno peggiori del possibile, affinché il mondo bancario possa scaricarsi del suo passato delittuoso”, ha sostenuto Dominique de Buman.

Per il deputato popolare democratico, la legge non è perfetta, ma “consente alle banche, che lo desiderano, di regolare la loro vertenza con Washington, senza correre il rischio di vedersi vietate tutte le transazioni in dollari, ciò che significherebbe la loro morte per asfissia o emorragia”.

“Sarebbe contradditorio pretendere che le banche regolino il loro passato negli Stati uniti e che vengano nel contempo costrette, senza questa legge, a violare il diritto svizzero”, ha fatto notare Antonio Hodgers. Il deputato dei Verdi non ha risparmiato critiche al modello di affari seguito per decenni dalle banche svizzere, che si basava “sulla violazione sistematica delle leggi di altri paesi, i quali sono d’altronde i nostri partner commerciali”.

Regolarizzazione del passato

Scopo della legge, agli occhi del governo, è di permettere alle banche svizzere di risolvere i loro problemi nei confronti delle autorità fiscali americane: diversi istituti bancari elvetici sono sospettati di aver violato le leggi statunitensi, aiutando migliaia di clienti ad evadere il fisco negli Stati uniti. In pratica, la Lex USA consentirebbe alle banche di collaborare con il Dipartimento americano della giustizia e di trasmettere i dati richiesti dagli inquirenti americani.

Questi dati concernono in particolare le persone implicate nelle attività bancarie negli Stati uniti e le loro relazioni d’affari con i clienti americani. Non è invece prevista la trasmissione di dati relativi agli stessi clienti e ai loro conti, che potranno esser forniti solo se gli Stati uniti inoltreranno a Berna una domanda d’assistenza amministrativa.

Senza la Lex USA, la trasmissione dei dati comporterebbe una violazione della legislazione svizzera, che vieta alle aziende elvetiche di collaborare con le autorità di altri paesi. La legge consentirebbe inoltre agli istituti bancari sotto inchiesta di negoziare un regolamento definitivo del passato, in collaborazione con il Dipartimento americano della giustizia.

Pace giuridica

Secondo il governo, la soluzione proposta permetterebbe quindi di ristabilire la “pace giuridica” con gli Stati uniti, nella speranza di risolvere un contenzioso iniziato nel 2008 con l’inchiesta aperta dalle autorità fiscali americane a carico dell’UBS. La maggiore banca elvetica, accusata di aver aiutato decine di migliaia di clienti ad evare il fisco americano, era riuscita nel 2010 a cavarsela con una multa di 780 milioni di franchi.

Non è invece ancora chiaro quali multe e quali altri sanzioni spetteranno alle banche svizzere che si trovano ora sotto inchiesta negli Stati uniti – molte delle quali sono sospettate di aver ripreso migliaia di clienti dall’UBS a partire dal 2009. La ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha menzionato una cifra globale tra 5 e 10 miliardi di franchi. Le autorità americane non hanno accettato di fornire alcune garanzie sul trattamento riservato alle banche.

Dopo il no espresso dai deputati, il dossier ritorna ora alla Camera dei cantoni. Qualora i “senatori” dovessero ribadire il loro voto della settimana scorsa, la Camera del popolo tornerebbe ad esaminare il tema nei prossimi giorni. Un altro no all’entrata in materia da parte dei deputati significherebbe la “condanna a morte” pura e semplice del progetto governativo.

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