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La ricchezza provoca il riscaldamento climatico

Dorota Retelska

Per ridurre l’impatto sul clima e l’ambiente bisogna assolutamente diminuire il livello di consumo della società e creare più posti di lavoro nei settori della ricerca e dell’adattamento al clima, afferma Dorota Retelska.

Benessere e crescita

Un nuovo studio realizzato da un ricercatore del Politecnico federale di Zurigo giunge alla conclusione che i consumi delle economie domestiche abbienti sono la principale causa delle emissioni di CO2 nel mondo (quiCollegamento esterno l’articolo). La maggior parte degli europei rientra in questa categoria.

Purtroppo, è risaputo che una riduzione dei consumi nei Paesi ricchi tra il 40 e il 90% provocherebbe un calo simile del Pil. Questo comporterebbe una serie di fallimenti e l’aumento della disoccupazione. Siccome la produttività aumenta costantemente e siccome fabbrichiamo sempre di più, dobbiamo acquistare di più, esponendoci al rischio della disoccupazione. D’altronde, solitamente i consumi aumentano con la produttività. L’autore cita l’influsso della pubblicità.

“La costruzione dovrebbe essere rigorosamente limitata”.

Attualmente, il reddito relativo della società è uno dei principali fattori che determinano il benessere, mentre la corsa ai consumi di tutta la società non aumenta il benessere generale.

Gli acquisti e gli svaghi dei ricchi generano i desideri dei poveri.

Anche la corsa all’efficacia comporta un aumento degli acquisti, delle automobili, dei computer.

Infine, gli Stati sostengono le aziende vacillanti per salvare degli impieghi (linkCollegamento esterno).

Purtroppo, l’impatto sull’ambiente è enorme e molto pericoloso. Inoltre, l’epidemia di coronavirus ha evidenziato che i nostri comportamenti di consumo cambiano immediatamente di fronte a un pericolo e questo succederà spesso in futuro.

Gli autori dell’articolo mettono l’accento sul cambiamento dei comportamenti individuali e invitano la società a riflettere e a proporre soluzioni.

Soluzioni efficaci

Vedo tre modi per invertire questa spirale di consumo-inquinamento. Uno sarebbe di regolamentare la dimensione degli alloggi per persona, ciò che limiterebbe un po’ il numero di oggetti acquisiti da ogni economia domestica ed eviterebbe la cementificazione di interi Paesi. La costruzione dovrebbe essere rigorosamente limitata.

Bisognerebbe creare numerosi impieghi pubblici, di cui almeno la metà nei settori indipendenti dal commercio e dalla pubblicità. Non dobbiamo rischiare il collasso se le vendite di automobili o vestiti diminuiscono. È quindi meglio creare degli impieghi pubblici invece che sostenere dei settori inquinanti. Potrebbero migliorare numerosi aspetti della vita della società.

I posti di lavoro nel settore del clima sono quasi inesistenti, che si tratti della ricerca o dell’adattamento climatico. Ma si tratta del pericolo più grave del secolo. Ci vorrebbe una moltitudine di impieghi nella previsione del cambiamento climatico, nella ricerca di soluzioni, nella cattura del carbonio nella vegetazione, nello sviluppo di soluzioni nell’agricoltura, nel settore forestale, nell’orticoltura, nel miglioramento delle catene produttive e di trasporto, nell’economia circolare o nell’adattamento alle catastrofi.

Ci vorrebbe un dipartimento della sicurezza ambientale, il quale provvederebbe al mantenimento delle nostre condizioni di vita sulla Terra. Le abbiamo perturbate e quindi dobbiamo ristabilirle. Dobbiamo renderci conto che l’aria, l’acqua, il suolo e le foreste sono degli elementi essenziali per la sicurezza pubblica.

Un’economia ecologica può funzionare anche con numerosi impieghi nel benessere e nelle attività di svago. Lo Stato potrebbe impiegare dei professionisti dello sport, della musica, del teatro e offrire ai cittadini corsi, massaggi o spettacoli gratuiti, che migliorerebbero la nostra qualità di vita.

Gli oggetti messi sul mercato dovrebbero soddisfare criteri di qualità molto severi, la pubblicità dovrebbe sparire e il fabbricante dovrebbe essere responsabile della riparazione dell’oggetto venduto. Provvederebbe così alla sua qualità.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente il 19 luglio 2020 sul blog di Dorota Retelska Le climat aujourd’hui et demainCollegamento esterno.

Dorota Retelska è dottoressa in scienze dell’Università di Losanna e autrice di ‘Antarctique-Ouest dans le Vide’, un libro sull’aumento del livello dei mari pubblicato nel 2017. È attiva in numerose organizzazioni a protezione del clima, tra cui l’Associazione clima Ginevra, Greenpeace, TACA e il Collettivo Clima 2020.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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