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Voto elettronico per maggior democrazia

Secondo molti svizzeri all'estero, la generalizzazione dell'e-voting rafforzerebbe la democrazia Keystone

Le elezioni per il rinnovo del Consiglio degli svizzeri all'estero sono in pieno svolgimento. Tra gli espatriati alcuni ritengono, tuttavia, che il metodo di elezione non sia sufficientemente democratico e rappresentativo. Consapevole del problema, l'Organizzazione degli svizzeri all'estero si sta dando da fare per trovare delle soluzioni.

Sabato a Berna, è l’ultima volta che il Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE) siede nella sua attuale composizione. Questo organo – definito “il parlamento della Quinta Svizzera” – verrà rinnovato al termine delle elezioni che hanno luogo da gennaio a giugno 2013.

Il CSE che uscirà da queste elezioni resterà in carica per il periodo 2013-2017. Siederà per la prima volta, il 16 agosto a Davos, quando si terrà il Congresso degli svizzeri all’estero.

Malcontento in Francia

I delegati sono eletti dalle organizzazioni ombrello delle associazioni o dei club svizzeri all’estero, oppure nei paesi in cui non ce ne sono, da parte delle associazioni svizzere designate dal CSE. Il processo elettorale varia a seconda del paese. “Il modello è molto decentrato. Le organizzazioni ombrello o le istituzioni riconosciute effettuano l’elezione conformemente ai loro statuti”, spiega Rudolf Wyder, direttore dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE).

Ogni svizzero all’estero membro di un’associazione riconosciuta può candidarsi al CSE, ma non necessariamente partecipare all’elezione dei delegati. A seconda dei casi, sono soltanto i presenti ad un’assemblea generale, o i rappresentanti delle diverse associazioni all’interno di un’organizzazione ombrello che effettuano le elezioni. Questa situazione è contestata da alcuni espatriati, in particolare in Francia, il paese in cui vive il maggior numero di svizzeri espatriati e che dunque ha la delegazione più numerosa nel CSE.

Lei stessa candidata al CSE, Anne Bessonnet-Landry esprime perplessità sul sistema praticato in Francia. “Quando ho presentato la mia candidatura, non sapevo nulla di quella che sembra essere una curiosa peculiarità francese a questo riguardo: il diritto di voto limitato unicamente ai presidenti di associazioni e club svizzeri di Francia. Concretamente, questo significa che i 12 delegati francesi al CSE, che dovrebbero rappresentare i circa 180mila svizzeri di Francia, in realtà possono essere eletti soltanto da 70 persone, vale a dire un elettorato limitato a meno dello 0,05%!”

“Da quando mi sono candidata, molti compatrioti che non accettano e di essere privati del loro diritto di voto, mi hanno presentato le loro lamentele circa le modalità di scrutinio in Francia”, aggiunge.

Il Consiglio di svizzeri all’estero (CSE) ha 140 membri: 120 delegati rappresentanti della diaspora e 20 residenti in Svizzera.

Questi 20 “svizzeri dell’interno” sono dei rappresentanti politici e di vari settori importanti per gli espatriati (economia, media, cultura, ecc.). Sono eletti dal CSE su proposta della commissione per la Organizzazione degli Svizzeri all’estero.

I 120 delegati dell’estero rappresentano la Quinta Svizzera. I seggi sono distribuiti in base al peso demografico delle diverse comunità di svizzeri espatriati. A livello continentale, l’Europa dispone di 60 delegati, le Americhe di 30, l’Africa di 8, l’Asia di 16 e l’Oceania di 6.

A livello di paesi, è la Francia che ha il maggior numero di delegati (12). Gli altri paesi meglio dotati sono: Germania (8 delegati), Stati Uniti (8) Italia (6) e Canada (5). Tutti gli altri paesi hanno meno di 5 delegati.

In attesa di meglio

Da parte sua, l’Unione delle associazioni svizzere di Francia assicura di fare tutto il possibile per migliorare la situazione. Abbiamo già lavorato molto per coinvolgere maggiormente le associazioni, sottolinea il suo presidente Jean-Michel Begey. E questo comincia a portare frutti. Per le prossime elezioni abbiamo 18 candidati per 12 seggi disponibili. E il 60% dei candidati è la prima volta che si presenta. Il numero più elevato di candidati dà meno peso ai rimproveri di cooptazione che ci vengono spesso rivolti”.

“D’altra parte, invierò il curriculum vitae dei candidati a tutti i presidenti delle associazioni un mese prima del voto. La scelta sarà attuata in seno ai diversi comitati. Così non saranno solo i presidenti che decideranno. Evidentemente, l’ideale sarebbe che tutti i membri delle associazioni potessero votare. Siamo assolutamente aperti a questa possibilità. Ma in attesa di meglio, ce la sbroglieremo con la situazione attuale”.

Modello superato

Sulla piattaforma di comunicazione online degli espatriati elvetici swisscommunity.org, in molti denunciano anche il fatto che si debba far parte di una associazione riconosciuta dall’OSE per potersi candidare al CSE o partecipare all’elezione dei delegati .

“È vero che c’è un problema di legittimità democratica, deplora il parlamentare Carlo Sommaruga, membro del CSE e della Commissione di politica estera della Camera bassa del parlamento elvetico. La maggior parte degli svizzeri all’estero non sono membri delle associazioni. Questo modello, che andava bene negli anni 1960 e 1970, è completamente superato in un’epoca in cui gli espatriati sono sempre più mobili. Molti di loro non capiscono il motivo per cui dovrebbero far parte di un’associazione di jass, di canto o di hornuss per essere rappresentati”.

Per Rudolf Wyder, delegare l’organizzazione delle elezioni alle varie associazioni nazionali ha i suoi vantaggi. Questo permette di essere più vicini alle realtà in loco. “Sentiamo tuttavia la necessità di allargare la base elettorale”, spiega il direttore dell’OSE. L’idea è quella di andare verso un’elezione diretta attraverso il voto elettronico.

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Protezione dei dati

Una possibilità avrebbe potuto essere quella di organizzare le elezioni attraverso swisscommunity.org. Ma questa soluzione è inadeguata perché non consente di controllare se gli elettori hanno effettivamente il diritto di voto o se votano più di una volta. “Di fatto, solo lo Stato può garantire la validità del voto”, afferma Rudolf Wyder.

Pertanto, varrebbe la pena fare votare elettronicamente gli espatriati iscritti nei registri elettorali (circa 185mila persone, pari a più di un quarto degli svizzeri all’estero). Questa via è promettente, visto che prove di e-voting sono effettuate con successo da diversi anni per le votazioni federali.

Un progetto pilota è stato previsto anche per le attuali elezioni del CSE. Il governo federale ha tuttavia espresso un parere negativo. In risposta a una mozione della Commissione di politica estera della Camera del popolo che chiedeva che l’OSE potesse avere accesso elettronicamente agli espatriati iscritti nei registri elettorali, l’esecutivo ha scritto: “I dati contenuti nel sistema possono essere consultati solo per scopi consolari. La comunicazione di dati personali a terzi del settore privato, come l’OSE, non è previsto e, secondo La legge federale sulla protezione dei dati, è possibile solamente se la persona interessata acconsente esplicitamente”.

Ma le porte non sono definitivamente chiuse. “Poiché il sistema dovrà probabilmente essere sostituito nel 2015 con un sistema conseguente alla strategia svizzera di cyber-amministrazione, il Consiglio federale esaminerà la fattibilità di una soluzione che consentirebbe all’amministrazione federale di sostenere il voto elettronico dei delegati del CSE”, ha precisato l’esecutivo elvetico.

L’elezione elettronica del CSE, tuttavia, pone un quesito. “La sostituzione dell’attuale sistema indiretto con uno diretto solleva la questione del ruolo dei club e delle associazioni svizzere all’estero. Ci si può chiedere cosa perderebbero con un tale cambiamento”, rileva Rudolf Wyder. Ma il direttore dell’OSE resta fiducioso: “Noi crediamo che svolgeranno un ruolo più importante nella campagna rispetto ad oggi”.

Bisogna essere ricchi?

I delegati del CSE hanno l’obbligo di recarsi in Svizzera due volte l’anno per par partecipare alle sedute. Ma l’indennità è molto simbolico: un centinaio di franchi e i pasti offerti.

Il costo del viaggio in Svizzera – in particolare per i delegati che vengono da lontano – può quindi rivelarsi un ostacolo. Un forum di swisscommunity.org pone d’altronde la domanda in modo chiaro: “Un delegato del CSE deve essere ricco?”

“È ovvio che questo può rappresentare dei costi di viaggio troppo elevati per un delegato che fosse ad esempio, uno studente o un giovane all’inizio della carriera”, dice Anne Bessonnet-Landry. Per essere delegati “si devono avere il tempo e i mezzi”, riconosce Rudolf Wyder.

Attualmente, diverse associazioni danno un contributo per i costi dei loro delegati. Ma questa prassi potrebbe essere riesaminata il giorno in cui fossero meno direttamente coinvolte nel processo elettorale. “L’OSE sarà trovare un modo per partecipare alle spese. Infatti, instaurare un’elezione diretta senza abbassare parallelamente la soglia per poter partecipare alle sedute non sarebbe una progressione della democrazia”, rileva il direttore.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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