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Un futuro incerto per i migranti extraeuropei in Svizzera

Per i migranti extra-europei, il futuro in Svizzera non è all'insegna della sicurezza. © Keystone / Christian Beutler

Terra di immigrazione da decenni, la Svizzera non sembra però essere un'allieva modello in termini di integrazione. Secondo uno studio comparativo internazionale, è ancora tra i paesi del Vecchio Continente che fanno meno sforzi per fornire stabilità a lungo termine agli immigrati non europei.

La Svizzera non offre un futuro sicuro agli immigrati, afferma lo studio. Pubblicato mercoledì, il MIPEXCollegamento esterno (Migrant Intergration Policy Index) confronta le politiche di integrazione di 52 paesi e stila una classifica. La Confederazione si colloca al 25° posto, dietro a Francia, Germania, Italia e Regno Unito. Ottiene 50 punti su 100, pari a sette o otto punti in meno del punteggio medio degli altri paesi dell’Europa occidentale.

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Oltre l’80% della popolazione straniera residente in Svizzera proviene da un Paese europeo. Beneficiando dell’accordo sulla libera circolazione delle persone è libera di venire a lavorare e stabilirsi nella Confederazione. Per i cittadini non europei, invece, la situazione è complicata.

Lo studio colloca la Svizzera tra i paesi che offrono ai migranti di paesi terzi delle possibilità di integrazione temporanea, ma non la garanzia di potersi stabilire in modo permanente. Una posizione simile a quelle di Austria e Danimarca. “Questi paesi compiono solo metà del percorso per garantire ai migranti diritti fondamentali e pari opportunità. Le loro politiche incoraggiano la popolazione a vedere gli immigrati come stranieri e non come persone uguali e vicini di casa”, commentano i ricercatori.

L’indice mostra inoltre che la politica di integrazione della Confederazione nell’ultimo decennio non è cambiata. “L’approccio svizzero s’inserisce in una forma di continuità”, osserva Gianni D’Amato, direttore del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni (SFM), che partecipa all’elaborazione del MIPEX. La Svizzera vuole usufruire dei vantaggi economici della migrazione, ma il suo obiettivo non è l’integrazione a lungo termine, analizza il professore. “Il messaggio che il paese rivolge ai migranti è: siete i benvenuti, ma non in troppi e non per tutta la vita. Occorre mantenere il controllo per poter limitare il numero di immigrati”, afferma.

Lo studio individua due principali lacune nella politica svizzera di integrazione: la debole protezione contro la discriminazione e la difficoltà di accesso alla naturalizzazione.

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Scarsa protezione contro la discriminazione

Le vittime di discriminazioni sono meno protette e assistite in Svizzera che in qualsiasi altra parte del continente, mostra il confronto internazionale. La Confederazione è l’unico paese europeo a non avere una legge nazionale contro la discriminazione e un organismo di sostegno alle vittime.

Il problema non è una novità. Da diversi anni la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (ECRI) raccomandaCollegamento esterno alle autorità elvetiche di rafforzare, nel diritto civile e amministrativo, la protezione delle vittime di discriminazione razziale. Anche il Centro svizzero di competenza per i diritti umani formula proposte analoghe.

La Svizzera è riluttante ad adottare misure aggiuntive in questo settore, allorché la discriminazione nei confronti dei migranti colpisce tutti i settori della vita quotidiana. “Si manifestano, tra l’altro, nel mercato del lavoro e nella ricerca di un alloggio”, lamenta Didier Ruedin, insegnante e ricercatore all’SFM.

La norma penale antirazzista (articolo 261bisCollegamento esterno del Codice penale svizzero) punisce ogni discriminazione basata sull’appartenenza razziale, etnica, religiosa o sull’orientamento sessuale. “Tuttavia, il suo campo di applicazione è limitato. La prova è che i casi di discriminazione sono numerosi, ma danno luogo a poche sentenze”, sottolinea Didier Ruedin.

Passaporto difficile da ottenere

La ricerca evidenzia anche la politica di naturalizzazione restrittiva della Svizzera. Nel 2017, i votanti hanno accettato di facilitare la naturalizzazione di circa 25’000 giovani stranieri di terza generazione. Ma – sottolinea lo studio – il passaporto svizzero rimane più difficile da ottenere rispetto a quello della maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale. Inoltre, le condizioni per la naturalizzazione sono state ulteriormente inasprite nel 2018, con l’entrata in vigore della modifica della Legge sulla cittadinanzaCollegamento esterno.

“Il messaggio che il paese rivolge ai migranti è: siete i benvenuti, ma non in troppi e non per tutta la vita.”

Gianni D’Amato, presidente del Forum svizzero per lo studio delle migrazioni

Eppure, un tasso di naturalizzazione più elevato favorisce una migliore integrazione degli stranieri, rilevano gli esperti. Ciò rafforza l’accettazione dei migranti, il loro status socio-economico, la loro partecipazione politica, così come il loro senso di appartenenza e fiducia nel paese ospitante, si spiega nel rapporto.


Prestazioni sanitarie adeguate

Sebbene la politica di integrazione della Svizzera sia tutt’altro che all’avanguardia, il paese presenta comunque alcuni aspetti positivi per gli immigrati. Si distingue in particolare per il suo sistema sanitario accessibile a tutte le categorie di migranti. Ciò consente alla Confederazione di piazzarsi al secondo posto in questo campo, accanto a Irlanda, Nuova Zelanda e Svezia. In proposito, il rapporto elogia il portale per le pari opportunità in materia di salute “migesplusCollegamento esterno“, che mette a disposizione informazioni sulla salute in 56 lingue.

Anche il mercato del lavoro svizzero offre interessanti opportunità a una parte dei cittadini extraeuropei in possesso di un permesso di lavoro. Possono accedere ad un’attività lavorativa autonoma, a un impiego nel settore pubblica, all’assistenza sociale e alla formazione. Su questo punto, la Svizzera è nella media europea.

Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi

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