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Covid, le fake news che fanno male

La pandemia di nuovo coronavirus è stata accompagnata da quella che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito una "infodemia". Una miriade di informazioni diffuse a una rapidità senza precedenti. E tra queste molto spesso si nascondono le cosiddette fake news, che possono essere notizie spesso fabbricate ad arte per veicolare contenuti fuorvianti o totalmente falsi.

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Anche in Ticino le autorità sanitarie guardano con attenzione alla problematica, che può avere risvolti di carattere sociale e di ordine pubblico. Spesso nella miriade di informazione è molto difficile districarsi; secondo il medico cantonale Giorgio Merlani “ci sono le informazioni scientifiche vere ma possono essere vere “giuste” o anche vere “sbagliate”, questo perché i dati raccolti non sono completi e consolidati. Poi c’è tutta una serie pseudo informazioni o vere e proprie “bufale” che inquinano il web. Ma soprattutto preoccupa il fatto che per il cittadino diventa davvero complesso trovare informazioni attendibili su qualcosa di così nuovo. Per questo – spiega Merlani – “è davvero un disastro”.

Fake news, macchina del business. StudiCollegamento esterno passati hanno dimostrato come le fake news si diffondono sei volte piu velocemente che le notizie vere e possono anche costituire un problema di carattere sociale e di sicurezza nazionale, tanto che l’Unione europea ha creato gruppi di lavoro per farvi fronte. Un fenomeno che molto spesso fa rima con business. “È molto remunerativo occuparsi di disinformazione, la componente economica e molto importante”, ci dice Costanza Sciubba Caniglia ricercatrice dell’Istituto di Geopolitica digitale alla Harvard Kennedy School. “Abbiamo contato circa 100’000 domini che sono legati al Covid. Domini che guadagnano, aumentando il loro traffico attraverso la semplice pubblicità. Un metodo questo molto redditizio.”

Con il vaccino la macchina delle fake è ripartita

Rispetto a inizio epidemia gli animi si stanno scaldando soprattutto per due elementi. “Adesso la situazione è cambiata”, spiega ancora Merlani che la riassume in due parole: nuove varianti e vaccino. “Il vaccino oggi muove moltissimo le opinioni e sta ripartendo in modo colossale la questione delle informazioni vere, vere sbagliate e palesemente false”. Una problematica quella delle fake news in generale che all’interno dell’Ufficio del medico cantonale viene presa sul serio, tanto che c’è chi la studia. Ottavio Beretta, collaboratore scientifico dell’UMC già dal 2018 si occupa della questione.

Lo fa anche da un punto di vista psicologico. “La struttura della fake news – spiega Beretta – molto spesso è sempre la stessa. Abbiamo tipicamente una storia verosimile con la presenza di un mistero che in qualche modo deve essere svelato. E di un cattivo che crea un complotto o cospirazione. Una storia che finisce con un buono che scopre il segreto – molto spesso su Google – e poi svela tutto al mondo.

Un modo di ragionare semplicistico ma che si spiega con il funzionamento del cervello umano. Beretta citando studi scientifici spiega che “il nostro modo di ragionare sovente è intuitivo, istintivo. Un modo rapido di decidere spesso con delle scorciatoie mentali, dette euristiche. Se invece allenassimo di più la parte più razionale del cervello, più pigra e che necessita maggiore energia, riusciremmo ad avere maggiore equilibrio e ponderatezza rispetto a queste visioni del mondo.

Anche Merlani si arrabbia

Una situazione dunque non certo semplice per le autorità. “Sì mi arrabbio – ci confida Giorgio Merlani – soprattutto quando le informazioni sono costruite ad arte per confondere il lavoro che si sta facendo e per spaventare la gente. Certo il tema scientifico non è di facile accesso, e trasmetterlo alla gente non è evidente”. Per superare queste difficoltà per Merlani la strada è quella di non affidarsi ai blog, o alle pagine Facebook. “Chiedetevi perché certe informazioni  circolano in maniera sproporzionata lì, e non sono riprese da giornali o riviste scientifiche” spiega il medico cantonale. “Facciamoci prendere dal dubbio ogni tanto e andiamo a cercare dove ci sono dati affidabili e dove c’è la scienza.”

In Germania, multa sino a 5 milioni. Per arginare il fenomeno molte istituzioni si sono già mosse con divieti e norme ad hoc. Ma in Svizzera la legge cosa dice? “Nel nostro paese abbiamo impianti in tre ambiti normativi: nel codice penale, nel codice civile e anche a livello costituzionale”, spiega l’avvocato Rocco Talleri, esperto di legge informatica, “questi strumenti di legge possono punire i responsabili e se del caso arginare il fenomeno con multe o sanzioni”. Manca tuttavia un controllo sistematico. “Non ci sono dei poliziotti del web. Abbiamo una responsabilità del singolo – che se del caso può querelare – e portare la situazione all’attenzione del procuratore.” Certi paesi però fanno molto di più. “Per il Consiglio Federale – spiega Talleri – questo impianto è sufficiente. Ma in Germania con una legge elaborata apposta per questo tipo di situazioni si può ordinare al social media che viola una disposizione relativa a questo tipo di diffusione di rimuovere le informazioni entro 24 ore, se no è passibili di multe che vanno sino a 5 milioni di euro.”

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