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Comuni in difficoltà per l’aumento degli assistiti

I beneficiari dell'assistenza sociale non corrispondono sempre ai luoghi comuni Keystone Archive

In Svizzera il numero delle persone che ricorrono all’assistenza sociale è aumentato lo scorso anno del 10%, raggiungendo la cifra di 300'000.

La causa principale del fenomeno è da ricercare nella recessione economica. I comuni temono di non poter far fronte alle necessità.

L’aumento del numero degli assistiti rischia di creare grossi problemi finanziari ai comuni, ha avvertito lunedì durante una conferenza stampa a Berna la Conferenza svizzera delle istituzioni di assistenza sociale (Csias).

I comuni garantiscono infatti la maggiori parte delle prestazioni assistenziali, vale a dire circa 2 miliardi di franchi l’anno. Se la tendenza continua, gli assistiti potrebbero essere 400’000 in pochi anni.

“L’assistenza sociale è l’ultimo stadio del sistema di sicurezza sociale, che impedisce di cadere nell’abisso della miseria”, ha sottolineato durante la conferenza stampa Walter Schmid, presidente della Csias.

Stranieri, anziani, bambini, ragazze madri

Ad essere esposti al rischio di scivolare nell’indigenza sono soprattutto anziani, ragazze madri, stranieri, persone che hanno ormai perso il diritto all’assicurazione disoccupazione, malati psichici, alcolizzati e tossicodipendenti, ma anche giovani e bambini.

“Fra gli assistiti, gli stranieri sono sovra-rappresentati”, osserva il direttore della Csias, Ueli Tecklenburg, interpellato da swissinfo. “È un’eredità degli anni 60 e 70, quando il paese ha importato forza lavoro poco qualificata.”

Quanto ai giovani e ai bambini costretti a ricorrere all’assistenza sociale, si tratterebbe, secondo Tecklenburg, di stranieri o di figli di working poors.

“I genitori hanno un lavoro, spesso a tempo pieno, ma in settori con salari bassi”, precisa il direttore della Csias. “I salari non bastano, soprattutto quando si tratta di famiglie con un solo genitore e con costi fissi alti.”

Città e campagna

Il fenomeno colpisce innanzitutto le città: “È una situazione molto difficile per le città, i cui bilanci sono già ridotti all’osso”, dice a swissinfo Urs Geissmann, direttore dell’Unione delle città svizzere. “In alcuni cantoni c’è una perequazione finanziaria tra cantone e comuni, ma neppure i cantoni hanno fondi illimitati.”

Per Geissmann, una delle cause principali dell’aumento degli assistiti va ricercata nei tagli alle prestazioni dell’assicurazione disoccupazione. “Una misura a cui l’Unione delle città si era opposta”.

La povertà interessa tuttavia anche le campagne, o almeno i centri rurali più grossi. Qui agli altri problemi si aggiunge il calo costante dei proventi nel settore agricolo.

La ripresa non basta

Se la recessione è alla base dell’attuale crescita del numero di poveri, la ripresa economica non basterà a risolvere il problema. “Dal punto di vista statistico, il numero di assistiti aumenta durante la recessione, ma si limita a stabilizzarsi durante la ripresa”, nota Ueli Tecklenburg.

In altre parole, i posti di lavoro persi durante i periodi di stagnazione economica non sono immediatamente recuperati durante le fasi di crescita. Il tasso di disoccupazione strutturale aumenta.

Che fare, allora? “Bisogna stimolare gli assistiti a trovare un lavoro”, afferma Urs Geissmann, naturalmente preoccupato per la situazione finanziaria delle città.

Tecklenburg ritiene che sia necessario investire maggiormente in misure di integrazione e di formazione, se possibile in collaborazione con l’assicurazione invalidità e l’assicurazione disoccupazione. “La parola chiave è: collaborazione fra le istituzioni”.

La spada di Damocle dei tagli

La Csias chiede inoltre che i cantoni adottino provvedimenti per la concessione alle famiglie di prestazioni complementari, nonché un piano nazionale per contrastare il fenomeno.

Tutti questi desideri si scontrano però con la volontà di risparmio della Confederazione e la decisione del parlamento di adottare gli sgravi fiscali. Solo quest’ultima misura, se verrà accettata dal popolo in maggio, rischia di privare i cantoni e i comuni di 500 milioni di franchi in entrate fiscali.

swissinfo e agenzie

Una persona su due in Svizzera, pur avendone diritto, non ricorre all’assistenza sociale. È quanto afferma uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

Un’affermazione confermata dalla Caritas, che stima a 850’000 le persone che in Svizzera vivono al di sotto della soglia di povertà, a fronte di 300’000 assistiti.

Tra le persone che non chiedono un sostegno vi sono innanzitutto i clandestini. Nei comuni più piccoli il ricorso all’assistenza è inoltre ancora spesso stigmatizzato.

I beneficiari dell’assistenza sociale vivono modestamente. Una famiglia con due bambini al di sotto dei 16 anni, i cui genitori sono disoccupati, ha bisogno in media di 4367 franchi al mese per vivere, secondo i calcoli della Conferenza svizzera delle istituzioni di assistenza sociale (Csias).

Una cifra che scende a 2044 franchi se si levano i costi d’affitto e i premi dell’assicurazione malattia.

Una persona celibe disoccupata ha bisogno di 2056 franchi e un genitore che si occupa da solo di un figlio di 2939 franchi, affitti e premi compresi

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