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Come viene gestito il voto per posta nel paese della democrazia diretta

voting box
Keystone / Gian Ehrenzeller

In Svizzera, la percentuale di schede elettorali inviate per posta è aumentata costantemente nel corso degli ultimi decenni – e oggi corrisponde a circa il 90% del totale. Con la pandemia, le ultime votazioni federali del 27 settembre si sono svolte come al solito?

“Domenica gli elettori svizzeri voteranno il progetto X”. “I cittadini si recano alle urne questo fine settimana per esprimersi sull’iniziativa Y”. In Svizzera i giornalisti sono abituati ad utilizzare queste frasi fatte in vista di votazioni. Ma non significano più molto.

Almeno il 90% delle schede viene infatti inviato per posta prima della data del voto. Quindi i giochi sono già fatti nei giorni precedenti. Il risultato è semplicemente in attesa di essere conteggiato, negli uffici predisposti da ogni Comune.

È stato il caso, ad esempio, di Oberwinterthur, uno dei centri di conteggio del comune di Winterthur nel cantone di Zurigo. Sabato, il giorno precedente la votazione del 27 settembre, Jürg Billwiller, il responsabile delle operazioni di conteggio, ha riunito la sua squadra: circa 30 scrutatori, seduti a due a due a un grande tavolo in una sala della chiesa protestante.

Niente di spettacolare, l’atmosfera è seria. Gli scrutatori – volontari retribuiti – sfogliano mazzi di carta e guardano i loro colleghi fare lo stesso. È il cosiddetto principio dei quattro occhi, che aiuta a migliorare la precisione e a prevenire le frodi. Alcuni chiacchierano, altri indossano le cuffie e tutti hanno una maschera.

Nel pomeriggio hanno appena finito di controllare uno dei due elementi del sistema svizzero di voto per corrispondenza: le schede degli elettori, firmate, che accompagnano le schede in cui figura il loro voto. Per questa giornata di votazioni i cittadini potevano esprimersi su cinque temi di portata federale e due cantonali. Gli scrutatori estraggono le schede dalle buste, le ispezionano e le ordinano.

“Ma non le contiamo!”, insiste Jürg Billwiller. È solo sabato, il conteggio dei voti viene effettuato domenica con un apposito apparecchio. Per ora, gli scrutatori si limitano a eliminare le schede non valide (illeggibili, irrilevanti, bianche) e a separare le schede valide che portano un “sì” o un “no”.

Grandi scatole di plastica sono posizionate sul pavimento, pile di schede elettorali sono allineate sul tavolo. Dieci minuti di pausa e ritorno al lavoro. Tutto è molto ordinato.

A quante votazioni ha partecipato Jürg Billwiller? Non se lo ricorda.

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Una macchina ben oliata

Lui e la sua squadra costituiscono uno dei tanti ingranaggi che fanno funzionare senza intoppi le “domeniche di voto” – appuntamenti generalmente trimestrali della democrazia diretta in Svizzera.

Questa preparazione permette agli scrutatori di effettuare rapidamente il conteggio finale il giorno della votazione. Le urne si chiudono a mezzogiorno e i primi risultati cominciano ad arrivare immediatamente. Anche se ci sono diversi oggetti nazionali, cantonali e comunali, i risultati definitivi sono disponibili nel giro di poche ore.

Il procedimento di voto inizia quasi quattro mesi prima, spiega Stephan Ziegler, responsabile delle votazioni e delle elezioni nel cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera. I Cantoni – responsabili dell’organizzazione logistica – ricevono dalla Confederazione l’elenco dei temi nazionali sui quali i cittadini sono chiamati ad esprimersi e iniziano a preparare gli opuscoli informativi.

Otto settimane dopo, i Comuni cominciano a stampare le schede in base al registro elettorale. I cittadini le ricevono per posta tre o quattro settimane prima della data del voto e possono inviarle per posta o depositarle presso il loro comune, praticamente fino all’ultimo minuto, prima di mezzogiorno, della giornata di votazioni.

“È un processo molto consolidato”, dice Stephan Ziegler. Non ci sono prerequisiti per il voto per posta: basta ricevere la busta nella cassetta delle lettere”.

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Introdotto per la prima volta alla fine degli anni Settanta nel tentativo di aumentare la bassa affluenza alle urne, il voto per corrispondenza è stato sancito dalla legge svizzera nel 1994. Dal 2006, tutti i 26 Cantoni offrono questa opzione di voto ai loro cittadini.

“Funziona bene, quindi non c’è molto da discutere”, osserva Uwe Serdült, politologo dell’Università di Zurigo. I Cantoni affermano che circa il 90% dei cittadini vota ora per posta e si sono registrate quote fino al 97% (Argovia nel 2017).

Nei primi anni del voto per corrispondenza si discuteva di sicurezza, ricorda Uwe Serdült, così come ora avviene per il voto elettronico. Ma nel corso degli anni il sistema è stato ampiamente accettato, grazie all’elevata fiducia degli svizzeri nello Stato e nel sistema postale.

In termini di partecipazione, l’obiettivo è stato raggiunto solo parzialmente. Secondo uno studio del 2007, vi è stato un aumento del 4,1% del numero di votanti tra il 1970 e il 2005. Quindi, l’affluenza alle urne generalmente bassa – 43% in media – non è dovuta all’inconveniente di andare a un seggio elettorale in una mattina d’inverno, ma piuttosto alla frequenza delle consultazioni popolari e alla complessità delle questioni su cui decidere.

E per chi vuole ancora entrare fisicamente in un ufficio e inserire la propria scheda elettorale nelle urne – come Jürg Billwiller a Oberwinterthur – questa opzione esiste ancora e non è destinata a scomparire a breve.

Voto in tempo di Covid

A seguito della pandemia, alcuni Comuni hanno voluto raccomandare più del solito il voto per posta per il 27 settembre: a Berna sono stati affissi dei manifesti con un piccione viaggiatore che incoraggiava i cittadini a “preservare la loro salute e a votare per corrispondenza”.

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Un invito ben accolto. Le autorità municipali hanno annunciato che il voto per corrispondenza è passato dall’87,7% della precedente votazione di febbraio al 93,3% in settembre.

È difficile farsi un’idea a livello nazionale, perché non ci sono molte statistiche cantonali. Per il 27 settembre, c’è stato in ogni caso un forte aumento della partecipazione complessiva, che ha raggiunto il 60%, ossia una delle cifre più alte degli ultimi decenni.

I dati disponibili sul voto per corrispondenza mostrano aumenti marginali rispetto alla votazione di febbraio: dal 90 al 92,6% nel Cantone di Zurigo, dal 93 al 93,5% in Ticino, mentre a Basilea Città il tasso è passato da poco meno del 95% a quasi il 96%(!).

A Oberwinterthur, l’impatto principale della pandemia si è fatto sentire più a livello di conteggio che di voto. Il numero di buste ricevute per posta è aumentato dell’1,5%, raggiungendo poco più del 90% dei voti registrati. Il che è del tutto normale, rileva Jürg Billwiller. Meno normali sono state le condizioni di lavoro: di solito vi sono il doppio di scrutatori, non devono sedersi così distanti tra loro e, naturalmente, non devono indossare maschere.

Inoltre, di solito ci sono persone di tutte le età, mentre questa volta si vedono solo giovani. Non volevamo far venire persone dell’età considerata a rischio, rileva il responsabile delle operazioni di conteggio dei voti.

Non ancora perfetto

Naturalmente anche il sistema di voto per corrispondenza ha i suoi svantaggi, così come la stessa democrazia svizzera. Ma, rispetto ai dibattiti in altri Paesi, qui i problemi sono “di portata molto limitata”, osserva Uwe Serdült.

La frode è rara, ma è già avvenuta in passato. L’anno scorso la polizia ha interrogato un impiegato dell’ufficio elettorale di Ginevra, sospettato di aver distrutto alcune schede elettorali e di averne aggiunte altre. A Berna, 300 schede elettorali per le elezioni locali del 2016 sono state dichiarate non valide dopo che gli inquirenti hanno scoperto che avevano tutte la stessa calligrafia.

Un altro possibile problema è il “voto di famiglia”. Vi sono casi in cui il capofamiglia compila le schede di tutti i membri della sua famiglia? O in cui qualcuno è costretto a votare in un certo modo, perché non beneficia della segretezza della cabina elettorale? “Nella cultura politica svizzera partiamo dal presupposto che ciò non accade, anche se a volte accade”, osserva Uwe Serdült.

I francobolli sono un’altra questione ricorrente. Mentre alcuni Cantoni inviano la busta di ritorno già affrancata, altri lasciano che siano gli elettori a pagare l’affrancatura. Questo scoraggia alcune persone? Non ci sono prove concrete, anche se la domanda è stata posta fino nel Parlamento federale.

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E infine, c’è il caso degli svizzeri espatriati, che, in assenza del voto elettronico, possono esercitare i loro diritti politici solo per corrispondenza. Il voto per posta sta diventando “sempre più obsoleto”, dice Jézael Fritsche, portavoce dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE). Perché gli espatriati si spostano molto e perché alcuni servizi postali esteri non sono affidabili come quelli della Svizzera. Vi sono molti casi di cittadini che non ricevono il materiale di voto o che lo ricevono troppo tardi per poter partecipare. Ciò equivale a una discriminazione “de facto”, sottolinea Jézael Fritsche.

L’OSE continuerà quindi a premere per l’introduzione del voto elettronico, attualmente congelato a seguito della scoperta di lacune di sicurezza nei sistemi finora utilizzati.

Traduzione di Armando Mombelli

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