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Come la Svizzera potrebbe contribuire a ripristinare la credibilità delle Nazioni Unite

un uomo e una donna parlano a un tavolo di una sala riunioni
Nel giugno 2022, il presidente della Confederazione e ministro degli esteri Ignazio Cassis era presente assieme all'ambasciatrice all'ONU Pascale Baeriswyl all'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York quando la Svizzera è stata eletta per la prima volta nel Consiglio di sicurezza. © Keystone / Alessandro Della Valle

Dall'inizio di quest'anno la Svizzera siede per la prima volta nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove s'impegnerà a promuovere la pace, la sicurezza e le riforme. Si tratta di un compito arduo nell'attuale clima geopolitico, ma la Confederazione ha alcuni punti di forza.

Dal 1° gennaio 2023 la Svizzera è uno dei dieci membri non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un periodo di due anni. Non ha diritto di veto come i cinque membri permanenti (Russia, Cina, Stati Uniti, Francia e Regno Unito). Il Consiglio di sicurezza è l’organo più importante per garantire la pace e la sicurezza nel mondo, ma la sua credibilità, già compromessa, è stata ulteriormente minata dal suo fallimento nel porre fine alla guerra in Ucraina. La Russia ha usato la sua facoltà di veto per bloccare una risoluzione che condannava l’invasione di cui era responsabile.

Può quindi la piccola Svizzera, senza diritto di veto, contribuire a portare avanti le riforme in seno al Consiglio di sicurezza?

“Assolutamente sì”, afferma Thomas Biersteker, professore onorario presso il Graduate Institute di Ginevra che ha lavorato con il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e specialista del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. “Lo sta già facendo da più di un decennio. Il fatto di essere presente all’interno del Consiglio darà alla Svizzera un’opportunità, che non ha avuto in passato, di avere un maggiore accesso e sollevare questioni di importanza prioritaria”, dice.

Il Governo elvetico ha fissato quattro priorità per la sua partecipazione al Consiglio, afferma Thomas Gürber, a capo della Divisione ONU del DFAE a Berna: promuovere una pace sostenibile, proteggere le popolazioni civili, affrontare la questione della sicurezza climatica e migliorare l’efficacia del Consiglio. Gürber sottolinea che la Svizzera vuole “lavorare con tutti i partner” e mettere a disposizione le sue competenze in materia di politica di pace. La Svizzera avrà anche la possibilità di presiedere il Consiglio due volte: nel maggio 2023 e poi di nuovo per un mese nel 2024. Questo “ci darà l’opportunità di introdurre le nostre priorità nelle discussioni”, dice Gürber.

Un diplomatico svizzero afferma a SWI swissinfo.ch che il compito più importante al momento, anche se non il più spettacolare, è probabilmente quello di “cercare di proteggere l’ordine giuridico internazionale, che è minacciato” e di “sostenere e rafforzare il diritto internazionale e di costruire alleanze con altri [Paesi]” che vogliono agire in tal modo. Questo potrebbe sembrare astratto, ammette, ma “è un lavoro quotidiano con ogni risoluzione”.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è ampiamente considerata una violazione del diritto internazionale e dello Statuto delle Nazioni Unite. Desta inoltre molta preoccupazione il fatto che Mosca abbia preso di mira le infrastrutture civili, ciò che è in contrasto con il diritto internazionale umanitario definito dalle Convenzioni di Ginevra. Sebbene nel mondo vi siano molte altre violazioni del diritto internazionale, questa situazione è particolarmente preoccupante dati il potere e la posizione di Mosca in seno alle Nazioni Unite.

Consiglio di sicurezza in una posizione “difficile”

Adam Lupel, vicepresidente e direttore operativo dell’Istituto Internazionale per la Pace a New York, afferma che l’attuale situazione del Consiglio di sicurezza è “drammatica e difficile” e che le cose potrebbero peggiorare ulteriormente. All’inizio della guerra in Ucraina, dice a SWI, c’era il forte timore che il Consiglio si bloccasse completamente, ma esso continua a lavorare su molte cose, sebbene si tratti delle questioni meno controverse tra le grandi potenze. Ad esempio, ha rinnovato i mandati per il mantenimento della pace in Africa e, nel mese di marzo, il mandato della Missione di Assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan. La situazione, sostiene Lupel, non è così negativa come durante la Guerra fredda negli anni Ottanta, quando i continui disaccordi tra le potenze detentrici del diritto di veto, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, paralizzarono il Consiglio. 

Gürber concorda che i tempi sono difficili e che la guerra in Ucraina sta avendo ripercussioni sulla cooperazione in seno al Consiglio di Sicurezza. “Il Consiglio ha reagito agli sviluppi della guerra in Ucraina con numerosissime riunioni, ma non è in grado di prendere alcuna decisione sull’Ucraina a causa del veto russo”, afferma a SWI.

Negli ultimi anni, il Consiglio non è riuscito a intraprendere azioni forti nemmeno nei confronti di Paesi quali la Siria e il Myanmar a causa dei poteri di veto di Russia e Cina.

Tuttavia, Gürber condivide l’opinione che le cose non sono completamente bloccate, con riunioni che si svolgono come previsto e decisioni su molte questioni. “Resta però da vedere fino a che punto la cooperazione potrà essere mantenuta al di là del dossier sull’Ucraina e se il Consiglio di sicurezza sarà ancora in grado di agire”, dice. “Oltre alla guerra in Ucraina, le molteplici crisi attuali – come le conseguenze della pandemia di Covid-19, i cambiamenti climatici e la penuria di cibo ed energia – mettono a dura prova la comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza”. Tutte queste crisi hanno un impatto sulla pace e sulla sicurezza internazionale.

Con i membri permanenti del Consiglio di sicurezza più o meno divisi in due blocchi contrapposti, Biersteker pensa che la sfida principale per la Svizzera sarà quella di “navigare nella politica del Consiglio e cercare di mantenere i canali aperti”. Questa sfida è la stessa per gli altri membri eletti, ma la Confederazione ha una lunga tradizione nella mediazione.

Il Paese ha storicamente un ruolo di mediatore nei conflitti e ha ospitato dei colloqui di pace, oltre ad aver assunto dei mandati in qualità di potenza protettrice per rappresentare gli interessi dei Paesi in conflitto nei loro rispettivi territori.

Punti di forza della Svizzera

Che cosa può quindi fare la Svizzera? L’ambasciatore Gürber afferma che in tutti gli ambiti prioritari che ha stabilito, la Confederazione ha un trascorso credibile e riconosciuto dalla comunità internazionale, “ad esempio nel campo dei buoni uffici o in ambito umanitario”.

Biersteker concorda sul fatto che la storia di neutralità e di “accessibilità” della Svizzera alle parti in conflitto dovrebbe essere un punto di forza. “Penso che [il Paese] abbia anche delle capacità”, dice a SWI. “E con questo intendo un corpo diplomatico di alta qualità, capace, giusto ed equilibrato. Capacità che gli altri membri eletti non hanno”.

“Il Consiglio di sicurezza si trova in una posizione difficile, date le relazioni tra le grandi potenze”, afferma Lupel. “Ma ci sono opportunità per lavorare. E penso che la Svizzera sia nella posizione ideale per avere un impatto positivo in questo lavoro, grazie alla sua posizione di costruttrice di ponti, di campionessa riconosciuta del diritto internazionale e al suo ruolo di custode delle Convenzioni di Ginevra”.

Limitare il potere di veto

Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’interesse si è concentrato sulla possibilità di eliminare o limitare il potere di veto dei cinque membri permanenti. Si tratta di un vecchio problema istituzionale e la Russia non è l’unica dei cosiddetti P5 ad aver ricorso al veto in passato per bloccare risoluzioni che non le piacevano. Il diritto di veto è stata una concessione alle grandi potenze per convincerle a partecipare alla fondazione dell’ONU nel 1945, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questo dopo che il suo predecessore, la Società delle Nazioni, aveva fallito a causa della sua incapacità di agire.

“La Svizzera non è una sostenitrice del veto”, afferma Gürber. “Tuttavia, l’abolizione di questo diritto richiederebbe una modifica dello Statuto delle Nazioni Unite e questo sarebbe possibile solo con il consenso dei due terzi degli Stati membri dell’ONU e di tutti gli Stati con potere di veto. Ciò non è realistico. La Confederazione s’impegna quindi per una maggiore trasparenza ed efficienza del Consiglio di sicurezza dell’ONU e in questa discussione si considera una costruttrice di ponti”.

Anche in qualità di non membro, la Svizzera lavora già da un po’ su questo tema. Da tempo chiede ai Paesi con potere di veto di astenersi dall’usarlo nei casi di crimini internazionali. Gürber rammenta che nel 2015 il gruppo ACT (Accountability, Coherence and Transparency) dell’ONU, un gruppo interregionale di Paesi di piccole e medie dimensioni coordinato dalla Svizzera, ha proposto un “codice di condotta relativo all’azione del Consiglio di sicurezza in caso di genocidio, crimini contro l’umanità o crimini di guerra”. Il codice esorta tutti i membri del Consiglio a non votare contro le bozze di risoluzione credibili volte a prevenire o fermare le atrocità di massa. Il codice di condotta è stato sottoscritto da oltre 120 Stati, rileva Gürber, “e vorremmo che questo numero aumenti ulteriormente”.

In aprile, la Svizzera ha anche appoggiato una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU che rende più responsabili i membri che utilizzano il loro potere di veto. Essa prevede che i Paesi debbano presentarsi e spiegare la loro decisione di fronte all’Assemblea generale. Quest’organo delle Nazioni Unite non ha poteri vincolanti come il Consiglio di sicurezza, ma comprende tutti i 193 Stati membri dell’ONU e ha autorità morale. La risoluzione è stata presentata da un altro piccolo Stato, il Liechtenstein. Da allora, la nuova regola non ha impedito a Russia e Cina di usare il proprio potere di veto (contro le proposte di risoluzione sull’estensione dei corridoi umanitari in Siria, sulle sanzioni alla Corea del Nord e il veto russo contro una risoluzione che condanna l’annessione di quattro regione dell’Ucraina), ma i due Stati hanno dovuto presentarsi, spiegare e affrontare una discussione. Secondo esperti ed esperte, è troppo presto per dire se questa nuova regola scoraggerà il ricorso al veto a lungo termine, ma di sicuro contribuisce a una maggiore trasparenza e pressione diplomatica.

Costruire ponti

La Svizzera ha un’affinità naturale con il blocco occidentale, ma afferma che cercherà di lavorare anche con Paesi di altre regioni, a seconda delle questioni. La Confederazione ha relazioni relativamente buone con la Cina, che potrebbe sfruttare su alcune questioni come i cambiamenti climatici e la protezione delle popolazioni civili durante i conflitti. Berna potrebbe anche collaborare con Pechino per quanto riguarda l’Africa, dove la Cina ha una certa influenza.

“Credo che la Svizzera, se ho capito bene, abbia ottime relazioni con la Cina”, afferma Lupel. “Quindi potrebbe forse fare da ponte tra l’Europa e la Cina, e poi tra la Cina e la Russia”.

La Russia ha definito la Svizzera un “Paese ostile” dopo che Berna si è allineata alle sanzioni dell’UE contro Mosca decise in seguito all’invasione dell’Ucraina. Ha anche rifiutato l’offerta elvetica di “buoni uffici” (accettata da Kiev) per rappresentare gli interessi russi in Ucraina e viceversa. In modo piuttosto controverso, però, il ministro degli esteri svizzero Ignazio Cassis è stato visto stringere la mano al suo omologo russo Sergei Lavrov a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si è svolta in settembre.

“Ovviamente non sono a favore dell’invasione russa dell’Ucraina, ma credo sia molto importante mantenere aperti alcuni canali”, afferma Biersteker. “A un certo punto la guerra finirà, speriamo il prima possibile, e allora ci sarà una soluzione negoziata. Non si può semplicemente denigrare, demonizzare gli altri, anche se si criticano profondamente le loro azioni e il loro comportamento. Credo che anche in questo caso la Svizzera possa svolgere il ruolo fondamentale di Paese neutrale”.

Articolo a cura di Imogen Foulkes. L’articolo originale è stato pubblicato il 14 novembre 2022.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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