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Clima: accordo raggiunto ma esultano in pochi

Il ministro Moritz Leuenberger (a destra) e il capo della delegazione elvetica Thomas Kolli Keystone

Sabato a Copenaghen è stata approvata l'intesa sul clima. Il risultato finale ha ricevuto parecchie critiche: in particolare, poiché mancano impegni vincolanti in merito alle emissioni dei gas a effetto serra.

Nella tarda serata di venerdì, al termine di una concitata giornata di negoziati, una fonte della delegazione americana aveva reso noto che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama era riuscito a trovare un’intesa con il premier cinese Wen Jabao, il primo ministro indiano Manmohan Sing e il leader sudafricano Jacob Zuma.

Lo stesso Obama era comunque stato chiaro in merito alla reale portata dell’accordo raggiunto: «Non è sufficiente per combattere il cambiamento climatico, ma si tratta di un importante inizio. Nessuna nazione è completamente soddisfatta, ma l’intesa in questione costituisce un significativo e storico primo passo nonché una base sulla quale costruire ulteriori progressi».

«Prendere atto»

Durante la notte, si è registrata la ferma opposizione del piccolo arcipelago nel Pacifico di Tuvalu – «avete messo trenta denari sul tavolo per farci tradire il nostro popolo, ma il nostro popolo non è in vendita» – e in seguito una serie di interventi contrari da parte di nazioni latinoamericane: Venezuela, Bolivia, Cuba, Nicaragua e Costarica.

Il presidente venezuelano Hugo Chavez, dopo aver affermato che il capitalismo è la causa dell’inquinamento, ha definito «ridicoli» i 100 miliardi di dollari che verranno destinati dai paesi ricchi a quelli poveri per aiutarli a far fronte ai cambiamenti climatici, ricordando come – per aiutare le banche – in poco tempo siano stati spesi ben 700 miliardi di dollari. Egli ha poi definito «antidemocratica» la genesi dell’accordo.

Nelle ore seguenti, il testo è comunque stato ratificato: va infatti ricordato che, in assenza di un avallo, non avrebbero potuto essere attivati nemmeno i fondi compensativi previsti dall’accordo e destinati ai paesi in via di sviluppo.

La formula scelta – «prendere atto dell’accordo» – garantisce uno statuto giuridico sufficiente per rendere l’intesa operativa, senza avere bisogno dell’approvazione delle parti.

Nessun numero

Nell’intesa non sono stati formulati impegni quantitativi in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra, né a medio né a lungo termine. A tal proposito, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha spiegato che l’accordo non è stato trovato, e che l’opposizione della Cina a un monitoraggio delle emissioni è stato uno dei problemi principali.

Prima dell’incontro decisivo, l’ultima bozza diffusa prevedeva le seguenti quote di riduzione: mondo intero -50% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990; paesi industrializzati: -80%; paesi in via di sviluppo: 15-30% in meno. L’aumento della temperatura globale del pianeta dovrà essere contenuto entro i 2 gradi centigradi sui livelli preindustriali.

Aiuti finanziari

I paesi in via di sviluppo saranno finanziati con un fondo che raggiungerà i 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020: il suo scopo è favorire l’adozione di tecnologie ecologiche per affrontare efficacemente le conseguenze dei cambiamenti climatici.

In particolare, sono previsti aiuti per un ammontare di 30 miliardi di dollari entro il 2012. Gli Stati Uniti hanno promesso di contribuire con 3,6 miliardi.

Bilancio mitigato di Leuenberger

Secondo il ministro svizzero dell’ambiente Moritz Leuenberger, il risultato del vertice danese costituisce nel medesimo tempo un successo e un fallimento. Infatti, ha affermato sabato nel quadro di una conferenza stampa, sebbene non sia stato adottato un accordo vincolante gli impegni presi costituiscono un «progresso dal profilo della politica climatica» e una «speranza nella lotta contro i cambiamenti climatici».

Leuenberger ha evidenziato che buona parte dei paesi emergenti e in via di sviluppo si sono impegnati a ridurre le loro emissioni: a suo dire, un simile risultato non avrebbe potuto essere ottenuto due anni or sono.

Gli aspetti problematici della riunione dei 193 paesi a Copenaghen sono – secondo il ministro – la mancanza dell’obbligo per tutti gli Stati di ridurre le emissioni così come l’assenza di un meccanismo di controllo. Leuenberger si è inoltre espresso in modo critico in merito alla gestione dei dibattiti e al programma troppo ambizioso: «L’ONU vorrebbe risolvere tutti i problemi in questa sede, dalla povertà nel mondo alle guerre».

Infine, secondo il consigliere federale, «è forse il momento di abbandonare il sogno del consenso su questi temi: ci saranno sempre delle opinioni diverse. Si potrebbe seguire l’esempio della Svizzera, la quale riesce a coinvolgere le minoranze nel processo decisionale evitando di ricorrere a imposizioni».

Insoddisfazione diffusa

«La mancanza di numeri sui gas serra è un fallimento. Questo vertice ha dimostrato il limiti del sistema Onu, pari a quelli di una bolla di sapone», ha commentato il presidente francese Nicolas Sarzoky. Un portavoce dell’Ue ammette: «È molto meno di quanto speravamo, ma un accordo è meglio di nessun accordo e mantiene vive le nostre speranze».

Dal canto loro, le associazioni ambientali parlano di fallimento. Secondo Greeenpeace, si tratta di «un fiasco totale». Anche il Brasile è scontento: «Sono sconcertato», ha dichiarato l’ambasciatore Sergio Serra: «Ci siamo messi d’accordo solo sul fatto di riunirci ancora».

La Cina ha espresso soddisfazione in merito a un risultato ritenuto positivo, mentre il rappresentante sudanese ha paragonato l’accordo all’Olocausto, affermando che esso condanna il popolo africano all’incenerimento.

Una nuova conferenza dovrebbe tenersi a Bonn entro sei mesi per preparare la prossima Conferenza sul clima in Messico alla fine del 2010.

swissinfo.ch e agenzie

Il testo, un documento di tre pagine, fissa come obiettivo il limite di riscaldamento del pianeta a 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali.

Prevede anche aiuti pari a 30 miliardi di dollari su tre anni per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici, e una successiva crescita degli aiuti fino a 100 miliardi di dollari entro il 2020.

I rappresentanti di quasi 200 paesi si sono riuniti dal 7 al 18 dicembre a Copenaghen per cercare di raggiungere un accordo sul clima che dovrà prolungare o sostituire il Protocollo di Kyoto, che scade nel 2012.

L’obiettivo principale era la riduzione le emissioni di gas a effetto serra affinché l’aumento delle temperature non sia superiore a 2 gradi rispetto all’era preindustriale.

Il Giec (Gruppo d’esperti intergovernativo sull’evoluzione del clima) ritiene necessaria una riduzione del 25-40% delle emissioni dei paesi industrializzati entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.

Il governo elvetico vuole ridurre del 20% le emissioni della Svizzera entro il 2020. Berna è pronta comunque a fissare un obiettivo del 30%, a dipendenza dei risultati della conferenza di Copenaghen.

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