Dopo una maratona notturna di diciassette ore, i leader dell'Unione europea hanno deciso all'unanimità di avviare dei negoziati per un terzo programma di salvataggio da 82-86 miliardi di euro. In cambio, Atene ha tre giorni per approvare un pesante pacchetto di riforme: fisco, pensioni, accesso al mercato, riforme giudiziarie.
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swissinfo.ch e tvsvizzera.it (Telegiornale del 12.07.2015)
Fin dall’inizio, la riunione aveva preso le sembianze di uno scontro di pugilato. Da un lato la Germania che difende ad ogni costo la linea intransigente dell’austerità e, secondo un documento rivelato dalla stampa, avrebbe proposto l’uscita della Grecia dalla zona euro per un periodo di cinque anni. Dall’altro la Francia, convinta che dal futuro di Atene dipende anche quello dell’Unione europea e più aperta a trovare un compromesso pur di salvare il paese.
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Al termine di lunghi e accesi dibattiti, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato che “la fiducia, seriamente danneggiata, potrà essere ricostruita”. E l’ipotesi Grexit sembra per ora essersi allontanata.
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Alla vigilia del summit, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana ha ripercorso gli ultimi cinque anni di relazioni tra la Grecia, i suoi creditori e Bruxelles per cercare di capire le origini della crisi.
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Oggi l’Europa chiede nuovi sacrifici, alla Grecia. È questa la soluzione? E perché lo scenario Grexit sembra non fare più così paura? Infine: come mai Spagna, Portogallo e Irlanda sono riuscite a superare la crisi mentre la Grecia no? La Radiotelevisione svizzera di lingua italiana lo ha chiesto a Sergio Rossi, professore di macroeconomia all’Università di Friborgo.
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La Svizzera intende sostenere l’amnistia fiscale greca
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Confrontata con un debito di oltre 300 miliardi di euro, la Grecia conta sulla Svizzera per aiutarla a recuperare un tesoro di capitali non dichiarati e custoditi nelle casseforti elvetiche.
Gli attivisti che combattono i paradisi fiscali sono tuttavia scettici sulle amnistie fiscali «non democratiche». Secondo loro, sono infatti soggette a scappatoie che permettono a numerosi evasori fiscali di sottrarsi ai loro obblighi.
«Con questo genere di accordi, il diavolo si nasconde sempre nei dettagli. Se la Svizzera potesse affermare di aiutare a porre fine ai capitali non dichiarati nelle banche, questo potrebbe essere positivo per la sua immagine», afferma Nicholas Shaxson della rete Tax Justice Network.
«Ma le amnistie favoriscono solitamente le persone ricche, che possono pagare degli esperti per individuare scappatoie, ricorrendo ad esempio a contratti assicurativi o a trust discrezionali. Queste strutture rendono gli attivi “tecnicamente dichiarati”, ma permettono loro di rimanere all’estero e di sfuggire al radar delle amnistie», rileva.
Heather Low del Global Financial Integrity osserva che «le amnistie fiscali fanno la differenza soltanto se la gente crede che, una volta terminate, il governo perseguirà con fermezza coloro che non hanno dichiarato i loro capitali». Negli Stati Uniti, aggiunge, «le persone che evadono il fisco e che non si sono annunciate in occasione di un’amnistia avrebbero paura delle autorità. Ma non sono così sicura che sarebbe lo stesso in Grecia».
Programma di autodenuncia
In aprile, l’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis ha annunciato i piani di un’amnistia fiscale globale per rimpatriare i fondi depositati all’estero. Il governo, la cui proposta deve ancora ottenere l’avvallo del parlamento, ha previsto una tassa unica del 21% per gli evasori che si metteranno in regola.
I negoziati tra Atene e Berna sul miglior modo di recuperare i soldi sottratti al fisco e nascosti nelle banche elvetiche sono iniziati nel 2012. Le due parti dovrebbero essere ora vicine a una soluzione che consentirebbe alle banche di collaborare. La Svizzera non sarebbe un partner ufficiale dell’amnistia greca, ma l’approvazione e la collaborazione delle autorità elvetiche sarebbe parte integrante del programma.
A questo scopo, in marzo e in aprile si sono tenuti due incontri internazionali per discutere i dettagli pratici di come convincere gli evasori fiscali a partecipare all’amnistia. Sebbene la questione non sia ancora conclusa, Varoukfakis si è sentito sufficientemente fiducioso per annunciare, al termine di un incontro con dei responsabili svizzeri in aprile, l’amnistia fiscale globale voluta dalla Grecia.
Il Segretario di Stato svizzero per le questioni finanziarie internazionali ha confermato in un comunicato che stava aiutando la Grecia «a sviluppare un programma di autodenuncia praticabile» prima che la Svizzera inizi a scambiare automaticamente le informazioni fiscali con l’Unione europea. «Questo presuppone un utilizzo più efficace dell’accordo contro la doppia imposizione tra Svizzera e Grecia e l’adozione, da parte del parlamento greco, di un programma di autodenuncia efficace e sufficientemente attrattivo».
La Svizzera ha accettato di adottare lo scambio automatico d’informazioni fiscali entro l’inizio del 2018 al più tardi. In quest’ottica, le banche temono di vedere i loro clienti trasferire i loro averi in altre giurisdizioni, a meno che non abbiano prima la possibilità di regolare la loro situazione con la Grecia.
Frustrazione greca
In giugno, qualche giorno prima di rassegnare le dimissioni, Varoufakis ha parlato durante un’intervista alla trasmissione Rundschau della Televisione svizzera di lingua tedesca della frustrazione della Grecia nello scovare i fondi non dichiarati in Svizzera.
L’allora ministro era consapevole che dei greci celavano illegalmente dei soldi nelle banche elvetiche. A causa del segreto bancario non poteva però sapere in quali istituti, o in quali città, erano depositati i fondi. «Ne sappiamo troppo poco per essere in grado di localizzare questi soldi», ha deplorato.
Interrogato sulle voci secondo cui gli evasori fiscali greci avrebbero dovuto pagare un tassa del 20% sui loro averi nascosti, Varoufakis si è rifiutato di confermare o di negare la cifra. Ma ha parlato della difficoltà di stabilire una sanzione che sia corretta e pragmatica. «Non è mai facile trovare una via di mezzo», ha detto. Non si sa se le dimissioni di Varoufakis del 6 luglio avranno un impatto sui negoziati tra i due paesi.
Quanti soldi in Svizzera?
A causa del segreto bancario e del fatto che gli averi dichiarati sono nascosti, non esistono dati precisi sugli importi che i greci hanno depositato in Svizzera.
Stando alla Banca nazionale svizzera, i fondi greci su normali conti di risparmio e di deposito nelle banche elvetiche totalizzavano 636 milioni di franchi a fine 2014. Ma questa cifra non tiene conto della paletta di altri investimenti quali le azioni, le obbligazioni, l’immobiliare e i soldi depositati in trust o fondazioni.
In un rapporto del 2009, la banca Helvea ha rilevato che il 99% dei fondi depositati in Svizzera da cittadini greci (allora stimati a 24,2 miliardi di franchi) non erano dichiarati alle loro autorità fiscali. Un anno più tardi, l’ex ministra delle finanze francese Christine Lagarde ha consegnato alle autorità greche una lista con i nomi di oltre 2'000 cittadini greci che detenevano dei conti nella filiale di Ginevra della banca HSBC.
Di recente, il domenicale NZZ am Sonntag ha anch’esso sottolineato le incertezze attorno alla cifra esatta dei clienti e dei fondi, stimando che la fortuna non dichiarata dei greci in Svizzera si situa tra i 2 e i 200 miliardi di euro.
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Yanis Varoufakis, ministro greco delle finanze, è stato molto schietto: «La democrazia meritava una spinta nelle questioni europee. Noi l’abbiamo fornita. Lasciamo che sia il popolo a decidere», ha scritto via twitterCollegamento esterno il 26 giugno, dopo l’annuncio del governo di sottoporre a un voto popolare, il prossimo 5 luglio, le proposte avanzate alla Grecia…
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