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Cinquant’anni d’Europa senza la Svizzera

Lo storico momento della firma del Trattato di Roma, il 25 marzo 1957 (traitederome.fr)

Cinquanta anni or sono, i sei padri fondatori dell'Europa unita firmavano il Trattato di Roma. Oggi l'Unione conta 27 membri. Ma tra questi, la Svizzera non c'è.

All’indomani del 25 marzo 1957, la stampa svizzera oscilla tra entusiasmo e scetticismo di fronte alla creazione della Comunità economica europea e non accenna a nessun possibile legame con il destino della Svizzera.

«A cinquant’anni di distanza dal Trattato di Roma non si sottolineeranno mai abbastanza i meriti storici dell’Unione europea»: a rendere omaggio all’UE, dalle pagine del quotidiano Neue Zürcher Zeitung, è la ministra degli esteri elvetica, Micheline Calmy-Rey. L’Europa ha saputo «assicurare la pace dopo la Seconda guerra mondiale, riunificare l’Europa dopo la Guerra fredda, creare un mercato interno che oggi è lo spazio economico più forte al mondo: anche la Svizzera ha approfittato enormemente di questo sviluppo».

La storia di questo progetto rivoluzionario, in realtà, comincia qualche anno prima della firma del Trattato di Roma. Già nel 1951, la Francia e la Germania, alle quali si uniscono l’Italia, i Paesi Bassi, il Belgio e il Lussemburgo, si accordano sulle industrie pesanti che erano servite a fabbricare cannoni e fucili per la Seconda guerra mondiale. Nasce così la CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

Sulle ali dell’entusiasmo, i sei paesi tentano di creare un esercito comune. Ma i tempi non sono ancora maturi: il progetto di Comunità europea di difesa si urta nel 1954 all’opposizione dei gaullisti e dei comunisti del parlamento francese.

I Sei continuano però per la loro strada e tre anni più tardi, nel quadro sontuoso del Campidoglio a Roma, firmano l’atto di nascita della Comunità economica europea (CEE).

Il trattato ha come ambizione di stabilire «un’unione sempre più stretta tra i popoli europei». Ma in attesa di raggiungere questo obiettivo, la nuova comunità si accontenta di un «mercato comune» basato sulla libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi e sulla soppressione delle barriere doganali tra gli stati membri.

Tra entusiasmo e scetticismo

In Svizzera, la stampa definisce d’importanza storica la firma del Trattato di Roma. Per la Neue Zürcher Zeitung, si tratta di «una tappa significativa sulla via che porta all’Europa unita».

Ma il corrispondente da Roma del quotidiano zurighese scrive anche di aver visto i firmatari «coscienti delle difficoltà e delle resistenze che ostacolano ancora la concretizzazione di diversi paragrafi dell’accordo».

Per il Journal de Genève, «malgrado tutto, l’Europa è in cammino». Il Trattato rappresenta una specie di «direzione provvisoria per l’Occidente e implica un necessario raggruppamento delle assemblee europee».

Nelle Basler Nachrichten si legge che «per la prima volta nella storia recente dell’Europa si è avuta la sensazione di una vera appartenenza e di una vera cooperazione della famiglia dei popoli europei».

Sempre a Basilea, il quotidiano di sinistra Basler AZ pur salutando «l’evento del giorno» prevede per la nuova comunità delle «crisi che ne colpiranno la crescita».

Il Tages Anzeiger di Zurigo ritiene che solo le generazioni future potranno giudicare se quanto è successo a Roma sia veramente di portata storica.

Scettica anche la Gazette de Lausanne che scrive: «Questa Europa può credere in sé stessa solo se le campane di Roma hanno veramente salutato l’inizio di una nuova epoca».

La Svizzera a bordo campo e a tratti ostile

Su una cosa i commentatori sono tutti concordi: qualunque sia l’importanza del Trattato di Roma per l’Europa, non ci sono legami con il futuro della neutrale Svizzera. Nelle colonne dei giornali, di questo punto non si parla proprio.

E negli ambienti politici, a volte, prevale addirittura un’aperta ostilità.

Stando a Georg Kreis, direttore dell’Istituto europeo dell’Università di Basilea, «all’epoca la Svizzera ha partecipato ad un tentativo di sabotaggio per impedire la creazione della CEE».

Con la Gran Bretagna e qualche altro alleato, la Svizzera si è impegnata per la creazione di una vasta zona europea di libero scambio che in un certo senso avrebbe dovuto affossare il progetto politico europeo. Nel 1960 sarebbe così nata l’Associazione europea di libero scambio (AELS).

«È evidente che la Svizzera non era per niente interessata ad avere un colosso ben strutturato alle sue porte», spiega Georg Kreis. «Qualcuno vedeva nell’accordo dei Sei un “quarto Reich”, gli altri un duro colpo per l’economia svizzera, confrontata con l’emersione di una nuova barriera doganale».

swissinfo e agenzie

1948: La Svizzera si associa alla futura Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica (OCSE), incaricata di ripartire i crediti del Piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa.

1949: nasce il Consiglio d’Europa per la promozione della democrazia e dei diritti umani. La Svizzera ritiene che ci sia un conflitto con la sua neutralità e aderisce al Consiglio d’Europa solo nel 1963.

1960: su iniziativa della Gran Bretagna, i paesi che, come la Svizzera, non intendono aderire alla Comunità economica europea (CEE) fondano l’Associazione europea di libero scambio (AELS).

1972: La Svizzera firma un accordo di libero scambio con la CEE.

1992: Berna deposita una domanda di adesione all’UE che nel frattempo è stata congelata. Nello stesso anno il popolo dice no allo Spazio economico europeo che associa l’UE all’AELS (dicono sì, invece, gli altri paesi dell’AELS, Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

1999 e 2004: Berna e Bruxelles firmano due pacchetti di accordi bilaterali che regolano l’apertura dei mercati e la cooperazione in materia di sicurezza interiore, d’asilo, d’ambiente o, ancora, di cultura.

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