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Christiane Langenberger getta la spugna

Langenberger lascia il timone del Partito radicale Keystone

Christiane Langenberger, 62 anni, lascia la presidenza del Partito liberale radicale svizzero (PLR). La senatrice vodese ha occupato questa funzione dal gennaio 2003.

Inizia ora la corsa alla successione, che si concluderà il 16 maggio prossimo in occasione dell’Assemblea dei delegati di Coira.

«Nessuno mi ha buttata fuori, ma è tempo per il partito di affidarsi a una nuova dirigenza». Con queste parole Christiane Langenberger, 63 anni ad aprile, ha annunciato giovedì in un’affollata conferenza stampa che lascia la presidenza del Partito radicale democratico svizzero (PLR).

Ma è chiaro che la pressione dopo la sconfitta elettorale dell’ottobre scorso e la pressione interna, sostenuta soprattutto dalla rafforzata ala destra del partito, hanno contribuito alla scelta.

Donna in campo borghese

Christiane Langenberger è stata la prima donna ad assumere la guida del Partito liberale radicale svizzero: era l’11 gennaio 2003. È quindi stata in carica poco meno di 14 mesi. La sua elezione era avvenuta dopo che una serie di nomi eccellenti si erano ritirati.

L’allora vicepresidente si era messa a disposizione, annunciando contemporaneamente che non sarebbe rimasta a lungo. Era stata eletta con 181 voti già al primo turno, battendo la zurighese Trix Heberlein, esponente più vicina agli ambienti economici che da ottobre dominano la frazione radicale. Attualmente il PLR è alla ricerca di una nuova identità.

Ci vuole un disegno capace di guidare la formazione politica verso il 2007 e far dimenticare l’insuccesso elettorale. Con un processo democratico interno, tre gruppi di lavoro stanno elaborando un nuovo profilo politico per il partito. Sul tavolo ci sono l’orientamento futuro, le strutture e gli organi dirigenti.

«Avremmo perso anche se ci fosse stato un altro presidente – ha detto la Lengenberger – poiché c’era una costellazione negativa e perché sono anni che il partito perde consensi». La «grand dame» si ritira dunque per lasciare spazio alla nuova generazione.

Un compito difficile

Alla Langenberger spettava il compito di riportare in carreggiata un partito che, sull’onda di numerosi scandali avvenuti nell’economia, aveva subito diverse sbandate, perdendo seggi nelle elezioni cantonali. «Come capita spesso, sono le donne che si fanno sotto quando non si vedono uomini all’orizzonte», aveva allora dichiarato la vicepresidente del PLR Marianne Kleiner-Schläpfer.

In effetti, non vi erano stati uomini a candidarsi alla successione di Gerold Bührer, il quale aveva rassegnato le dimissioni due mesi prima essendosi trovato sotto pressione per il suo discusso mandato in seno al consiglio d’amministrazione di Rentenanstalt.

Analogamente a Bührer, anche altri papabili hanno preferito un seggio remunerato in un consiglio d’amministrazione alla presidenza del partito storico dello Stato federale svizzero. Per tradizione sono numerosi i deputati radicali con stretti rapporti con l’economia.

Nel suo primo discorso la Langenberger aveva promesso che si sarebbe impegnata per una politica borghese, liberale e indipendente, con l’obiettivo di portare il partito al successo nelle elezioni federali di ottobre. Il successo non c’é stato: il PLR è passato dal 19,9 del 1999 al 17,3 per cento del 2003.

Cadono le teste

Le elezioni del 19 ottobre 2003 hanno già lasciato sul campo numerose vittime e a farne le spese sono spesso i vertici dei partiti. Con la partenza della Langenberger, esponente dell’ala moderata dei radicali, solo l’Unione democratica di centro, vincitrice incontrastata del rinnovo del parlamento, vede ancora saldo in sella il suo presidente, Ueli Maurer.

In precedenza, Philippe Stähelin aveva già lasciato il timone del Partito democratico cristiano, sceso ormai a soglia 14 per cento dell’elettorato. Ulteriore vittima del risultato scaturito dalle urne è la ormai ex-ministra della giustizia, Ruth Metzler, non confermata nel suo mandato. La destra parlamentare l’ha bocciata, sostituendola con Christoph Blocher, tribuno dell’UDC.

Di seguito anche la presidente del Partito socialista, Christiane Brunner, ha lasciato il suo mandato. I socialisti voteranno il successore sabato, in un congresso straordinario.

Rimpianti e speranze

Con le dimissioni di Christiane Langenberger, è partito anche il girotondo delle reazioni. La direzione del suo partito l’ha ringraziata. «Malgrado i pronostici elettorali non fossero positivi, la Langenberger ha saputo farvi fronte e assumersi le proprie responsabilità», afferma il PLR in un comunicato.

Grazie a un buon coordinamento delle azioni portate avanti dalla presidenza del partito, i radicali hanno potuto mantenere i loro due consiglieri federali «in un contesto politico di tensione». Un commento pacato, pieno di rispetto, ma senza euforia per la donna, eletta dalla base ma mai veramente accettata da buona parte degli esponenti di spicco del partito, come hanno rilevato gli osservatori.

«Questo è il momento buono per andarmene – ha aggiunto la presidente, che è stata la prima donna a guidare il PLR – nessuno mi ha spinta a farlo». Anzi, gli altri dirigenti le hanno chiesto di rimanere ancora in carica altri sei mesi, ma lei ha rifiutato. «Devo fare questo passo – ha esclamato – e lasciare il posto a una nuova squadra, un nuovo team, per dare una nuova chance al PLR».

Resta aperto l’interrogativo su chi le succederà il 16 aprile prossimo in occasione dell’Assemblea dei delegati di Coira.

swissinfo e agenzie

Christiane Langenberger, nata il 21 aprile 1941, sposata e madre di due figli, è in parlamento da otto anni, prima come consigliera nazionale e poi dal 1999 come consigliera agli Stati.

Nel 1998 si è fatta conoscere sul piano nazionale candidandosi alla successione di Jean-Pascal Delamuraz. In quell’occasione era stato eletto l’attuale titolare del Dipartimento degli interni Pascal Couchepin.

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