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Chiudere centrali nucleari costa e costa caro

Beznau, il più vecchio reattore svizzero in attività, poco prima della sua entrata in servizio nel 1969 RDB

In teoria lo smantellamento delle centrali nucleari è già regolato. Una disattivazione anticipata comporta però conseguenze finanziarie di non poco conto. Esperienze in Germania hanno mostrato che quando si smantellano simili infrastrutture le sorprese non mancano.

Da quando sono state messe in funzione, le centrali nucleari svizzere non sono mai state così traballanti come oggi da un punto di vista politico. Dopo la catastrofe in Giappone, le richieste per una chiusura anticipata dei più vecchi reattori, Mühleberg e Beznau, si sono moltiplicate e non provengono più unicamente dallo schieramento rosso-verde. Anche dal campo borghese si sono levate voci in tal senso.

La lobby atomica per ora è rimasta sorda a questi appelli. Una chiusura anticipata non avrebbe solo conseguenze finanziarie a corto termine. Il meccanismo di finanziamento previsto per lo smantellamento delle centrali rischierebbe infatti di trovarsi sregolato.

Ufficialmente i reattori dovrebbero essere dismessi dopo 50 anni di attività. Durante questo periodo i consumatori hanno pagato e pagheranno un supplemento medio di 0,8 centesimi per chilowattora, destinato ad alimentare due fondi: uno per la disattivazione degli impianti, l’altro per lo smaltimento delle scorie radioattive rimanenti.

I fondi sono sottoposti al controllo della Confederazione. Al pari di quanto succede per le casse pensioni, le risorse disponibili sono investite sul mercato dei capitali. L’obiettivo è di avere una rendita annua del 5%. Attualmente, l’importo complessivo dei due fondi è di 4,15 miliardi di franchi.

I costi preventivati per il trasporto e lo smaltimento delle scorie durante la fase d’esercizio delle centrali e in seguito per lo smantellamento dei reattori ammontano a 15,5 miliardi di franchi. Sette sono a carico dei produttori, mentre 8,5 saranno coperti dai due fondi.

Capitale insufficiente?

In caso di chiusura anticipata, quindi, i fondi saranno inferiori al previsto. E anche se le centrali non dovessero essere messe fuori servizio prima, il finanziamento per il loro smantellamento non è garantito al 100%. A suscitare qualche dubbio è soprattutto la rendita del 5%, un obiettivo ritenuto molto ambizioso dagli specialisti.

A ciò vanno ad aggiungersi le possibili complicazioni che potrebbero sorgere durante le complesse operazioni di disattivazione.

La legge sull’energia nucleare prevede che, nel caso in cui i due fondi non dovessero bastare, i proprietari delle centrali coprano i fabbisogni finanziari per lo smantellamento. Gli analisti dubitano però che i capitali propri delle società che detengono le centrali siano sufficienti.

A tal proposito, in uno studio del 2008 l’esperto di mercati finanziari Kaspar Müller aveva scritto che alle centrali mancava il capitale necessario e si interrogava sulla loro stabilità finanziaria.

Maggiore esperienza

Le esperienze in materia di smantellamento delle centrali condotte in Germania mostrano che queste complesse operazioni non solo possono durare ben più di 20 anni, ma che comportano anche spiacevoli sorprese per quanto riguarda le zone contaminate dalla radioattività. Ciò fa inevitabilmente lievitare i costi.

«Negli ultimi anni le aziende specializzate in queste operazioni hanno acquisito notevole esperienza. I metodi sono stati migliorati. I costi e i tempi impiegati per la dismissione della prima dozzina di impianti non sono perciò paragonabili con quanto verrà speso per lo smantellamento delle prossime centrali», afferma Philipp Hänggi di swissnuclear.

«Molte operazioni hanno potuto essere standardizzate, anche se naturalmente lo smantellamento di tutta la centrale rimane pur sempre un progetto unico», aggiunge.

Secondo Hänggi, 15 anni è una durata realistica per smontare completamente una centrale. Alla domanda se in seguito il terreno sarà in uno stato tale da poter permettere ad esempio la costruzione di un parco giochi, Hänggi risponde con un ‘sì’.

13,3 miliardi per le scorie

La prima fase dello smantellamento prevede la rimozione delle barre di combustibile e la demolizione dell’edificio che contiene il reattore. Rimuovere e neutralizzare le barre di combustibile non è per nulla un’operazione eccezionale, spiega Michael Schorer, responsabile della comunicazione del Forum nucleare svizzero. «Quando una centrale è in attività queste barre vengono cambiate regolarmente e collocate in un deposito intermedio».

Secondo i calcoli delle autorità, il costo per la disattivazione dei cinque reattori nucleari svizzeri e del deposito intermedio di scorie di Würenlingen ammonta a 2,2 miliardi. Le spese complessive per lo smaltimento – che comprendono il ritrattamento di elementi combustibili esausti, l’allestimento del deposito intermedio, i trasporti e lo stoccaggio finale – sono stimate invece in 13,3 miliardi.

I costi sono riesaminati ed eventualmente rivisti ogni cinque anni. Il nuovo studio è atteso nel 2012.

La Svizzera dispone attualmente di quattro siti nucleari: Beznau (Argovia), Mühleberg (Berna), Gösgen (Soletta) e Leibstadt Argovia).

In totale sono attivi cinque reattori nucleari. Tre dovranno essere disattivati nel 2020, mentre le autorizzazioni di servizio degli altri due scadono

nel 2040 e nel 2045.

Nel 2009 l’energia nucleare ha fornito il 39,3% dell’elettricità consumata in Svizzera. Le altre

fonti energetiche sono le centrali idroelettriche ad accumulazione (31,6%), gli impianti idroelettrici ad acqua fluente (24,2%), le centrali termiche classiche e le energie rinnovabili (4,9%).

I tre nuovi progetti presentati dalle Forze motrici bernesi, dall’Axpo e dall’Alpiq prevedono la costruzione di reattori nucleari ad acqua leggera, il cui rendimento è molto più elevato

rispetto alle centrali attuali.

La potenza prevista per ogni istallazione è di circa 1450 MW.

Il popolo svizzero aveva accettato, nel settembre 1990, una moratoria di dieci anni sulla costruzione di nuove centrali nucleari.

Nel 2003 aveva però respinto due iniziative che chiedevano rispettivamente una nuova moratoria di dieci anni e l’abbandono progressivo del nucleare.

Il 13 febbraio 2011 il 51,2% dei votanti del canton Berna si è espresso a favore di una nuova centrale a Mühleberg. Si è trattato però di una votazione consultiva, senza valore vincolante.

Il popolo svizzero potrebbe essere chiamato a votare su una nuova centrale nucleare nel 2013, sempre che la decisione della ministra dell’energia Doris Leuthard di sospendere la procedura di autorizzazione, decisione presa dopo l’incidente giapponese, non la faccia slittare ulteriormente.

Traduzione di Daniele Mariani

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