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Chiome bianche nel cemento grigio

Dipinto di Angelo Morbelli: Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio, 1892

Il numero degli anziani continua a crescere. Cresce in Svizzera e in tutte le città europee. Invecchiamento demografico e urbanizzazione sono due tendenze mondiali che segneranno profondamente il XXI secolo.

Come rispondere alla sfide della società e della città contemporanea di fronte all’invecchiamento della popolazione? Un convegno a Lugano – “UrbAging – La città e gli anziani” – ha avviato una profonda riflessione sulla base della quale proporre risposte, soluzioni, misure, interventi per assicurare una migliore qualità della vita. A tutti, chiome bianche e pantere grigie comprese.

L’invecchiamento della popolazione è al centro delle preoccupazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che ha promosso una serie di progetti. Le cifre sono del resto molto eloquenti: nel 2000 le persone di 60 anni e oltre, erano 600 milioni; nel 2025 saranno 1,2 miliardi e nel 2050 raggiungeranno quota 2 miliardi.

In altri termini, dal 2005 al 2050 a livello mondiale gli ultrasessantenni rappresenteranno la metà della crescita demografica. In Svizzera si stima che nel 2040 un quarto della popolazione avrà più di 65 anni.

“Se a questi dati – ha sottolineato a Lugano Charles Petitot, ricercatore dell’AGE, la Piattaforma europea degli anziani – si aggiunge il fatto che nel 2030, tre abitanti del pianeta su cinque abiteranno in città, la promozione di piani di intervento urbanistici a misura di anziano, sono più che giustificati”.

La città e gli anziani: un rapporto complesso

Organizzato dall’Istituto per il Progetto urbano contemporaneo (i.CUP) dell’Accademia di architettura di Mendrisio (Università della Svizzera italiana), il convegno ha messo in evidenza la relazione ambivalente tra popolazione anziana e città: se i centri urbani possono essere indubbiamente attrattivi, è vero anche il contrario, nella misura in cui l’ambiente urbano è fonte di problematiche sociali, relazionali, residenziali.

La città, teatro di trasformazioni nelle relazioni tra generazioni, non fa che rispecchiare l’evoluzione della società e mettere in luce gli anelli vulnerabili tra cui, appunto, gli anziani, minacciati dalla perdita delle forme di solidarietà tradizionali ed esposte alla povertà e alla marginalità.

Le ricerche svolte anche a livello svizzero (come il Programma nazionale di ricerca “Sviluppo durevole dell’ambiente costruito” del Fondo nazionale svizzero) mostrano che il miglioramento della vita sociale passa anche attraverso il rinnovamento degli spazi urbani pubblici, come piazze, parchi, passeggiate. La città deve essere accogliente per gli anziani che godono di buona salute, ma deve venire incontro alle necessità di coloro che hanno autonomia e mobilità ridotte.

Uno specchio che può essere impietoso

A saperla osservare attentamente, la città dice molto della società che l’ha prodotta: mostra gli esiti delle scelte compiute e delle politiche in essere, enfatizza i conflitti, svela nuovi ruoli e simboli figli delle trasformazioni. Oggi nessuno può sperare di cambiare la società modificando la forma della città, ma gli spazi urbani devono recuperare la “capacità di ascoltare”: chi li amministra, ma anche e soprattutto chi li anima e li abita.

È il senso dell’intervento di Giovanni Pieretti, professore di sociologia urbana all’Università di Bologna, che ha usato toni provocatori e molto critici nei confronti di “un’architettura talmente autoreferenziale, da essere totalmente sconnessa dalla dimensione sociale”.

La riflessione di Pieretti parte in un certo senso anche dal dipinto di Angelo Morbelli “Vacanze all’Albergo Pio Trivulzio”, ovvero “un ospizio per poveri vecchi” nato a Milano nel 1766 per volontà del principe Tolomeo Trivulzio. “Un esempio di solitudine, finitudine e desolazione da non seguire”: il sociologo sostiene infatti che la costruzione di spazi dedicati agli anziani favoriscono la ghettizzazione.

Le sue ricerche, specialmente nel quartiere di San Donato a Bologna, hanno in un certo senso svelato la funzione del territorio. “Se costruito bene – afferma Pieretti – lo spazio diventa una risorsa terapeutica straordinaria. Chi pensa che i quartieri di periferia siano un inferno, si sbaglia. L’idea del degrado, così spesso associata ad essi, riguarda invece la città nella sua interezza”.

L’inferno, secondo il sociologo, è semmai “nello ‘sprawl’, nella città diffusa, che si sviluppa tra svincoli autostradali, ‘outlet’ e fortezze del consumismo che decretano il dominio incontrastato dell’automobile: una catastrofe antropologica”.

Vivere in un territorio vero e non virtuale

Quando le persone anziane si sentono insediate su un territorio vero, e non virtuale, che percepiscono come concreto e non fungibile, possono stabilire un solido senso di d’appartenenza e radicamento. “L’attaccamento ai luoghi della persona anziana – aggiunge Rita Pezzati, ricercatrice e psicoterapeuta ticinese – si basa fondamentalmente su componenti emotivo-affettive”.

“L’ambiente della persona anziana – precisa Pezzati – non comprende solo la casa, ma anche il quartiere e la città in cui vive, consentendogli di mantenere relazioni, coltivare interessi. L’attaccamento di un anziano al luogo non dipende dalla presenza di risorse e servizi, ma dalla qualità umana e sociale del luogo”.

Nell’allestire la “Guida mondiale delle città amiche degli anziani”, l’Organizzazione mondiale della sanità – dando seguito alle organizzazioni della terza età – ha voluto proprio porre l’accento sulle dimensioni umana e sociale evocate da Rita Pezzati.

E mostrare che valorizzare e rispettare il potenziale che gli anziani rappresentano per la famiglia, la comunità e l’economia, non solo è possibile e praticabile, ma è anche un investimento qualitativo nel futuro.

swissinfo, Françoise Gehring, Lugano

In Svizzera nel 2006 si contavano 345 mila 912 ultraottantenni, mentre nel 1976 erano solo 139 mila 825. L’invecchiamento demografico è insomma un fenomeno che si rafforza di anno in anno.

La percentuale di persone di 65 e più anni è passata dal 16% nel 2005 al 16,2% nel 2006; nello stesso periodo è invece diminuita la quota di persone sotto i 20 anni (da 21,9% a 21,7%) come pure quella delle persone dai 20 ai 39 anni (da 27,3% a 27,0%).

Nel 2006, la speranza di vita alla nascita è cresciuta per entrambi i sessi: in media, un uomo può sperare di vivere 79,1 anni, una donna 84,0 anni.

Il rapporto di dipendenza degli anziani nel nostro Paese sull’arco di 106 anni, è più che raddoppiato: se nel 1900, in Svizzera vi erano 76 giovani (meno di 20 anni) e 10 pensionati (più di 64 anni) ogni 100 persone in età lavorativa (da 20 a 64 anni), alla fine del 2006 si contano 26 pensionati e solo 35 giovani.

Per definire la dispersione insediativi, gli americani coniano negli anni Sessanta il termine sprawl, tradotto letteralmente “sdraiato”.

Non esiste un termine equivalente in altre lingue. Periferia, periurbano, conurbazione, nebulosi urbana, ovvero città diffusa o dispersa sono tutti termini utilizzati per descrivere un fenomeno di geografia urbana che si è ripetuto in modi diversi e in tutto il mondo.

Alla fine dell’Ottocento meno del 10% della superficie terrestre era urbanizzato. Oggi più del 50% del mondo abita in città, e di questi ormai il 60% si trova in situazioni periurbane. Categorie come urbano e rurale non reggono più.

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